(1970-1978)

 

Ad Antonio Scacco per essermi stato compagno di avventura fra stelle e galassie 

 

Capitolo  I

Definizione di un genere

 

Le definizioni dovrebbero essere come le carte geografiche: aiutare ad esplorare il terreno, ma non sostituire l’esplorazione” (1)  e ciò perché nel voler definire qualcosa si rischia sempre di essere o troppo riduttivi o troppo estensivi e di perdere il senso delle proporzioni e della prospettiva. Ma è pur sempre vero che ogni esplorazione diretta verso un terreno poco conosciuto o sconosciuto totalmente richiede l’uso di una guida più o meno esperta che serva almeno ad aprire la strada.

Ecco perché nel tentare di definire un genere letterario ( seppure racchiuso entro quei confini che comprendono la letteratura per l’infanzia) trovo conveniente elencare alcune citazioni le quali, essendo singolarmente manchevoli di qualcosa, se accostate e comparate tra di loro riusciranno forse a definire  le basi e a precisare che cosa si intende per ‘fantascienza’

Già il termine italiano ‘fantascienza’ è di se stesso un ossimoro, un ibrido perché si accostano termini che si contraddicono perché nulla vi è di meno fantastico di un  dato o di una cognizione scientifica, passati al vaglio d’accurati esami di laboratorio, sostenuti dall’appoggio di serie indagini, suffragati da esperimenti che nulla hanno concesso alla fantasia e tutto alla logica e alla conferma di dati matematici. Ma il termine italiano, sconosciuto sino al 1952, allorché Lionello Torossi diede vita a “Scienza fantastica”, una collana che permise ai lettori italiani di conoscere opere anglo-americane, altro non è che l’errata traduzione dall’inglese “science fiction” dove al vocabolo ‘fiction’ si è attribuito il significato di fantasia, mentre in realtà esso significa’prosa narrativa’, ‘romanzo. Quindi “prosa narrativa scientifica” o “romanzo scientifico”: ecco il vero significato, anche se il vocabolo ‘romanzo’ ha pur sempre il valore di racconto in prosa di fatti inventati e, quindi, giocati sulla fantasia.

Sono state proposte anche altre definizioni per meglio precisare il termine, ad esempio ‘romanzo di anticipazione’, ‘avventure fantastiche’, ‘meraviglie del possibile’, ‘folklore atomico’, ‘favola scientifica’, ma ogni definizione, suggestiva nei termini proposti, risulta inesatta o meglio incompleta perché le parole stesse offrono troppe sfaccettature o eccessive limitazioni. L’anticipazione’ dovrebbe, ad esempio, escludere ogni viaggio nel passato e, invece non poche opere di fantascienza trovano nei viaggi a ritroso nel tempo argomenti suggestivi.

Che cos’è , dunque la fantascienza?

Lasciamo la parola ai cultori del genere e innanzitutto a quel serbatoio di nozioni da cui tutti principalmente attingono: le enciclopedie.

Ho cercato la voce sull’enciclopedia italiana per eccellenza, la Treccani, ho sfogliato gli aggiornamenti, ma non l’ho trovata. Solo nel Lessico universale italiano (pubblicato dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana fondato da G. Treccani e datato 1971) si legge: “Nome con cui si indica in Italia quel tipo di narrativa che nei paesi anglosassoni, dove è più largamente diffusa, si chiama science-fiction e che consiste nello sviluppare un intreccio logico ed essenzialmente tradizionale, con personaggi in senso lato attendibili, partendo da un dato, da una ipotesi o intuizione di carattere più o meno scientifico” (2). Ci sembra di capire che l’estensore della voce giudica il genere non tanto in base ad argomentazioni o deduzioni legate a romanzi fantastico-avveniristici quanto a romanzi puramente scientifici, logici, basati su dati attendibili in cui la fantasia ha sì un suo ruolo, ma alquanto limitato.

Più aperta è l’interpretazione che della voce dà S.Battaglia: “Genere della narrativa (e anche della cinematografia) che si fonda sull’anticipazione ipotetica di scoperte scientifiche e di mezzi tecnici o di condizioni sociali e storiche non ancora realizzate  che costituiscono l’elemento principale di narrazioni fantastiche, di imprese, di avventure in luoghi immaginari e nello spazio, in altri pianeti e mondi e trova la sua espressione soprattutto in romanzi, in giornali, in film”. (3)

Il Battaglia concede molto di più alla fantasia togliendo alla scienza e aprendo la visuale su un altro aspetto del genere, quello che, uscendo dal campo terrestre, apre le vie verso gli infiniti mondi che circondano la Terra.

Ma se Battaglia concede molto alla fantasia, una limitazione ad essa la troviamo nell’Enciclopedia delle Scienze delle Edizioni Mondadori in cui si puntualizza che  dalla fantascienza debbono essere escluse tutte quelle manifestazioni fantastiche o meglio paranormali che più si addicono alla metapsichica.  Per fantascienza si deve, quindi, intendere solo un un ”genere di prosa su temi scientifici pseudoscientifici. Come la narrativa di fantasia, la fantascienza si basa su premesse che non trovano riscontro nella realtà, ma evita tuttavia di introdurre fenomeni soprannaturali quali demoni, spiriti, licantropi, vampiri. Le condizioni fondamentali a cui si attiene sono le seguenti: 1) non si possono disconoscere fatti stabiliti. 2) non si può non tener conto, senza fornire una ragione che abbia per lo meno la parvenza di razionalità, di teorie ormai accettate ad esempio della dimostrazione einsteniana che la massa diviene infinita alla velocità della luce”’ (4)

Assai più precisa e concisa risulta la definizione di Aldani: “… è un genere letterario definibile come rappresentazione fantastica dell’universo, nello spazio e nel tempo, operata secondo una consequenzialità di tipo logico-scientifico, capace di porre il lettore, attraverso l’eccezionalità o impossibilità della situazione, in un diverso rapporto con le cose”. (5)

E’ una definizione che va oltre e che funge da complemento a quella data nel 1947 da Bailey il quale considerava racconto di fantascienza solo quello legato ad invenzioni, scoperte, fatti o teorie immaginarie nel campo delle scienze e delle conseguenti avventure ed esperienze. (6)

Kinsley Amis nel suo saggio L’univers de la science fiction (7) puntualizza ancora che un’opera di fantascienza è un racconto in prosa che affronta una situazione che non potrebbe ‘situarsi’ nel mondo quale noi conosciamo, ma la cui esistenza si fonda sull’ipotesi di una qualsiasi innovazione, non importa se di origine umana o no, che avviene nel campo della scienza o della tecnologia. Questa ‘innovazione’ è quel quid che distingue la fantascienza dal tradizionale romanzo d’avventura.

Si potrebbero elencare altre definizioni, come quella di Aldiss che aggancia il genere allo stampo gotico e post gotico o quella di Wells che parla di addomesticare l’impossibile. Si potrebbe tentare una definizione e asserire che la fantascienza è semplicemente un racconto irreale che affonda le sue radici in una realtà in cui la scienza, con le sue successive conquiste e proprio in virtù di esse, funge da matrice perché apre senza posa spiragli in porte dietro alle quali non si sa che cosa si nasconda. Raccontare quello che si immagina ci sia è fare della fantascienza o più precisamente affrontare avventure avveniristiche, fantastiche, atemporali o extratemporali, spaziali.

Ma che  pro insistere su una definizione?

Per Jean Gattegno non esiste alcuna definizione soddisfacente (8) e così pure per Jacque Sadoul che aggiunge “e mi guarderò bene dal proporne una”. (9)

E’, comunque, opportuno fare una doverosa precisazione e puntualizzare  un aspetto che ha una grande importanza nel trattare l’argomento avendo come prospettiva di  fondo un lettore particolare: il ragazzo. Occorre, infatti, distinguere tra vicenda fantastica e vicenda fantascientifica, anche se, analizzando la produzione per i giovani le due vicende siano spesso confuse e mescolate. Una vicenda di fantascienza, per essere tale, deve potersi considerare sul piano del reale o almeno del concettuale e non su quello dell’assurdo, su stramberie tecniche, su ingenuità.

Se ad un ragazzo si presenta una storia che abbia per argomento un volo sul nostro satellite con incontro e scontro di terrestri e lunari o mostri selenici, per quanto si faccia uso di termini tecnici o scientifici nella descrizione del viaggio e dei mezzi usati per raggiungere la luna, per combattere i presunti lunari o mostri selenici, si tratterà pur sempre di una vicenda fantastica  e non fantascientifica perché è dimostrato che sulla Luna non vi è vita, quindi non vi abitano esseri viventi e tanto meno mostri. Pertanto la vicenda, né  probabile né possibile, rimane relegata al campo della pura fantasia.

Se, invece, si immagina un viaggio su Mercurio, si descrivono avventure ambientate in una atmosfera infuocata, macchine, marchingegni o altre diavolerie capaci di sopportare alte temperature per difendere l’uomo dall’incandescente e accecante luce solare, si tratterà in tal caso di fantascienza perché è scientificamente provato  che è possibile raggiungere con un razzo Mercurio dove è presente una atmosfera infuocata e dove l’uomo abbisogna di una particolare protezione termica per non morire.

E sarà pure una narrazione fantascientifica quella che suppone la sopravvivenza sulla Luna di uno o più uomini i quali riescono a ‘fabbricarsi’ acqua e ossigeno utilizzando  l’energia atomica e ‘manipolando’ il materiale selenico.

Pomice e gesso sono due componenti del suolo lunare. Sia nella composizione chimica della pomice (solfato idrato di magnesio – MgSO4.2H2O), sia nella composizione chimica del gesso (solfato idrato di calcio – CaSO4.2H2O) sono presenti molecole di acqua ed è presente l’ossigeno e l’idrogeno, elementi essenziali per sopravvivere.

Il racconto fantastico altro non rappresenta che una rottura col mondo reale; un voler sostenere e descrivere qualcosa che non potrà mai succedere, eppure succede perché l’autore la manipola usando solo la fantasia.  Fantastici saranno i personaggi di E.T.A. Hoffman, di E.A.Poe, di Sheridan Le Fanu.

In una posizione a metà tra racconto fantascientifico e racconto fantastico si trova, invece, Frankenstein di Mary Shelley perché se da un lato  può apparire impossibile e fantastico dare un soffio vitale, insufflare la vita nella materia inerte, è, purtuttavia,  scientifico ricreare oggi la vita in laboratorio e pertanto quello della  Shelley deve essere considerato un racconto di fantascienza non un racconto fantastico.

La fantascienza, quindi, per essere veramente tale deve supporre come realizzata una ipotesi che i dati della scienza attuale ritengono realizzabile e, quindi, possibile.

Attenersi, però, strettamente a questa regola porrebbe evidenti limiti al genere e restringerebbe alquanto la fantasia dello scrittore,; ansi, l’elemento scientifico soffocherebbe il fantastico. Ecco perché nel genere rientrano anche elementi eterogenei che passano dall’avventura nel tempo, nello spazio solare, extrasolare, , galattico, ad avventure nel macrocosmo e nel microcosmo o a previsioni di future particolari condizioni storiche, sociali, politiche, ecologiche, biologiche, religiose.

Assai spesso, in verità l’elemento scientifico o tecnologico serve solo come spunto iniziale, come mezzo per inserire l’uomo in un mondo diverso dal nostro, in una situazione fuori della realtà. Sono questi i romanzi “con molta fantasia  e “con poca scienza”, i quali, per lo più, vengono indirizzati  ad un pubblico giovanile con grave detrimento al genere il quale automaticamente passa dal filone fantascientifico a quello avventuroso fantastico; ruolo che, ad esempio, ebbero alcune opere apparse prima dello  sviluppo del tecnicismo quale si annuncia nella seconda metà- del secolo diciannovesimo.

 

(1) Aldiss Brian W., Un miliardo di anni. La storia della fantascienza dalle origini ad oggi, Milano, Ed. Sugar, 1974.

(2)  Voce ‘Fantascienza’ in Lessico Universale Italiano, vol. VII, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana  fondato da G.Treccani, 1971.

(3) S. Battaglia, Grande dizionario della Lingua Italiana, voce ‘Fantascienza’.

(4) Voce ‘Fantascienza’ in Enciclopedia Mondadori delle Scienze, vol, VII, Miloano Mondadori, 1967.

(5) Voce ‘Fantascienza’ in Grande Enciclopedia, vol VIII, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1974.

(6) Bailey J.O., Pilgrims trtought Space and Time: Trends and Patterns in Scientifica and Utopian Fiction, New York, Argus Books Inc., 1947.

(7) Amis Kingsley, L’univers de la Science Fiction, Paris,  Payot, 1962.

(8) Jean Gattegno, Saggio sulla fantascienza, Milano, Edizioni Fabbri, 1973, p. 1

(9) Jacques Sadoul, Storia della fantascienza, Milano Garzanti, 1975, p. 17

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

Gocce di fantascienza

 

“E mentre andavano avanti e discorrevano camminando, un carro di fuoco con cavalli di fuoco separò l’uno dall’altro; ed Elia fu rapito in cielo da un turbine”.

“Ed ecco un turbine di vento proveniente da  settentrione e una nube grande e un fuoco che in essa si immergeva con uno splendore tutto all’intorno e dal suo centro (vale a dire in mezzo al fuoco) una immagine come di elettro [n.d.c.:  di ambra]. In mezzo a quel fuoco stavano quattro esseri animati somiglianti all’uomo. Ognuno aveva quattro facce e quattro ali… E mentre guardavo quegli esseri apparì  presso essi una ruota che aveva quattro facce… la forma e la struttura era come di una ruota nel mezzo di un’altra ruota… essa aveva una grandezza e un’altezza orribile a vedersi e tutto il corpo… all’intorno era pieno di occhi… [tali ruote] si muovevano se gli esseri si muovevano; stavano ferme se quegli stavano fermi; e innalzandosi quelli da terra, si alzavano anche le ruote, seguendoli perché lo  spirito di vita era in quelle ruote”.

I due brani sono tratti dalla Bibbia: il primo dal Libro IV dei Re (capitolo I, versetto II; il secondo dal Libro di  Ezechiele, capitolo I, versetti 4, 5, 6, 15, 16, 18, 21).

Non vi è bisogno di profonde estrapolazioni per sostenere che i due brani potrebbero benissimo figurare in un romanzo di fantascienza che trattasse, ad esempio, il tema degli UFO, della loro comparsa e discesa sulla Terra, di incontri ravvicinati di terzo tipo, del rapimento di esseri umani da parte di alieni, tutti temi frequenti in molti romanzi e film.  Che altro potrebbe, infatti, suggerire la descrizione che Ezechiele fa di due ruote, l’una concentrica all’altra e l’esterna con molti ‘occhi’ (leggi ‘oblò’) se non la visione di un piatto volante? E ‘lo spirito di vita’ che si trova dentro le ruote costringendole a seguire la volontà degli esseri che esse ospitano, non potrebbe far pensare alla presenza di un congegno meccanico, di un computer? E, infine, come non riallacciare gli esseri con più volti a certe descrizioni apparse sulle prime riviste americane di Science Fiction?  Potremmo asserire che nella Bibbia sono descritti con ampi particolari degli ‘incontri ravvicinati di terzo tipo’.

Ma non è questa la sede per sostenere tesi alla Kolosimo circa la visita sul nostro pianeta di extraterrestri venuti, in epoche remote, a contatto con uomini primitivi, anche se ciò potrebbe egregiamente servire a spiegare le molte facce degli esseri descritti da Ezechiele solo che si immaginassero con la testa racchiusa in caschi del tipo di quelli usati dai palombari, i quali presentano quattro piccole aperture, attraverso cui poter guardare in tutte le direzioni. Tale ipotesi potrebbe, inoltre, essere sostenuta e convalidata da disegni rupestri della Svezia e della Norvegia da incisioni su rocce  trovate in Italia nella Valcamonica,  da disegni Maya (l’astronauta di Palenque) o dalle statuette giapponesi dogu.  L’analogia con disegni e sculture appartenenti a culture e popoli tanto diversi si possono spiegare solo presumendo che gli autori abbiano assistito a qualche visione comune o attinto al folklore locale. E, quindi, perché non accettare queste ‘gocce di fantascienza’ del passato quando ci si imbatte in qualche descrizione che ne fa cenno?

Di quest’avviso, però non sembra essere Jean Gattegno nel suo Saggio sulla fantascienza allorché rimprovera ai cultori del genere di volersi rifare ad ogni costo al passato per tentare di costruire un albero genealogico di rilievo con “annessioni – aggiunge Franco Ferrini – scandalose agli occhi del purista(1) Per Gattegno, agire in tal modo e sostenere tali tesi equivale a prendersi gioco del prossimo. Per lui quella di Ezechiele è solo una visione mistica che non “merita di essere definita né scientifica né a guardar bene fantastica (2), senza poi spingersi a spiegare il perché.

Nulla da eccepire sul significato mistico che la visione poté avere per Ezechiele; ma come spiegare l’insistenza sulla minuta descrizione degli esseri che fanno parte del globo di fuoco? Perché descrivere le ‘ruote concentriche’ e gli occhi che si vedono su di esse? In questa precisione meccanica non vi è nulla di mistico.

Non si potrà negare che tra gli storici della fantascienza si operi spesso una forzatura nel recupero al genere di certe opere del passato o meglio di alcune parti di esse, ma ogni genere letterario non nasce improvvisamente dal nulla, non si materializza all’improvviso; esso ha sempre bisogno di molte gocce per formare una prima sorgente e di diverse sorgenti per formare un rivo. I vari ‘recuperi’ sono, pertanto, giustificati dall’analogia che essi presentano con opere dei nostri tempi tanto che spesso da una ‘goccia’ ritrovata in un’opera del passato può nascere uno dei temi predominanti in opere scritte oggi.

E di gocce fantascientifiche ne possiamo individuare molte nei racconti orali di popolazioni primitive, nei racconti filosofici dell’India antica, nella storia di dei e semidei. Nessuno, penso, può in coscienza sostenere che i poemi Ramayana e Bhagavadgita siano opere di fantascienza, tutt’altro; ma non si può d’altronde disconoscere che in essi siano presenti ‘gocce di fantascienza’ (diremmo meglio fantastiche, per non turbare i puristi) in particolar modo negli episodi  in cui figurano istruzioni per viaggi verso la Luna o nel racconto del rapimento della moglie di Rama da parte del demone Ravana per mezzo di un ‘carro aereo di fuoco’.

Volendo, quindi, stabilire una panoramica delle opere del passato in cui sono presenti quelle che ho definito ‘gocce di fantascienza’ (molta fantasia e quella poca scienza che era alla portata di chi in quell’epoca  scriveva) potremmo in senso lato rifarci ad alcuni episodi omerici e ad alcune leggende  greche in cui già appaiono personaggi tipici del romanzo fantascientifico: esseri che abitano dimore in fondo agli oceani (Teti, Nettuno, le Nereidi; esseri superdotati che abitano mondi diversi da quello terrestre (gli dei dell’Olimpo); esseri immortali o invulnerabili (le divinità antropomorfe); i mostri (Giganti, Ciclopi, Centauri). Possiamo pure reperire espedienti che spesso compaiono nei romanzi d’oggi come la possibilità di volare mediante pseudomacchine (le calzature di Mercurio); presenza di cortine fumogene durante le battaglie e operazioni telecinetiche (Venere che salva Paride “… e lo ravvolse di molta nebbia e  fra il soave olezzo de’ profumati talami il depose”, ecc.

Talvolta non si tratta neppure di dei o semidei ma dell’uomo stesso che pur con le sue limitazioni cerca di realizzare un sogno. Icaro è l’esempio più probante.

Per gli antichi cercar di volare con mezzi propri, sfruttando la sola forza muscolare o qualche altra forza naturale (ad esempio le correnti ascensionali termiche) fu una impresa fantastica e impossibile anche se sognata; il solo pensarlo fu  ritenuto una offesa agli dei e un sacrilegio il tentarlo. Dedalo lo tentò e perse il figlio; Icaro perse la vita. Oggi l’uomo ha risolto quel problema allora fantastico con mezzi tecnici  semplici e senza l’aiuto di motori; si è limitato a sfruttare ciò che la natura spontaneamente offre, le correnti ascensionali. Possiamo così vedere l’uomo fare acrobazie nel cielo, aggrappato ad un deltaplano, un enorme aquilone ad ala triangolare formato da pochi tubi e alcuni metri quadrati di tela.

La leggenda di Icaro non è, dunque, da considerarsi un racconto fantascientifico? Gli ingredienti essenziali ci sono tutti: c’è l’aspirazione a compiere qualcosa che sembra di là dalle possibilità umane; c’è una relazione con la realtà: ognuno, infatti, può vedere il volo degli uccelli, di esseri più pesanti  dell’aria e che pure volano. In montagna si vedono spesso grandi uccelli che, tenendo le ali spalancate e immobili, si librano in prossimità dei costoni di alte montagne, trascinati verso l’alto dalle correnti termiche ascensionali. Perché ciò dovrebbe essere negato all’uomo? Se la natura non lo ha dotato di ali lo ha però dotato dell’intelligenza per fabbricarsele e Dedalo le costruì. Se errore commise fu solo quello di non aver impedito al figlio di volare troppo in alto, troppo vicino al sole e di aver usato della cera per tener legate le penne. Il suo principio non era poi così tanto assurdo.

L’esperienza di Icaro tentò sempre l’uomo e la ritroviamo spesso legata ad imprese fantastiche. Icaromenippo, un personaggio di Luciano di Samosata, usa pure lui lo stesso sistema per raggiungere la Luna e, in tempi più vicini a noi, anche Astolfo, per un analogo viaggio, adopera un mezzo alato, sebbene nel suo caso le ali appartengano ad un animale immaginario, l’ippogrifo, e non ad ali applicate al suo dorso.

La letteratura greca è ricca di produzioni aretalogiche, alcune purtroppo perdute, come l’opera di Antonio Diogene, altre, invece, giunte sino a noi in virtù del fascino strano che nel lettore destarono le avventure dei protagonisti.  Che l’opera di Antonio Diogene Meraviglie di là da Tule trattasse avventure fantastiche lo si può desumere dall’epitome fatta da Fozio (820-895) attraverso la quale possiamo cogliere quella ‘goccia’  che serve al nostro assunto. In una parte di essa, infatti, Fozio precisa che le avventure di Antonio Diogene  narravano “di molte e incredibili cose vedute, relative ad uomini ed altri esseri viventi, al sole stesso, alla luna, alle piante… cose che gli studiosi di astronomia insegnano, cioè come è possibile per alcuni vivere proprio sotto la costellazione dell’Orsa” (3) e come si possa raggiungere la Luna.

Le avventure narrate da Antonio Diogene “più vecchio di quanti attesero a simili fantasticherie, per esempio Luciano” sono addirittura per Fozio “la fonte ed il ceppo originario della Storia vera di Luciano” (4) che nella produzione aretalogica si presenta come la più importante del genere.

La Vera Storia è indubbiamente una burlesca imitazione dei racconti di viaggi fantastici; a dimostrarlo basta il tono iniziale che Luciano dà alla materia che si accinge a trattare: “… mi detti a contar frottole… Scrivo  cose che né vidi né mi capitarono né appresi da altri, che per giunta non esistono assolutamente né sono assolutamente possibili. Quindi è opportuno che coloro ai quali capita tra mano quanto ho scritto, non vi prestino affatto fede” (5), ma per lo meno si divertano leggendo, aggiungeremo noi.

E non è forse questa una delle prime definizioni del genere giunta a noi dal II secolo dopo Cristo?

Il Gattegno, di fronte all’affermazione di Luciano sostiene che l’autore, proclamando apertamente la sua menzogna “dissolve l’illusione romanzesca inseparabile da qualsiasi invenzione letteraria”.(6) In verità sembra, invece, non dissolvere l’illusione ma attirare il lettore. E’ un poco quello che  accade di fronte ad un prestigiatore: si sa che il trucco c’è, ma la curiosità e l’interesse non vengono mai meno.

Quello di Luciano è il resoconto dettagliato di un viaggio immaginario attraverso strane contrade e isole che non esistono, popolate di esseri mostruosi come piante con la testa di donna, ippogrifi, uccelli con fili d’erba al posto delle piume esseri con forma di formica e dimensioni da cavallo. Ma la parte che indubbiamente più si accosta alla fantascienza, sebbene in tono naif, è quella in cui viene descritto il viaggio di una nave greca che, presa in un maelstrom di acqua e di vento, viene sollevata in alto e fatta approdare sulla Luna. Luciano si premura di indicare come sia stato effettuato il viaggio e la spiegazione semplicistica trae spunto da quanto l’uomo poteva vedere in natura e, quindi, sfruttare per i suoi piani: “ecco sopraggiungere un uragano che, fatta girare la nave su se stessa, la sollevò a circa tremila stadi né più la depose sul mare: così sospesa nell’aria la portava portava il vento che soffiava nelle vele e le gonfiava. Dopo aver corso per l’aria sette giorni e sette notti, nell’ottavo vediamo nel cielo una terra grande, una specie di isola, luminosa, sferica e rischiarata da una grande luce”. (7)  Il satellite è abitato da esseri intelligenti in lotta con gli abitanti del Sole (una delle prime descrizioni di guerre dei mondi) per il possesso e la colonizzazione del pianeta Giove. La contesa si risolve a favore dei Solari i quali, costruito un muro tra il Sole e la Luna, costringono i Seleniti, condannati ad una eclisse permanente, alla resa. Una delle clausole del trattato di pace prescrive l’invio di coloni sulla Stella del Mattino, evidentemente il pianeta Venere. La storia prosegue col viaggio verso Venere, la visita a Licnopoli, una città abitata da lampade parlanti, di Nefelococigia e di un’altra strana città le cui case sono d’oro e di pietre preziose. Infine la nave tocca l’Isola dei Sogni, Lucifero e l’Isola dei Beati.

L’intento dell’Autore è evidentemente satirico, parodistico, caricaturale e anche polemico, ma ciò non toglie che ci si trovi di fronte a un tema che presenta caratteristiche affini a quelle che si ritrovano in certi libri di fantascienza.

Dalla fantasia ironica di Luciano si può passare alla serietà filosofica di Platone per trovare  altre ‘gocce’. Ne è testimonianza la presenza nei dialoghi Timeo e Crizia del mitico continente Atlantide che con la sua società altamente evoluta, scomparve in una notte, improvvisamente sommerso dal mare. Il  tema attraverso molteplici rielaborazioni rimase e rimane ancora attuale. Oggi, ad esempio, è legato al misterioso Triangolo delle Bermude e  a tutte le indagini e illazioni che sono state fatte su giornali, riviste e libri, (tra cui quello di Charles Berlitz, Bermuda, il Triangolo maledetto, (Ed. Sperling & Kupfer) e di film. 

Inserire Platone (anche se limitatamente ad Atlantide) in questa rassegna del passato può apparire una forzatura, un tentativo di abbellire l’albero genealogico del genere con un ramo più che illustre e ciò perché per il filosofo greco  “l’Atlantide non è un mito, ma una realtà il cui ricordo continua a trasmettersi”. (8)  Ma anche se forzatura c’è non si può escludere che molti temi di politica abbiano avuto quale ambiente isole immaginarie, inventate, fuori del tempo, luoghi dove porre una umanità ideale, diversa da quella conosciuta. Un’umanità  che rimane pur sempre una filosofica utopia perché nulla in questi romanzi viene detto circa l’eventuale possibilità di innalzamento o di progresso dell’umanità reale verso quella immaginaria. Per ogni autore l’ambiente e la società che descrive è una realtà sognata, inapplicabile al mondo di cui fa parte e non perché impossibile a realizzarsi, ma perché il mondo è nella totale incapacità di recepirla. Di qui la necessità di isole e mondi immaginari, fuori dal tempo e dallo spazio.

Thomas More, ad esempio, nel suo Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipubblicae statu deque nova insula Utopia, pubblicato nel 1516 a Lovanio, immagina di incontrarsi con un marinaio, Raphael Hytloday, compagno di Amerigo Vespucci, col quale avrebbe toccato l’isola di Utopia governata secondo metodi ideali  che dovrebbero servire da guida a tutto il mondo, quali la condanna della pena di morte, della guerra, dei costruttori di armi, l’abolizione della proprietà privata, il lavoro obbligatorio per tutti, il tempo libero per approfondire il patrimonio culturale, la libertà di religione, sebbene ‘i credenti’ siano preferibili agli ‘atei’.  Gli utopiensi disprezzano i metalli preziosi, prendono pasti in comune, lavorano sei ore al giorno, hanno cure ospedaliere gratuite, praticano l’eutanasia. L’opera di More  anticipa con sorprendente precisione temi che saranno ripresi e dibattuti nel Settecento dagli Illuministi.

Trentasei anni dopo vede la luce il primo romanzo utopico italiano di Anton Francesco Doni, intitolato Il Mondo savio e pazzo (1552).

Sullo stesso piano letterario di More si pone l’opera di Francis Bacon Nova Atlantis, scritta in inglese nel 1621 e pubblicata incompleta nel 1627 in versione latina. La Nuova Atlantide (essendo l’antica scomparsa nel mare) è un’isola del Pacifico abitata da un popolo cristiano lì rifugiatosi per dedicarsi all’approfondimento della conoscenza della natura e all’utilizzazione pratica del sapere. Nell’isola esistono stazioni metereologiche, allevamenti sperimentali, centri di fecondazione artificiale, istituti di ottica, acustica, termologia. Gli abitanti dispongono di macchine per volare, di navi subacquee e riescono a conoscere i progressi tecnici del resto del mondo attraverso i ‘mercanti di luce’, una specie di quinta colonna inviata in incognito nei vari paesi. Nell’isola esiste anche un centro motore della ricerca ubicato in una specie di Accademia della Scienza, chiamata “casa di Salomone”.

Sulla scia delle precedenti opere è La città del Sole di Tommaso Campanella, pubblicata a Francoforte nel 1623. L’opera si rifà agli ideali della Repubblica di Platone ed esalta la comunità che vive nell’isola di Taprobane (oggi Ceylon), governata da un Metafisico assistito da un capo dell’esercito, da un capo degli studi e da un capo che cura l’educazione dell’individuo. La proprietà privata è abolita e la comunità vive su basi comunitarie. Nella Città del Sole non esistono né servi né padroni; i bambini sono educati sin dalla più tenera età, mentre i matrimoni sono preparati affinché si possa ottenere  un miglioramento morale e fisico della popolazione.

Al 1670 risale un testo fondamentale per i futuri romanzi sui voli spaziali, scritto da Padre Francesco Lana e intitolato Prodromo (1670), vertente su uno studio che prende in esame le possibilità del volo umano nello spazio a bordo di una barca volante.

Se tra le  opere prima citate poche hanno raggiunto un’ampia diffusione, quella di Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, compiuta nel 1725 e pubblicata nel 1726, la quale a buon diritto può considerarsi legata al filone fanta-sociologico-politico, è divenuta un classico non solo per gli adulti, ma anche per i ragazzi. Evidentemente Swift non intese scrivere un romanzo per ragazzi, per questo il fine ultimo dell’opera sfugge all’attenzione del giovane lettore poiché questi è subito attratto dai due poli su cui le parti più conosciute del romanzo si imperniano: il microcosmo di Lilliput e il macrocosmo di Brobdingnag.  I viaggi di Gulliver rappresentano però un tipico esempio di romanzo ambivalente perché i riferimenti meticolosi alle proporzioni dei lillipuziani creano nell’immaginazione dei giovani un riferimento agli oggetti dei loro giochi, riprodotti in scala ridotta, mentre la situazione di Gulliver ‘bambolotto’ tra i giganti non può che interessare ed attirare la curiosità del giovane lettore. Ovviamente l’adulto misurerà con un metro diverso le situazioni, cogliendo di volta in volta l’ironia per il sistema politico inglese ai tempi della regina Anna o il disgusto per l’umanità come traspare nel quarto libro Un viaggio nel paese degli Houynnhnm.

In Swift, comunque, già si coglie una differenza con i romanzi precedenti poiché l’Autore non intende creare un mondo utopico, ma criticare un mondo e società reali, usando come metodo quello di porsi al di fuori di tale mondo per eludere i tabù che altrimenti avrebbero condizionato il suo pensiero. Attraverso tale metodo l’autore riesce a mettere a nudo verità dissimulate dall’ipocrisia, realtà travestite.  Swift non si rifà ad un discorso morale:  mette in relazione due società, quella fittizia e quella vera e nel confronto a soccombere è sempre l’uomo.

Anche dal punto di vista dell’anticipazione l’opera di Swift si può collocare nel filone fantascientifico. Nel terzo libro che tratta dell’Isola volante di Laputa, una sfera che sfrutta il magnetismo terrestre per fluttuare nell’aria, gli astronomi sono riusciti a scoprire “due satelliti che girano intorno a Marte”, un’intuizione che troverà la sua conferma centocinquant’anni dopo quando l’astronomo Asaph Hall, nel 1877, scoprirà veramente le due piccole lune di Marte: Demos e Phobos.

Voltaire in Micromegas (1752) segue Swift anche se più che illustrare una nuova forma di vivere civile rovescia il sistema e ci presenta una sorta di gigante venuto dal Cosmo per indagare sulle forme della vita terrestre e per concludere che l’uomo è un povero essere, piccolo, debole, presuntuoso e orgoglioso, degno solo di derisione e compianto.

Da questi esempi appare evidente che ci si trova di fronte a opere che hanno caratteristiche assai diverse da quelle che oggi rientrano nel filone fantascientifico quindi sarebbe più logico definirle romanzi utopistici, satirici, filosofici o umoristici; ciò, però, non toglie che esse siano precorritrici di un genere che per la sua poliedricità comprende aspetti diversi e multiformi.

Umanesimo e Rinascimento ebbero nell’uomo e nella sua realtà i poli predominanti nel pensiero  di scrittori, artisti, filosofi, storici per questo le fantasticherie che avevano talvolta alimentato gli scritti di autori di epoche precedenti, esularono temporaneamente dai temi trattati. E, quindi, fu solo  dal 1600 in poi, con l’affermarsi della scienza sperimentale e degli studi astronomici con la conseguente minuziosa esplorazione del cielo effettuata dagli scienziati quali Copernico, Galileo, Tycho  Brahe, Keplero, che qualche autore cominciò a sbizzarrirsi nei suoi scritti aggiungendo ai dati scientifici  anche immagini e avventure fantastiche o viaggi straordinari al di fuori dei confini terrestri.

La Luna, come già lo era stata con Luciano di Samosata, fu la meta preferita perché su di essa, sulla sua composizione, sulla sua struttura, sull’influsso che esercita sulla Terra, sulla possibilità o meno di una presenza animata, scienziati e filosofi presero a discutere e a dissertare ampiamente.

Johannes Keplero può essere considerato uno dei primi esempi di connubio tra scienziato e scrittore di fantascienza, un connubio che diverrà sempre più fecondo con lo svilupparsi della scienza e con il conseguente sviluppo del genere nei  secoli  dal XVIII in poi.

Ma sebbene il Somnium fosse pubblicato in Germania, a Francoforte, la nazione che più delle altre assistette, già nel XVII secolo, al fiorire degli interessi intorno ai viaggi extraterrestri fu l’Inghilterra.

Nel 1639, a Londra,  fu tradotta la Vera Stroria di Luciano e la fortuna che l’opera ottenne richiamò l’attenzione di molti sull’argomento, non tanto per le fantasie dell’autore quanto per i due punti su cui era basato il viaggio immaginario: il modo per raggiungere la Luna; la possibilità di trovare sul satellite degli esseri viventi.

Dalle opere del passato si potevano ricavare tre metodi relativi al mezzo per spostarsi nello spazio: quello meccanico, suggerito da Luciano (la forza del vento che sospinge la nave fino alla Luna); quello animale (proposto anche dall’Ariosto); quello onirico che affonda le radici nel Somnium Scipionis di Cicerone (un metodo che non fu disdegnato neppure nell’Ottocento, in pieno boom della scienza, se si pensa al ciclo marziano di E.F.Burroughs). (8)

Anche Keplero usa nel Somnium il metodo onirico. L’opera, scritta in latino, fu composta agli inizi del 1600 e pubblicata postuma nel 1634. La trama, seppur fantastica (la presenza della maga Fiolxhilda e del suo magico unguento) è basata su dati e scoperte accertate agli inizi del 1600 per cui le descrizioni dell’ambiente lunare si uniformano alle cognizioni scientifiche che Keplero aveva del nostro satellite.

Il protagonista Duracotus trova sulla Luna ciò che l’Autore aveva visto e intuito attraverso le lenti del telescopio: freddi intensi, lunghe notti, forti escursioni termiche, orografia diversa da quella terrestre. La presenza di un’atmosfera lunare e quella di esseri  viventi era conforme alle credenze scientifiche del momento. L’opera, in ogni caso, presenta aspetti bizzarri e misteriosi per certe simbologie che l’autore usa.

Assai più aderente alla fantascienza è, invece, un’altra opera apparsa a Londra quattro anni dopo il Somnium e dovuta al vescovo scrittore e storico Francis Godwin: Man in the Moon: or a Discours of a Voyage Thither by Domingo Gonsales.

Un uomo sulla Luna, la cui fortuna durò per oltre due secoli, pur avendo un tema identico all’opera di Keplero, se ne discosta per una visione meno scientifica. Tutto in Godwin è pura fantasia, una fantasia sdegnosa di ingerenze scientifiche.

L’opera inizia con un naufragio del protagonista Domingo e di un suo fedele servo negro (binomio che in seguito sarà ripreso da Defoe con i suoi personaggi Robinson e Venerdì) su un’isola deserta dove i due vivono per oltre un anno. Durante la forzata permanenza trovano il modo di addomesticare e addestrare enormi uccelli, che Domingo battezza col nome di gansas. La ragione dell’addestramento è quella di permettere al protagonista di compiere lunghi voli sull’isola per conoscere tutte le sue risorse, facendosi trasportare in alto dai robusti volatili.

L’idea di volare appesi con corde a dei volatili può apparire peregrina e degna solo delle spacconate di un Munchhausen, ma allora affondava le radici nella tradizione che risaliva a Icaromenippo, ad Astolfo e allo stesso Dante che discende verso il centro della Terra sulle spalle di Gerione (sebbene  costui non fosse un uccello). Inoltre nel XVII secolo esistevano ampi studi sulla possibilità di sfruttare il volo degli uccelli.  Anche gli studi sulle migrazioni degli uccelli erano in auge e furono probabilmente questi a suggerire al vescovo Godwin di far svernare le immaginarie gansas sulla Luna, trascinando con sé nel ‘folle volo’ Domingo Gonsales a bordo della zattera trasportata dagli uccelli con cui soleva sorvolare l’isola.

La Luna immaginata dal vescovo inglese si presenta ai visitatori come un mondo puramente fantastico, abitato da giganti dalla bellezza statuaria e dalla perfezione morale. Domingo viene accolto e accettato benevolmente, ma avverte nei suoi confronti una certa imbarazzata condiscendenza perché i lunari considerano gli uomini in genere come una razza inferiore (lo stesso accade a Gulliver nel paese dei giganti). La società lunare a differenza di quella terrestre è perfetta: l’istituzione familiare posta alla base della società è fondata su principi incrollabili; vige la monogamia; il crimine non esiste e di conseguenza non vi sono giudici, tribunali, prigioni; i peccatori potenziali vengono individuati sin dalla nascita ed esiliati sulla Terra; i rapporti tra gli abitanti sono ispirati a ideali di pace, di amicizia e di solidarietà sconosciuti sulla Terra.  Il filone dell’utopia è, pertanto, presente anche nell’opera del vescovo inglese.

Alla serietà del vescovo Godwin fa riscontro l’ironia del francese Cyrano di Bergerac che alle gansas del vescovo inglese sostituisce un principio di certo più scientifico (ma pur sempre fantastico) basato su bottiglie piene di rugiada che riscaldata dai raggi del sole evapora, si dilata e l’aria, fuoriuscendo con forza dalle bottiglie, sospinge Cyrano verso l’alto fino a fargli toccare il suolo lunare. Una prima applicazione del principio dei razzi.

Tutto ciò è descritto nei due romanzi scritti dall’eroe di Edmond Rostand e apparsi mutili rispettivamente nel 1657 e nel 1662 (il testo integrale apparirà solo nel XIX secolo)  L’autre monde ou Les Etats et  Empires de la Lune  e Les Etats et Empires du Soleil nei quali la fantasia e le idee scientifiche si allineano ad immagini burlesche. L’Autore pone in questione, in modo semiserio, la tradizione aristotelica su cui la Chiesa ancora si fondava nel tentativo di opporsi al radicale rinnovamento della concezione dell’Universo proposta da Galileo e da Copernico.

Alle teorie filosofico-religiose si affiancano pure ardite teorie scientifiche sul movimento della Terra, l’infinità dei mondi, la costituzione atomica dei corpi, i principi fisici dell’aerostato, del grammofono ecc. Potrà forse parer strana la commistione di argomenti così diversi, ma nel XVII secolo astronomia, fisica, metafisica, poesia, umorismo potevano fondersi ed esistere contemporaneamente in una stessa opera.

In Italia le prime vere “opere spaziali” le troviamo soltanto nel 1836 con Un viaggetto nella Luna di un accademico tassoniano e Lettera su la ipotesi degli abitanti de’ pianeti di padre Francesco Bruni.
Seguono i
Racconti Fantastici (1860) di Turchetti, I misteri politici della Luna (1863) di G. Folliero
De Luna,
Abrakadabra (1864) di Ghislanzoni, Dalla Terra alle Stelle (1887) di Grifoni, Dalla Terra a Marte (1895) di Bianchi., Auto-hide: on

 

L’elenco dei viaggi sulla Luna, su altri pianeti o su mondi immaginari potrebbe continuare e per rendersene conto basterebbe esaminare l’opera di Marjorie Hope Nicolson  Voyages to the Moon (New York, 1949) e il volume di Philip Grove The imaginary Voyage in Prose Fiction (1941) nel quale viene fatto, per il solo secolo XVIII  un elenco di oltre duecentocinquanta viaggi fantastici.

Tra le opere più significative ricorderemo ancora l’Itinerarium exstaticum di Athanasius Kircher (1656), in cui il viaggio viene effettuato a mezzo di un angelo; Discovery of a New World (1638) di Johns Wilkis; The lifes and Adventures of Peter Wilkins (1751 ) di Robert Paltock, dove si descrivono esseri umani alati; The Life and Astonishing Transactions of John Daniel (1751) di Ralph Morris,  che immagina una piattaforma volante per raggiungere la Luna; Transaction from the World in the Moon (1705) di Daniel Defoe, in cui l’uomo viene trasportato sul satellite per mezzo di una macchina volante.

Nel 1666 fu pubblicato il romanzo The Description of a New World, Called the Blazing-World di Margaret Cavendish con la presenza di un mondo alternativo scoperto nell’Artico da un giovane gentiluomo amante di viaggi;  Nicolai Klimii iter subterraneum del danese  Ludwig Holberg, scritto in latino e uscito anonimo  a Lipsia nel 1741, un tema satirico che per certi aspetti anticipa quello trattato da Verne  nel Viaggio al centro della Terra; Voltaire  nel 1752 scrive; Louis  Sebastien Mercier nel 1770 scrive L’anno 2440  con descrizioni di vita nel futuro, tra le quali in cui traspare un curioso presentimento degli avvenimenti della Rivoluzione francese; La decouverte australe par un homme volant ou Le Dedale français (1781) in quattro volumi, in cui si anticipa l’uso dell’atomo, principi di missilistica interplanetaria, batteriologia….; La storia filosofica dei secoli futuri  (1860) di Ippolito Nievo: Looking Backward (Guardando indietro, 1888), di Edward Bellamy, il secondo romanzo più venduto nel secolo negli Stati Uniti.

Da non dimenticare nel 1800 Olaf Stapledon un altro grande scrittore britannico le cui quattro opere maggiori (Last and First Men, 1930; Odd John, 1935; Star Maker, 1937; Sirius, 1940) introdussero una miriade di idee adottate in seguito da molti scrittori.

 

 

 

(1)      Franco Ferrini, La Musa stupefatta o della Fantascienza, Messina/Firenze, Ed. D’Anna, 1974, p. 9.

(2)      Jean Gattegno, op. cit., p.3 e segg.

(3)      Antonio Diogene, Meraviglie di là da Tule, in Il romanzo classico, a cura di Q.Cataudella, Firenze, Sansoni, 1958, pp 23 e segg.

(4)      Antonio Diogene, op. cit. p. 27.

(5)      Luciano di Samosata, Storia Vera, in Il romanzo classico, a cura di Q Cataudella, op. cit, pp. 267-311

(6)      Jean Gattegno, op. cit., p. 3.

(7)      Luciano di Samosata, op. cit, p. 276.

(8)  (Somnium Scipionis è il nome con cui viene identificato un celebre brano del trattato De republica di Marco Tullio Cicerone (composto nel 54 a.C.) corrispondente all'ultima parte del sesto libro. In esso sono trattati temi di contenuto filosofico-mistico come l'immortalità dell'anima, il premio ultraterreno destinato ai grandi uomini politici benefattori della patria, l'esistenza di un aldilà. Il brano è il racconto di Scipione Emiliano (protagonista del trattato ciceroniano) di un sogno, nel quale gli era apparso il nonno adottivo Scipione l'Africano. In questo sogno, racconta l'Emiliano, costui gli aveva predetto le sue glorie future e la sua morte prematura, mostrandogli però successivamente una visione delle sfere celesti e spiegando che il premio riservato dagli dei alle anime degli uomini politici virtuosi sarebbe stato l'immortalità dell'anima e una dimora eterna nella Via Lattea.

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO TERZO

OTTOCENTO:  VERNE E WELLS

 

“… l’errore di tutti gli storici della fantascienza è di dimenticare che non può esservi  fantascienza (nemmeno se battezzata ‘anticipazione scientifica’) finché non vi sia scienza e scienza applicata… La fantascienza nasce con la scienza”. (1)

La recisa affermazione di Gattegno tende a demolire qualsiasi costruzione storica del genere  e a considerare le opere prima citate come altrettanti falsi antenati. L’albero genealogico che il critico propone presenta meno rami e offre radici non profonde perché si fermano solo all’Ottocento o meglio alla fine dell’Ottocento: “Dal punto di vista cronologico – scrive – Jules Verne ha fondato l’anticipazione scientifica, poiché, infatti, è piuttosto da Wells che procede tutta la fantascienza attuale”. (2)

Puntualizzando in tal modo l’argomento Gattegno sembra non accorgersi che le sue affermazioni limitano enormemente i confini non solo della fantascienza, ma anche della scienza attribuendo ad essa come data di nascita il XIX secolo. E prima?

Nell’uso corrente ‘scienza’ per antonomasia è quella sperimentale, fondata su alcuni caratteri particolari quali l’uso metodico della verifica, l’obiettività e l’impersonalità della ricerca, l’accettazione del carattere puramente strumentale e funzionale delle ipotesi, abbracciate senza settarismo e abbandonate quando l’interesse della ricerca lo richieda. Questa è la ‘scienza’ da cui nasce per Gattegno la fantascienza. Ma ciò non toglie che anche assai prima dell’Ottocento la scienza fosse già presente sebbene fusa con la filosofia in una unità pressoché inscindibile, una unità che durò fino a Newton; non a caso lo scienziato inglese quando parla di filosofia naturale intende anche l’astronomia. Filosofia e scienza non esistevano in forme separate, come oggi, ma non si può per questo escludere l’esistenza della scienza. Per tale ragione non possiamo cancellare dal genere certe opere fantastico-filosofiche solo perché la scienza non era ancora ‘sperimentale’. Si può, pertanto, concordare con Gattegno solo nell’ammettere che con l’Ottocento i romanzi fantastici e fantascientifici ebbero un impulso maggiore, una divulgazione più ampia perché a causa di una più estesa diffusione della scienza e della maggior curiosità che nasceva non solo negli addetti ai lavori ma in masse sempre più vaste, tali racconti e temi si affiancarono anzi divennero letteratura popolare.

La nascita della grande industria dovuta allo sviluppo delle scienze applicate, i tentativi di creare macchine che potessero funzionare sotto il mare o che potessero volare, lo sviluppo delle macchine a vapore, dell’elettricità, l’abbandono graduale delle navi a vela, i nuovi studi di balistica ecc, non potevano non colpire la fantasia e spingerla a guardare oltre e a sognare che la scienza avrebbe risolto tutti i problemi. Tale fiducia e ottimismo è presente in alcuni romanzi che seguono il passaggio ai racconti filosofico-utopistici precedenti alla fantascienza intesa alla Verne e alla Wells.

Horace Walpole col suo Castello d’Otranto, pubblicato nel 1765 sotto pseudonimo, può essere considerato il trait-d’union fra il romanzo a sfondo utopistico e quello strettamente fantascientifico. Nella prefazione Walpole afferma di voler fondere i due tipi di romanzo, quello antico in cui tutto era fantasia e inverosimiglianza e quello moderno in cui si vuol ripetere con esattezza la natura e talvolta vi si riesce. L’invenzione non deve essere abolita ma le risorse della fantasia devono essere temperate e arginate da una stretta aderenza alla vita quotidiana. L’azione, però, deve essere assegnata ad epoche lontane e luoghi sconosciuti tali da giustificare i voli della fantasia e l’intervento del soprannaturale.

E’ questa la formula del ‘romanzo gotico o nero’, anticipatore del moderno romanzo di fantascienza e sulla scia del Castello ‘Otranto si assiste nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento e durante il periodo vittoriano al fiorire di romanzi gotici dove abbondano elementi soprannaturali, irrazionali, apparizioni macabre, delitti misteriosi, il tutto risolto con una spiegazione razionale e logica. Il tema dell’orrore è quello che più di diffonde e l’orrore nasce da situazioni particolari, ricercate e volute dagli Autori, come Poe di cui basterà ricordare i racconti The Fall of the House of Usher e The facts in the Case of Mr.Valdemar. Più aderente, invece alla fantascienza, anche se le vicende relative al caso Valdemar possono considerarsi un vero e proprio racconto di fantascienza costruito com’è sul mesmerismo, la nuova scienza allora in voga, è il romanzo di Poe Arthur Gordon Pym (1836).

 Il lungo racconto presenta due aspetti distinti: il primo, quello del grottesco macabro, comprende tempeste, naufragi, ammutinamenti, seppellimenti di un uomo vivo (un tema spesso ricorrente nei racconti di Poe), cannibalismo, navi fantasma; l’altro, che coincide con la seconda parte del romanzo, acquista, invece, forme e caratteristiche tipiche del romanzo di fantascienza dove il protagonista, passivo nella prima parte, si anima e partecipa nel viaggio che lo porta verso le terre del sud,  verso un clima che si fa sempre più caldo, verso regioni strane ed esseri ancora più strani, fino all’incontro con la grande figura velata in cui tutto confluisce e si annulla.

E’ un romanzo senza lieto fine e può essere considerato come uno dei primi esempi di alienazione dell’uomo alla ricerca di se stesso e alla scoperta che il traguardo è uno schermo completamente bianco.

 

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 Durante il romanticismo si  accentuò sempre più la simbiosi (nata con Keplero) tra scienziato e artista il quale spesso si sentì in diritto di porsi al di sopra della massa e di superare certe barriere: è l’uomo che si atteggia a Dio; è il mito di Frankenstein che adombra quello di Faust.

Nonostante gli ampi sviluppi e i molti traguardi raggiunti la scienza continua a presentare ancora molti lati oscuri tanto che l’inquietudine diventa la caratteristica dello scienziato. Tipico esempio è Frankenstein o il Moderno Prometeo, scritto per scommessa da Mary Bissie Shelley e pubblicato nel 1817. Lo scienziato, il dottor Frankenstein, superando ogni aspetto di magia o stregoneria,  attraverso la sola scienza sperimentale, riesce a dar vita ad un corpo morto o  meglio a ‘costruire un uomo’. Lo scienziato della Shelley crea,  dà la vita, ma il suo limite è quello di non possedere – come Dio – tutti i fili della creazione quindi di ignorare quelle forze misteriose e incontrollabili che, scatenate, possono portare alla distruzione. Il dottor  Frankenstein è  l’Ulisse dantesco dell’800 che oltrepassa le colonne d’Ercole della scienza col desiderio di conoscere, ma senza pensare che talvolta la conoscenza e la scoperta portano alla rovina.

Ma più di Poe e della Shelley, che pur diedero ampia risonanza al genere, i due maggiori diffusori ad ogni livello della società sono da considerarsi Jules Verne, propugnatore dell’anticipazione scientifica, e George Herbert Wells, il corifeo della fantascienza.

“Non bisogna  [però]  immaginare Jules Verne e H.G.Wells come degli isolati, ma solo come i maggiori rappresentanti di una narrativa ampiamente diffusa, soprattutto a livello popolare”. (3) Tutta la seconda metà dell’Ottocento pullula di romanzi in cui lo studio del futuro e l’evoluzione delle macchine  sono i temi preferiti.  “Verne  e Wells – scrive Pietro de Angelis (4)  - “furono i pionieri, i padri della fantascienza,  i primi in senso assoluto a porsi in una dimensione nuova rispetto al romanzo, alla fantasia e alla scienza, costruendo una sintesi che ha aperto nuove strade alla letteratura, soprattutto di massa. Wells ci preannuncia una delle verità di fondo della fantascienza: che il carattere fondamentale di questo nuovo genere non è dato dall’aspetto tecnologico o scientifico più o meno evidente, dalla maggiore o minore credibilità dell’argomento trattato, dalle previsioni più o meno azzeccate, dalla fantasia più o meno accentuata, dalle invenzioni più o meno strabilianti o singolari, anche se questi elementi sono senza dubbio ineliminabili: la fantascienza è sostanzialmente nell’occhio di chi la osserva, nelle angolature particolari, nelle sottolineature parziali che fanno di questo genere – insieme alle infinite possibilità inventive che esso comporta – un campo inesauribile di fantasia e di riflessione, di avventure e di giudizio, di previsione e di dubbio, di interrogativi e di risposte”.

Tra Verne e Wells esistono ampie e significative differenze non certo dovute all’intervallo di tempo che corre tra le prime pubblicazioni dei due scrittori: Verne iniziò a pubblicare nel 1863; Wells nel 1894  a oltre trent’anni di distanza. Le differenze sono altre e non per nulla si parla per il primo di “anticipazione scientifica”, e quindi, opportunamente classificate come “viaggi straordinari”,sono oggi semplici avventure che nulla più hanno di straordinario. Basti pensare a Cinque settimane in pallone, Il giro del mondo in ottanta giorni, Ventimila leghe sotto i mari, Dalla Terra alla Luna, Intorno alla Luna. I viaggi di Verne non sono più relegati nella sfera del fantastico perché sono stati realmente compiuti e anche le “invenzioni” verniane sono state effettivamente inventate: vedi il sottomarino elettrico (superato oggi da quello atomico), il cinema, la televisione ecc., per cui poche delle sue opere continuano ad appartenere al mondo puramente fantastico come Viaggio al centro della Terra.

La differenza che intercorre  fra meraviglioso e straordinario consiste nel fatto che il meraviglioso (vedi Wells) si basa sulla costruzione di mondi, di universi, di leggi del tutto diverse da quelli reali; lo straordinario (vedi Verne) si limita, invece, ad alterare le leggi della natura quel tanto o poco che sia possibile, ma sempre in ossequio alla scienza anche se spinta alle estreme conseguenze e poi nel fare in modo che la natura riporti il tutto alla normalità. Col meraviglioso si inventano mondi che non esistono; con lo straordinario si opera su ciò che esiste e che può dare una garanzia scientifica.

Per  Verne, quindi:

“sono le conseguenze scientifiche dell’astronomo Black a permettere ai superstiti di rallentare la fusione del ghiacciaio; sono le proprietà della retina umana a consentire che sia registrata e scoperta la vera identità degli assassini del Capitano Gibson; sono le proprietà dell’acqua dolce  a salvare in extremis i naufraghi del Chancellor; è la condensazione delle lacrime di Michele Strogoff a impedirgli di perdere la vista; sono gli effetti della rotazione terrestre a far vincere la scommessa  a Phileas Fogg”. (5)

 

Verne si ferma a quello che Franco Ferrini definisce il primo  stadio della fantascienza, quello cioè che “si giustifica in base ai soli risultati e che anticipa unicamente sulle applicazioni”. (6)

Wells appartiene, invece,  al secondo stadio, quello che “anticipa, almeno in parte, sui risultati stessi”. (7)

Verne è fiducioso nella scienza e nell’uomo; Wells no perché con lui comincia a delinearsi la crisi e il caos cui la scienza può portare. Verne considera la fantascienza o per essere più precisi i suoi “viaggi straordinari” come il segno caratteristico e positivo della sua epoca; Wells la considera come qualcosa di puramente letterario perciò l’uno arriva solo a pensare i viaggi sulla Luna mentre l’altro si cimenta con i viaggi nella quarta dimensione per raggiungere l’infinito.  Se anche Verne spezza una lancia per il puro fantastico nel descrivere qualcosa di impossibile a verificarsi come l’incontro con animali preistorici da parte degli esploratori che si dirigono al centro della Terra, si tratta pur sempre di animali che sono esistiti e che popolarono la Terra nel passato, quindi la descrizione esula dal campo della pura fantasia.

Welles come Verne viaggia verso la Luna, ma mentre il francese per il gran balzo si avvale di leggi balistiche, Wells usa mezzi puramente immaginari e fa innalzare la sua navicella mediante la cavorite, un inesistente metallo antigravità. Sulla Luna poi l’inglese non  esita a far incontrare i suoi viaggiatori con i seleniti, esseri simili a formiche.

L’incontro dell’uomo con esseri di altri mondi (tema non trattato da Verne) o meglio la conquista della Terra da parte di esseri venuti dallo spazio e ben più potenti dell’uomo si accentua maggiormente nel volume The War of the Worlds (La guerra dei mondi) apparso a puntate nel 1897. La trama offre all’autore spunti sensazionali quali l’arrivo  delle astronavi marziane, la distruzione di Londra, la spaventosa descrizione dell’aspetto degli esseri venuti da Marte, forse i primi BEM (8)  della fantascienza. Offre pure a Wells la possibilità di criticare la politica espansionistica inglese e i metodi usati verso certe popolazioni indifese dell’Africa e dell’Asia. I terrestri, infatti,  messi alla mercé dei più potenti invasori spaziali, sono descritti alla strega di popoli inferiori conquistati con la forza.

Anche l’altra opera The Time Machine (La macchina del tempo, 1895), al di là delle suggestioni  che crea con le immagini di un viaggio nella quarta dimensione, affronta un aspetto sociale che Wells vede e analizza in modo negativo. Si tratta della crisi dell’uomo, della distruzione della borghesia e del suo asservimento completo ad un proletariato padrone delle macchine, ma costretto ad una vita sotterranea e al cannibalismo per poter sopravvivere. Il Viaggiatore del Tempo sfugge la società in cui vive, ma non per questo trova nel futuro una società migliore; i figli dei proletari, i detentori del potere, sono decaduti allo stato bestiale mentre gli Eloi, la classe un tempo egemone, sfruttatrice e capitalista, è diventata un gregge amorfo e senza iniziative, un gregge pasciuto e custodito da Morlocks a fini alimentari.

Wells non ha alcuna fiducia nell’uomo. Nella Guerra dei mondi non è l’uomo a debellare i marziani, ma è la natura a trovare in se stessa le difese necessarie; non l’uomo con tutta la sua massa cerebrale a vincere, ma l’essere vivente più piccolo, un microrganismo riesce ad avere ragione dei mostri venuti dallo spazio. E che l’uomo non  vinca a causa del suo innato egoismo viene dimostrato in altre due opere: The invisibile Man (L’uomo invisibile, 1897), in cui la scoperta scientifica non viene divulgata dal protagonista ma sfruttata per suo uso e consumo, e The Island of Dr. Moreau (L’isola del dr. Moreau, 1896), un romanzo cupo e tenebroso, dominato dalla figura di uno scienziato che vorrebbe costruire l’uomo partendo dalla bestia e finisce miseramente.

Wells, osserva acutamente C. Pagetti “attraverso una situazione fantascientifica, una mitologia del futuro,.. ha interpretato la crisi della sua epoca, i contrasti che stavano minando anche spiritualmente una società incapace di rinnovarsi dall’alto in basso. Nello stesso tempo Wells  mostra la vocazione apocalittica della fantascienza che si afferma come letteratura soprattutto nei momenti di crisi e come espressione della crisi. (9)

Ma Wells, oltre a interpretare crisi e contrasti e una visione  negativa della società del suo tempo, si afferma come il ‘costruttore’ di quello schema che rimarrà fisso in molti racconti di fantascienza e che si esemplifica in quattro punti essenziali: a) presenza di un fatto insolito e fantastico.; b) apparente incapacità della scienza a rimediare; c) fortunata trovata scientifica o parascientifica capace di risolvere in extremis la situazione; d) finale positivo (quest’ultimo non sempre presente nelle opere dello scrittore inglese).

A fianco di Verne e Wells, sebbene non sempre ricordato, si deve porre  un altro scrittore francese: Albert Robida il cui contributo al genere è determinante in quel settore che sarà la fantascienza pervasa da una sottile vena ironica (e che  avrà in  Italia un seguace con Yambo), anche se sarà menol noto di Verne,

Disegnatore e incisore Robida nel 1879 e nel 1887 pubblicò a Parigi  La guerra nel XX secolo e Il viaggio straordinario di Saturnino Farandola.

Nell’opera dell’umorista francese, accanto alla descrizione di avventure, di mezzi sofisticati e di guerre apocalittiche, abbiamo pure la visione di ciò che accade attraverso le numerose illustrazioni da lui stesso composte, una varietà gaia, divertente e scanzonata di disegni che completano quasi ogni pagina. Ma la presenza di una sottile vene di umorismo non inficia il contenuto per cui molte delle sue anticipazioni e delle sue previsioni in merito a guerre del futuro (vedi seconda guerra mondiale) sono risultate esatte.

 

(1)     Jean Gattegno, op. cit., pp.4-5.

(2)     Jean Gattegno, op. cit., p.5.

(3)      Carlo Pagetti, Il senso del futuro. La fantascienza nella letteratura americana, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 1970, p. 23.

(4)     Racconti di fantascienza.  Introduzione di Pietro de Angelis, Roma, Ed industria editoriale, 1971, pp. 9 e 11.

(5)     Franco Ferrini, Il ghetto letterario, Roma, Armando, 1976, p. 141.

(6)      Franco Ferrini, op. cit. p. 141.

(7)     Franco Ferrini, op. cit. p.  141.

(8)     BEM  (Bug-Eyed –.Monsters) sono i mostri dagli occhi sporgenti, raffigurazioni fantastiche di esseri di altri mondi.

(9)     C. Pagetti, op. cit, p. 20.

 

 

 

 

CAPITOLO IV

TEMI DI FANTASCIENZA

 

I temi base su cui gli autori di Fantascienza intrecciano solitamente tutte le trame, pur essendo già apparsi velatamente in opere precedenti, incominciano a delinearsi allo scadere del XIX secolo e nei primi decenni del XX e si imperniano su tre parametri essenziali senza i quali il genere non esisterebbe: il luogo, il tempo, lo spazio; e ogni parametro si suddivide a sua volta nelle tre componenti relative al tempo: presente, passato e futuro e nelle tre componenti relative al luogo: ambientazione terrestre, nei pianeti del sistema solare, nel sistema galattico.

La classificazione, tuttavia, non può essere considerata così netta perché raramente un tema può essere affrontato a guisa di un’antica tragedia greca dove le unità di tempo, luogo e azione dovevano essere rigorosamente rispettate. In un romanzo di fantascienza i temi possono intrecciarsi e permettere, quindi, all’autore la possibilità e la libertà di spaziare nei tre campi: un esempio lo si potrebbe trovare in una vicenda che, prevedendo l’uso di una macchina per viaggiare nel tempo, trasferisse i suoi personaggi in avventure del passato o in avventure nel futuro. Potendo, quindi, gli  intrecci essere molteplici, ogni possibilità di classificazione verrebbe  meno.

Volendo, comunque, seguire uno schema, almeno rispetto al parametro temporale, si nota come il tema del presente legato ad una ambientazione terrestre sia quello che offre una connessione più stretta col genere puramente avventuroso. Difficile è, però, in tale caso stabilire dove l’avventura si tramuta in fantasia scientifica salvo quando la parte scientifica o tecnica predomina. Un libro o un film imperniato sulle avventure dell’Agente 007, pur facendo James Bond gran uso di mezzi tecnici e avveniristici, rientra più nel genere giallo spionistico che fantascientifico, mentre il racconto di Verne Un espresso del futuro, in cui si immagina un tunnel costruito sotto l’Oceano per unire Boston a Liverpool è fantascienza…  anche se, a ben pensarci, e per brevi tratti, l’impresa è stata oggi tentata e risolta dall’uomo, basti pensare al tunnel sotto la Manica.

Altro filone è quello che presenta animali evoluti (scimmie, formiche, api, delfini…) in lotta con l’uomo o descrive piante intelligenti che combattono per il possesso del pianeta, come avviene nel volume di J. Wyndham, The day of the Trifids (L’orrenda invasione, 1951 ) o, infine, la scoperta in epoca moderna di civiltà estinte o avveniristiche.

Appartiene pure al filone terrestre l’invenzione straor4inaria, l’esperimento azzardato sul genere di Frankenstein, la costruzione di un golem, il robot, gli umanoidi.

Anche la fantapolitica può essere inserita nel tempo presente, sebbene le vicende siano per lo più trasferite in epoche future o in nazioni immaginarie. Gli autori, infatti, pur descrivendo società avveniristiche e quindi più evolute (almeno si spera) si servono di tale trasposizione per criticare forme attuali di governo, per accentuare alcuni aspetti negativi della società moderna che essi intendono colpire. E’ un modo indiretto di mettere in evidenza le ingiustizie, la stupidità e i limiti della società in cui si vive. Non è questa una novità perché autori del passato, già citati, come More, Campanella, Bacone, Swift immaginavano società progredite, evolute, società con concezioni particolari, esistenti addirittura nella loro epoca, seppure situate su isole  immaginarie come Utopia, Taprobane o Nova Atlantis.

Nella letteratura per ragazzi incontriamo analoghe situazioni: vedasi ad esempio il libro di J.M.Audibert I visitatori del cielo, dove un gruppo eterogeneo di persone si è prefissato il compito di impedire ai grandi blocchi politici di scatenare l’ultima guerra atomica o del volume di Adonella Corsetti Voi cosa avereste fatto? (1977), in cui si assiste al confronto fra la società attuale e una ipotetica civiltà più evoluta, situata al di fuori del sistema solare.  

Ma la visione della società, che in un romanzo per ragazzi è sempre a senso unico, vale a dire indirizzata verso una società ideale e idilliaca, risulta spesso negativa in romanzi per adulti. E’ quanto avviene in Animal farm (la Fattoria degli animali, 1945) e in  Nineteen  Heighty Four (1984, pubblicato nel 1949) di G. Orwell. In Orwell l’uomo è incapace di una risposta positiva e la rivoluzione riuscita finisce pur sempre per tradire gli idealisti che l’avevano attuata. Nel romanzo 1984 lo scrittore descrive la distruzione di ogni valore umano in una società futura che “stampa individui tutti uguali e mantiene in  vita il meccanismo creato per fabbricarli con diabolica perfezione”. E’ evidente che la critica dell’autore, pur proiettata e fatta ad una società futura, si riferisce al suo mondo e al suo tempo.

 

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Nel periodo che seguì la seconda guerra mondiale la fantascienza si arricchì di un nuovo filone dovuto alla profonda influenza che essa subì a causa dello scoppio dell’atomica su Hiroshima e della successiva guerra fredda.  Il timore del fungo atomico condizionò molte opere e L’ultima spiaggia (1957) di Nevil Shute può essere considerato il romanzo più rappresentativo. La terza guerra mondiale a base di bombe atomiche ha distrutto la Terra, salvando solo il continente australiano, ma per poco perché il fall-out radioattivo sta lentamente e inesorabilmente avvicinandosi e “l’ultima spiaggia” scomparirà con la totale distruzione dell’uomo. Il dramma proposto da Shute non è basato sulla morte individuale, ma sulla totale scomparsa di ogni forma di vita, sulla presenza nel sistema solare di un pianeta in cui appare l’opera dell’uomo quando l’uomo più non esiste.

Anche questo tema è presente in opere per ragazzi (Luciana Martini, Addio al pianeta Terra, 1965) e spinto talvolta alle estreme conseguenza quando, ad esempio, su un intero pianeta sopravvive una sola persona abbandonata a se stessa, in una angoscia cosmica e in una solitudine infinita (Nanitha il ragazzo del pianeta X, 1964) di M.Fracchia).

Apparentemente  il tema non è nuovo solo che si pensi alla psicosi dell’anno Mille. Ma la psicosi dell’anno Mille aveva una matrice religiosa, era una angoscia cristiana in una società dominata dal castigo divino. L’angoscia e la solitudine fantascientifica sono profondamente diverse: è il terrore non dell’aldilà, ma del nulla cosmico, della sua esistenza in questa e nell’altra vita. Là una angoscia e una paura religiosa, qui una angoscia e una paura scientifica” ; nel Mille la paura dell’inferno, oggi la paura del nulla.

Pure collegato agli effetti dello scoppio della bomba atomica su Hiroshima è anche il tema delle mutazioni genetiche, dello sconvolgimento brutale e repentino dell’ordine della natura. La presenza dei ‘mutanti’ nella letteratura fantascientifica nasce dopo Hiroshima e rivela in fondo l’incapacità dell’uomo a dominare le sue invenzioni e a controllarne gli effetti. Da qui l’originale terrore di questo ‘dopo-uomo’, del ‘mutante’, dell’essere diverso dall’essere normale e il quesito che certi autori si pongono è: come considerare un ‘mutante’?  E’ sempre un uomo oppure no?

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Il secondo tema, quello della fantascienza rivolta al passato, pone minori problemi agli autori, anche a quelli che trattano la fantascienza per ragazzi, perché esso offre maggiori possibilità di comprensione.

Occorre innanzitutto premettere che per quanto concerne le avventure nel passato, sia esso storico, protostorico o preistorico, sarebbe  più opportuno parlare di letteratura fantastica e non fantascientifica. Infatti, se è logico supporre che in un  futuro più o meno prossimo l’uomo potrà volare fino alle stelle, allo stato attuale delle cose, nonostante le teorie einsteniane o ancor più avanzate, non è umanamente possibile concepire che l’uomo possa inventare una macchina capace di viaggiare all’indietro nel tempo.

A tale proposito si potrebbe obiettare che è pure impossibile viaggiare nel futuro in quanto una macchina capace di tale miracolo è una pura utopia.

Ma è poi vero? In teoria no.  Einstein ha dimostrato con la teoria della “dilatazione del tempo” che viaggiando ad una velocità vicina a quella della luce il tempo scorre ad una velocità molto rallentata rispetto a quella con scorre normalmente sulla Terra. Ad una velocità di circa 298.000 kilometri al secondo il tempo sarebbe rallentato di circa dieci volte, per cui un mese trascorso a quella velocità corrisponderebbe ad un anno sulla Terra. La mente si rifiuta di crederlo, ma la presenza nelle equazioni di Einstein della formula:

 

E = m.y.c2

sembra dimostrare il contrario.

 E’ il ‘paradosso del tempo’ secondo cui un uomo potrebbe ritornare sulla Terra dopo centinaia di anni, essendo invecchiato solo di alcuni anni durante il suo volo  in una astronave vagante nello spazio.  Quindi la macchina del tempo, apparentemente utopistica, rientra a buon diritto nella fantascienza ed è uno dei mezzi più sfruttati per trasportare l’uomo di oggi, con le sue conoscenze, la sua scienza e la sua tecnica nel futuro per esplorarlo.

Ma senza la macchina sono pure possibili altre soluzioni. Basti pensare al Mondo perduto (1912) di A.C.Doyle in cui l’autore immagina di giungere su un altipiano dove vivono animali e piante del periodo mesozoico; La terra di Sannikov (1926) di V.Obroutchev con i suoi animali preistorici viventi in una valle immaginaria, all’interno di un gigantesco vulcano dell’Artico; La valle del mondo scomparso di C. Mortillaro  (1972) in cui sei ragazzi si trovano inaspettatamente  a contatto con società primitive dell’età paleolitica.

In ogni caso il viaggio a ritroso nella letteratura fantascientifica  rimane pur sempre un nonsenso perché è assurdo tentare di modificare il passato per cambiare situazioni già avvenute (immaginiamo per un  attimo che cosa accadrebbe se si tentasse di andare nel passato per uccidere il proprio bisavolo!), per cui ogni vicenda che si svolga nel passato può essere ideata solo come studio della storia o della preistoria opportunamente romanzate.

 

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Il terzo tema, avventure nel futuro o attraverso lo spazio, è quello maggiormente sfruttato dagli autori del genere perché non pone limiti alla fantasia, che può, così, predominare e non essere ostacolata da nulla.  Gli Autori possono permettersi di descrivere le più strane ed impensate invasioni provenienti dallo spazio, le mirabolanti esplorazioni di mondi e pianeti distanti milioni di anni luce, la scoperta di universi e di mondi paralleli, le distorsioni spazio-temporali, gli incontri-scontri con ‘aliens’, con mostri, con civiltà più o meno evolute.

E’ questa la parte della fantascienza che rappresenta la vera letteratura di evasione e della quale si potrebbe affermare, riprendendo un verso del Marino, che “E’ dell’autor il fin la meraviglia”.

Ma tale aspetto al tempo stesso rappresenta pure un limite del genere, quel limite oltre il quale si passa dal fantascientifico al fantastico.

Infatti, sebbene tanto nel ragazzo quanto nell’adulto in cerca di evasione tali avventure riescano gradevolmente accette, l’aggancio col possibile e col verosimile difficilmente si avvera.

 

 

 

 

 

CAPITOLO QUINTO

LA FANTASCIENZA MODERNA

 

Da quando nel 1926 Hugo Gernsbach fondò la rivista “Amazing Stories” il boom delle riviste e dei libri di argomento avveniristico esplose nel breve volgere di pochi anni. La ‘Space Opera’ - vera e propria chanson de geste spaziale -, il feuilleton cosmico, l’avventura ciclica galattica, popolarono i racconti – la più parte rozzi e scadenti – di umanoidi, scienziati pazzi, omuncoli verdi o rossi con antenne e tentacoli, mostri mucillaginosi dai grandi occhi di insetto (i cosiddetti BEM (bug-eyed- monsters), ripugnanti  aliens, eroi superdotati sempre in viaggio tra pianeta e pianeta, in perenne lotta ora per liberare un popolo oppresso, ora una fanciulla umana o umanoide di stellare bellezza.

E.R. Burroughs, il padre di Tarzan, autore di un ciclo di avventure marziane, e altri prestarono la loro penna a queste saghe che peccavano di eccessivo infantilismo, di ingenuità, di inventiva morbosa. L’unico merito di tali assurde storie fu quello di sgomberare il firmamento della letteratura avveniristica da scorie inutili, di far capire che la fantascienza non era quella descritta e che occorreva evitare puerilità e melensaggini, sebbene proprio quelle avventure facessero presa su un certo pubblico, in particolar modo sui giovani, specie quando venivano presentate non in racconti o romanzi, bensì in storie a fumetti.

Ciò fu evidente allorché il cartoonist americano Winsor McCay, nel 1905, iniziò la serie dei fumetti fantascientifici, pubblicando sul New York le strips, che avevano per protagonista  Little Nemo, un bimbo che, in sogno, compiva escursioni nel futuro, tra mostri surreali e miti dell’antica fiaba.

Buck Rogers di P. Nowlan, apparso nel 1929, e Brick Bradford di W.Ritt e C.Gray (1933) precedettero di poco la serie fortunata di Flash Gordon, creato da Alex Raymond (e pubblicato in Italia dall’Editrice Nerbini), cui non va disgiunta l’eco dei romanzi di Burroughs e del suo ciclo marziano.

Flash Gordon è il caso emblematico di come il fumetto fantascientifico possa far presa sul pubblico giovanile o su lettori di livello medio. Il protagonista, bellissimo, quasi immortale, sfiora continuamente la morte combattendo contro  Ming e i suoi seguaci, rappresentati da mongoli sotto un aspetto orripilante, quasi animalesco, privi di coscienza e di morale. Al successo contribuì non poco la presenza delle ‘donnine di Gordon’, le prime ‘stripteauses’ spaziali (oggi nei fumetti abbondano!), giovani fanciulle rappresentate in abiti discinti, vere Barbarelle dotate di fascino e di una certa carica erotica, un elemento che rappresentò un’indubbia presa sugli adolescenti, molti dei quali abituati, per costrizione paterna o materna alle castigate pagine del Cuore.

Era, comunque, quella dei fumetti una fantascienza di  routine, che appagava più l’occhio che la mente.

A ridimensionare il genere fantascientifico provvide l’intervallo bellico; molte testate di riviste scomparvero, le scorie (se non tutte) furono spazzate via e il dopoguerra assistette al nascere di una letteratura avveniristica rinnovata nei temi e negli schemi, fatta più adulta.

Già nel 1937 si avverte tale cambiamento allorché J.W Campbell junior assume la direzione della rivista “Astouding Science Fiction” (oggi “Analog”) e si impegna a pubblicare solo lavori di un livello letterariamente dignitoso e prettamente scientifico. Fu lui a scoprire e ad incoraggiare gli scrittori emergenti nel genere dai quali richiese capacità letterarie e aderenza ai temi scientifici.

Si notò subito che la parentesi bellica aveva smorzato in parte l’accento epico delle scoperte scientifiche, anche perché diventava sempre più difficile per uno scrittore anticipare con l’immaginazione realizzazioni che la scienza ufficiale stava già per mettere in atto.

Un’immediata differenza con l’epoca della Space-Opera è, nel dopoguerra, subito avvertibile: gli autori non si limitano più a descrivere avventure, bensì ad introdurre nell’avventura uno o più problemi rapportati all’uomo o alla società o all’ambiente.

Cominciano ad apparire domande inquietanti sui limiti, sulle possibilità della scienza, sul margine di sicurezza che le varie ricerche comportano.

La bomba su Hiroshima ridimensiona, con l’inserimento della morale sociale, quell’aspirazione ad un continuo progresso tecnologico e scientifico auspicato nel Seicento e nel Settecento.

Se apparentemente sembra che il campo fantascientifico venga in tal modo ristretto, in realtà esso viene addirittura ampliato col passaggio dalla descrizione di puri effetti della tecnica alle sue ripercussioni e alla sua incidenza sull’umanità. Temi nuovi si presentano quali i mutanti (un prodotto degli effetti delle esplosioni nucleari); i paradossi del tempo: l’esistenza di universi paralleli; la morte ecologica della Terra; la robotica.

Ma non basta perché, secondo Asimov, dopo gli anni Settanta, si ebbe una ulteriore rivoluzione nel genere, il quale rischiava di perdere lettori in quanto sia le conquiste tecnologiche cui l’uomo assisteva, sia le possibili conseguenze, avevano diminuito il “potere della meraviglia” e la fantascienza sembrava ridursi ad “una rivelazione indiscreta di segreti scientifici”. A riaccostare i lettori al genere  fu, pertanto,  non solo il livello letterario voluto e imposto ai suoi scrittori da Campbell (aspetto questo  sostenuto da Asimov, ma non interamente condiviso) (1) ,  quanto laspetto uomo-modificatore del suo pianeta e, quindi, evolutore della sua mentalità e della sua personalità.  I temi dellinconscio, dei miti religiosi, della psicoanalisi acquistano sempre più corposità nei racconti e danno vita ad una problematica nuova, creano negli scrittori nuovi modi di pensare e nuove preoccupazioni.

Tale impostazione comporta, però, un pericolo e cioè quello di incrementare il carattere chiuso che il genere ha e di rivolgersi sempre più ai solo iniziati.

Si può dire che con Campbell si concludevano due momenti caratteristici della letteratura fantascientifica: quello avventuroso e quello scientifico tecnologico.

Il primo con le sue guerre dei mondi, le invasioni di aliens, la battaglie tra pianeti, con le sue avventure incalzanti e la fantasia spinta fino agli estremi limiti (se limiti vi sono), aveva avuto il merito di attratte al genere adulti e ragazzi, di creare le premesse e il terreno più fertile dove seminare qualcosa di più consistente: cioè aveva anticipato il momento scientifico-tecnologico.

La previsione del futuro fu, invece, la parte più importante del secondo momento. Intervennero, infatti, a cimentarsi nellagone fantascientifico non solo scrittori dotati di molta fantasia e poca scienza, ma scienziati, ingegneri elettronici, studiosi di cibernetica, biologi, paleontologi, geologi, astronomi nei quali la scienza predominava e le idee audaci espresse non erano il frutto di elucubrazioni fantastiche, ma di geniali intuizioni.  Scrive J. Berger: A parte qualche rara eccezione, come il microscopio elettronico, non esiste nessuna invenzione o scoperta che la fantascienza non abbia previsto. Nella sola opera Ralph 124 C 41+, scritta da Hugo Gernsbach e pubblicata nel 1911, si trovano sessantacinque previsioni che si sono avverate in tutti i dettagli. Tali previsioni includono: il radar, il freddo artificiale, il nylon, lilluminazione fluorescente, lautomazione, la cibernetica…”. (2)

Dai primi due momenti si passa, infine, a quello sociologico verso cui sembra indirizzarsi lattuale fantascienza. In esso la visione del futuro costituisce lesasperazione di aspetti della presente società che viene esaminata con intenti critici.

E evidente che la suddivisione nei tre momenti non può essere considerata in assoluto perché i temi caratteristici di uno di essi si trovano spesso sovrapposti e intrecciati ad elementi che caratterizzano gli altri. Oggi la migliore fantascienza è una letteratura di idee che si diverte ad interpretare con paradossali estrapolazioni la realtà contemporanea, cercando nel contempo una pulizia letteraria capace di conquistare un pubblico sempre più  vasto.

Fare un bel romanzo o un bel racconto di fantascienza non è facile; ancor più difficile è fare dellarte, introdurre valori artistici nella fantascienza. Pochi autori vi riescono.

Analizzando i vari paesi che hanno unampia produzione in tale settore, si nota come la fantascienza russa appaia eccessivamente appesantita da intendimenti didascalici, da un troppo palese scientifismo e tecnicismo che ha il difetto di tener lontano il lettore poco preparato, quello che cerca nella lettura solo un gioco di idee o lavventura fine a se stessa.

LInghilterra mantiene una tradizione utopistica che risale a More, Swift, Orwell.

La fantascienza americana punta, invece, troppo spesso sulla contrapposizione di blocchi e quasi sempre i blocchi rappresentano ideologie che, seppur attribuite a mondi extraterrestri, adombrano quella americana e quella russa messe a confronto.

LItalia, come altri paesi europei, è stata contagiata tardi  dalla letteratura d’anticipazione e il genere vive non tanto per lapporto di autori nostrani, quanto per le traduzioni. Ciò non toglie che autori di un certo prestigio, come Italo Calvino, Primo Levi (sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila), Roberto Vacca, Gilda Musa, Giovanni Arpino, Dino Buzzati, Giuseppe Berto, abbiano offerto interessanti racconti e opere serie e impegnate.

Più copiosa forse, almeno in questi ultimi anni, è stata la produzione nel campo della letteratura giovanile dovuta alle opere  di M.Argilli, G.Colli, A. De Gislimberti,  A. Ferretti, M. Fracchia, S. Gigli, L. Isoldi Neroni, E. Libenzi, L.Landolfi,  L. Martini,, Vezio Melegari, E. Nardini Procopio, G. Padoan, G. Pitt, R. Quintavalle, A. Russo, D. Volpi.

La lista, non certo completa, di autori che hanno dedicato una o più opere al genere, testimonia la validità e la vitalità della fantascienza per ragazzi cui, in passato ha nuociuto la presentazione di opere troppo infantili, grossolane, che hanno allontanato i lettori, spingendoli a cercare quanto desideravano nelle opere per adulti, troppo spesso infarcite di una difficile terminologia scientifica o pseudoscientifica, simile alle formule magiche di negromanti medievali.

Wells e Verne ebbero un vasto pubblico in quanto ereditarono quei giovani che dalla fiaba o dalle leggende passavano ad un genere diverso e più complesso, ma sempre  fantasioso, dove la scopa era sostituita dal razzo, la bacchetta magica da una macchina fantastica, gli gnomi e i folletti da esseri ultraterreni e le trasformazioni dei personaggi da mutazioni genetiche o da mutanti. Il posto di un Mago Merlino veniva preso da uno scienziato circondato da storte, provette, calcolatori e macchine mosse dalle più impensate forme di energia.

Un limite al genere avveniristico nella letteratura per ragazzi è posto dal fatto che talune nozioni scientifiche necessarie alla costruzione di una trama, esulano dalla portata dei giovani perché non fanno parte del loro bagaglio di conoscenze. Per un autore trattare un argomento di fantascienza a livello ragazzi non è facile perché occorre dosare la parte scientifica ponendola in equilibrio, anzi facendone la base di una vicenda che deve essere cattivante e piena dazione. Ritenere che il ragazzo abbia ampie cognizioni scientifiche è errato; ma è altrettanto errato ritenere che non ne abbia affatto e quindi si pensare di poterlo impunemente imbrogliare con nozioni campate in aria, come ad esempio descrivere il rombo di una astronave nello spazio, quando è noto che nel vuoto i suoni non si propagano; o parlare di temperature al di sotto di cinquecento gradi, quando lo zero assoluto si ferma a meno 273 gradi.

Partendo da tale mistificazione della scienza, i detrattori della fantascienza hanno posto sotto accusa anche quegli scrittori che, pur fondando la vicenda da loro narrata su un dato scientifico esatto, hanno poi lasciato che la fantasia partisse dalla tangente e si  sbizzarrisse a suo piacere.

A tale proposito nel campo della letteratura per ragazzi occorre rifiutare non la fantasia più sfrenata, ma temperata da un senso morale e priva di pericoli, bensì quella che gratuitamente offre al giovane lettore personaggi mostruosi, terribili, capaci di creare un senso di paura e di angoscia; e anche quella che semina lidea che la sopravvivenza di un popolo sia possibile solo sterminandone un altro o che tutti i probabili popoli sparsi per la Galassia siano animati da sentimenti ostili e che di conseguenza debbano essere combattuti a suon di bombe atomiche o di raggi della morte.

Creare in un romanzo per ragazzi atmosfere del terrore, suspence terrificanti è sempre deleterio. Purtroppo alcune opere di fantascienza presentano il difetto di lasciare impressioni penose in spiriti giovanili in formazione.

La Space Opera americana aveva proprio questo difetto: creare tensioni controproducenti e avvelenare gli spiriti sia moralmente sia inculcando idee false, difficili da correggere in seguito.

Lostracismo, dunque, alla fantascienza per ragazzi?

No assolutamente. Il ragazzo che abbandona la fiaba perché non lo soddisfa più ha il diritto di trovare un corrispettivo in altri generi e la sola avventura non basta talvolta ad appagarlo interamente; occorre che il fantastico sopravviva.

A nostro parere è anche positivo il fatto che si possa dimostrare in un romanzo come levoluzione scientifica non controllata dalla ragione sia pericolosa e conduca fatalmente ad una involuzione dellindividuo

La descrizione di un futuro migliore, di una società migliore non può in alcun modo essere considerata deleteria e tanto meno deleterio è mettere  in evidenza le inquietudini, i timori dellindividuo di fronte  ad una futura guerra, sia essa terrestre o extraterrestre, e alle sue conseguenze.

Funzione della letteratura è quella di creare nel ragazzo non sogni dorati né morbose paure, ma di fargli prendere coscienza delle sue possibilità e dei suoi limiti. Superman, scienziati pazzi, mostri con  occhi dinsetto ecc. fanno parte dei feuilleton della Space Opera, possono talvolta anche divertire, mai costruire.

I vari Nembo Kid e Superman – i superuomini  in genere – non hanno nulla di positivo perché la loro invulnerabilità annulla la nobiltà danimo, vanifica il concetto di coraggio, crea la faciloneria illudendo il  lettore e facendo credere che la scienza può risolvere tutto senza rischi né sacrifici.

Costruirà, invece, quellopera che sarà capace di spingere il lettore a meditare o a sviluppare la curiosità verso certi aspetti della scienza, a riflettere sul futuro dei suoi simili.

 

 

 

(1)    Jean Gattegno, Saggio sulla fantascienza, Milano, Fabbri, 1973, p.21.

(2)    J. Bergier, La scienza e lavvenire, sta in Il Leonardo. Enciclopedia delle Scienze e della Tecnica, Firenze, Sansoni, 1962, p. 434.

 

 

 

 

CAPITOLO 6

CONSIDERAZIONI SU UN SONDAGGIO

 

Che cos’è per i ragazzi la Fantascienza?  (1)

Ecco le loro risposte.

 

-    Per me è un genere di lettura nato come divertimento, il quale riassume le speranze, le aspirazioni e anche le paure dell’uomo moderno in un’epoca in cui si pensa di aver scoperto tutto. Un genere che funge da stimolante verso  una nuova fese: la fede nel futuro.

 

-    La fantascienza è una cosa irreale che narra di cose fantastiche che si crede possano

     realizzarsi nel futuro.

 

      -   Sono racconti di scrittori che ambientano le loro storie nel futuro o su altri mondi e descrivono personaggi più o meno strani e credibili. E’ così chiamata perché in questi racconti la scienza non è quella reale, bensì quella inventata dalla fantasia degli scrittori.

 

-         E’ un incrocio di fantasia e di basi scientifiche dove la prima prevale. Il un racconto di fantascienza il 75% è di origine fantastica, privo di basi scientifiche. Solo in Asimov  fantasia e scienza si fondono con maestria.

 

-         Il libro di fantascienza è un prodotto commerciale che non esprime,se non in casi eccezionali, alcun concetto; è qualcosa di inutile che però possiede un tale magnetismo che ti spinge, dopo averne letto uno, a seguitare. E’ un po’ come i gialli.

 

-         E’ una fiaba: solo che i maghi sono sostituiti dagli scienziati e gli orchi sono esseri di altri mondi.

 

-         Sono avventure che si svolgono per lo più nel futuro o su altri pianeti. Talvolta si svolgono anche nel passato, ma  questo non è frequente.

 

-         E’ un insieme di notizie scientifiche e di avventure fantastiche impostate in un  rapporto di uno a dieci, in cui il risultato è a volte assai poco credibile.    

 

-         Sono avventure nello spazio, nel tempo o scoperte e invenzioni spettacolari e     straordinarie che possono mettere in crisi la civiltà.

 

Dalle numerose risposte al quesito che posi ai lettori della Biblioteca per Ragazzi Edmondo de Amicis, ho estrapolato quelle più significative.

I punti fissi che emergono dalle risposte – anche da quelle non riportate perché simili alle citate - sono: a) la costante del futuro: b) il non ben definito limite tra fantasia e scienza, tanto più che due degli intervistati hanno cercato di esprimersi in percentuale; c) l’avventura spazio temporale; d) una certa fiducia nel futuro della scienza; e) l’aspetto irreale dell’avventura; f) lo straordinario della scienza; una larvata paura della scienza stessa.

Quello, invece, che stranamente non è emerso dall’inchiesta è stata l’assoluta mancanza nelle risposte di un  qualsiasi accenno a quella che è la funzione delle macchine (astronavi atomiche o fotoniche, armi sofisticate, cervelli elettronici) che pure sono presenti in  quasi tutti i racconti fantascientifici.

Indubbiamente l’idea della macchina era sottintesa nella parola ‘scienza’ o, forse da un punto di vista psicologico, la macchina è così connaturata alla nostra società che non è valsa neppure la pena di accennarvi Eppure ciò che maggiormente attira il ragazzo  in un racconto di fantascienza – anche se inconsciamente non se ne avvede – è la presenza costante delle macchine e il fatto che l’uomo lavori in stretta simbiosi con esse. Anche se raramente viene messo in risalto (una delle poche eccezioni è 2001 Odissea nello spazio di A.C.Clark (tratto dal racconto Sentinel del 1951) la macchina è il protagonista principale, la divinità primaria che campeggia e che interviene per risolvere, far precipitare o annullare una situazione. La macchina può minacciare o aiutare, non importa; il ragazzo, però,  sa che di tutte le invasioni previste dagli autori di fantascienza quella che sino ad oggi si sia veramente verificata e che   abbia conquistato il mondo è l’invasione delle macchine, A tale fatto comincia ad abituarsi sin dalla nascita perché sin da quel momento le macchine, sotto tipi e forme diverse, cominciano ad essergli familiari.

A fianco di questa componente reale ne esiste anche una fantastica che vale ad attirarlo verso il racconto fantascientifico: è la libertà totale nell’invenzione che qualifica tali romanzi, la stesa libertà cui è abituato sin dalle prime lettura: quelle fiabesche. La fantascienza è un genere che, come quello della fiaba, permette tutto; qualsiasi invenzione è possibile, qualsiasi mondo è visitabile; qualsiasi universo è a portata di mano; ogni ipotesi, anche la più fantastica, è realizzabile.

Evadere dal reale per entrare nel fantastico è proprio della mente del ragazzo e questo non costituisce per lui un gioco – a differenza  dell’adulto - che gioca spesso a fuggir via dal mondo che lo circonda.

Esiste una distinzione netta tra il modo di leggere di un adulto e quello di un ragazzo; l’adulto legge per uscire dal giornaliero negozio, per dimenticarsi; il fanciullo legge per ritrovarsi e la pagina prediletta è quella che gli garantisce tutte le fantasie e i castelli in aria.

Qualcuno, e non a torto, ha definito la fantascienza “la fiaba del mondo moderno” e, infatti, come il bambino rimane affascinato ascoltando un racconto fiabesco, così l’adolescente vede nella scienza quella sorta di bacchetta magica che può permettergli l’attuazione dei suoi desideri. A lui le ultramacchine, i poteri al di là del possibile non paiono assurdi, ma verosimili; è una trasposizione in termini moderni di quanto avveniva nel mondo delle fate e dei maghi.

Gli scrittori di fantascienza per ragazzi poggiano appunto sul gusto della fiaba e dell’avventura conservato dall’infanzia, sicuri che la capacità di meravigliarsi non è estinta e che l’idea scientifica – regola essenziale del gioco – non costituisce un impaccio al libero movimento della fantasia. Occorre, comunque, una certa prudenza nel proporre tali opere ai giovani, ma non si deve neppure rimanere insensibili perché non essendovi una corrente esclusivamente loro destinata, questi sono portati a scelte arbitrarie nel campo degli adulti.  “Maxima debetur puero reverentia”: questa è la regola che gli scrittori per ragazzi debbono rispettare perché, come già detto, non si può in un romanzo di fantascienza non tener conto delle ipotesi scientifiche capaci di realizzarsi, solo così la fantascienza può essere formativa.

Purtroppo  anche in opere scritte appositamente per la gioventù le vicende rispecchiano con eccessiva evidenza per lo più temi e situazioni attinti dal presente come guerre, lotte, spionaggio ecc.  L’accostarsi ad esse si tramuta solo in lettura di evasione che difficilmente spingerà il lettore ad apprezzare in futuro opere valide e a sapere cogliere in esse il messaggio che l’autore ha voluto inserirvi. Il difetto su accennato è presente in molti libri: alcuni peccano anche di eccessivo infantilismo, altri sono una continuazione del mondo fiabesco con sostituzione di scienziati e macchine al posto di maghi o bacchette magiche; altri, infine, partendo da un breve cenno scientifico si rifugiano nel puro fantastico. Consola, però, il constatare che le recenti opere pubblicate si allontanano da questi difetti nell’intento di creare “una letteratura sana che, se è di buona qualità, può aprire ai giovani lo spirito e condurli più tardi ad apprezzare un genere difficile e formativo”. (2)

Si può ancora aggiungere che il genere fantascientifico è un vero pot-pourri che abbraccia molti altri generi letterari: vi confluiscono il giallo, il romanzo di spionaggio, il racconto avventuroso, il racconto sentimentale ma il tutto trasferito in una dimensione extraterrestre o fantastica che permette di trattare situazioni e sentimenti in modo del tutto libero e disancorato da ciò che condiziona un romanzo ambientato nel mondo reale.

Con questo non si giunge a sostenere che tali romanzi alimentino solo la fantasia a scapito di ogni insegnamento pratico.  Per ladolescente la vita vera sta nel futuro; comincerà quando si sarà liberato dalla scuola. Anche nella fantascienza più tecnologica egli ritrova impressioni di quella vita in cui riappaiono gli antichi problemi delluomo: amore e odio, vittorie e sconfitte, onore e vergogna; e sempre difficoltà, terrori, problemi e crisi di un mondo  che non gli è familiare, che lui non ha fatto e che non comprenderà mai a fondo. In breve, quanto è implicito in Chaucer, Shakespeare, Austen, Dickens, Shaw, Faulkner è  reso così esplicito dalla fantascienza che anche i lettori più sprovveduti non possono non recepirlo. (3)

Solo che rendere esplicito ai ragazzi attraverso un buon libro quanto è implicito nei grandi scrittori non è impresa facile; ed è per questo che i buoni libri di fantascienza in questo settore scarseggiano.

Una ragione di tale carenza è, come già detto, lelemento scientifico che caratterizza il genere. Un ragazzo in tal campo possiede poche, elementari, cognizioni per cui costruire per lui una storia comporta per lo scrittore un ridimensionamento delle sue idee e ridimensionamento, direbbe qualche critico, è sottoprodurre. In America ciò è avvenuto con la comparsa dei juveniles, romanzi di fantascienza scritti per ragazzi da autori (alcuni noti come Asimov e Heinlein) che si erano sempre occupati degli adulti. Si trattò di opere puramente commerciali in cui lautore, speso quel tanto che gli serviva per sacrificare alla scienza, si abbandonò interamente allavventura fine a se stessa. Uno degli errori più evidenti in cui tali autori caddero fu quello di credere che si potesse scrivere per i giovani e attirare la loro attenzione con linserire quale protagonista principale uno o più ragazzi. Nei fumetti ciò accade tuttora tanto che a fianco di Superman vi è Superboy, a fianco di Nembo Kid cè Robin e nella serie Atlas-Ufo Robot il protagonista principale è il giovane Actarus, affiancato da un altro ragazzo.

In romanzi di tal genere si ha il trionfo del ragazzo non in un mondo di coetanei ma in un mondo di adulti. Il ragazzo appare sempre il più forte, il più intelligente, il più deciso, quello che sa meglio sbrogliare ogni matassa e non in  base ad una solida conoscenza  scientifica o perché sia il più colto o il meglio informato, ma solamente perché è il più giovane. (4)

J. Van Herp parla  a questo proposito del triomphe du môme’, cercando di precisare quale sia il fenomeno sociologico che i libri aventi per protagonista un ragazzo provocano nel lettore-adolescente. A suo parere, leggendo tali libri, il ragazzo riesce a creare nella sua mente una figura del suo io più forte, più potente, più astuta dell’io di qualsiasi adulto. Ma solo nella sua fantasia riesce a conservare tale supremazia perché è conscio che nella realtà ciò altro non è che sogno.

Ma, ‘juveniles’ a parte esiste in America anche una letteratura fantascientifica per ragazzi, assai curata. Altrettanto curata può dirsi pure quella prodotta nei paesi dell’est dove però l’attenzione degli autori – come già notato - tende più a educare e a istruire che non a divertire.

Per quanto concerne i paesi europei, Germania e Francia hanno produzioni per ragazzi. Quella francese risale addirittura  ai primi del Novecento, sulla scia della tradizione verniana che per lungo tempo ha permesso una copiosa proliferazione di epigoni.

Gli editori italiani, a differenza dei loro colleghi inglesi, americani e russi, solo nel 1952 si preoccuparono di sviluppare e incrementare – ma solo a livello adulti – questo nuovo genere. La prima rivista fantascientifica  “Scienza fantastica” fu pubblicata a Roma nell’aprile del 1952. Era diretta da Lionello Torossi e stampata dall’Editrice Krator di Roma e conteneva racconti e romanzi a puntate americani e italiani. Ne furono pubblicati solo 7  numeri tra il 1952 e il 1953.

Il 10 ottobre dello stesso anno la Mondadori varò la rivista “Urania. Avventure nell’universo e nel tempo”, diretta da Giorgio Monicelli, inventore del fortunato neologismo “FANTASCIENZA”. Inizialmente affiancava la collana “I romanzi di Urania”. Su di essa vennero pubblicati racconti di un certo rilievo, scelti tra le ristampe che già si stavano facendo in America. Durò poco: ne furono pubblicati 14 fascicoli perché il pubblico italiano dimostrò di gradire più i romanzi della collana omonima, iniziata contemporaneamente alla rivista  con la pubblicazione del romanzo  Le sabbie di Marte di A.C.Clarke e che  continua ancor oggi ad essere pubblicata.

Una fantascienza, quindi, ancora in fase organizzativa e con scarso interesse da parte degli scrittori italiani, nonostante qualcuno avesse già ‘sconfinato’ nell’area  del fantastico della scienza. Chi ha dimestichezza colo genere può attribuire la causa di tale disinteresse al fatto che il romanzo fantascientifico può trovare un ampio sviluppo e un terreno fertile in particolar modo in società e culture (vedi quella americana e quella russa) ad alto livello tecnico e scientifico, una condizione non facilmente riscontrabile nell’Italia del primo dopoguerra.

Inoltre nell’impatto con la cultura umanistica radicata nel nostro paese, tale letteratura fantastica non poteva avere che la peggio.  Scrive Roberto Senesi: “Non si ricordano in questa tendenza né veri e propri capolavori, né opere che, dovendosi magari considerare ‘minori’, possano essere assunte oggi a più o meno lontani esempi a cui riferirsi. Né un Cyrano di Bergerac, né un Rabelais, né uno Swift, né un Blake, né un Hoffman, un Poe, un Carrol. Non sono che pochi nomi. Se ne potrebbero citare a decine nel Seicento, nel Settecento nella fase neo-gotica, nel periodo simbolista…”, (5) ma mancano nella letteratura italiana.

E per riscontro anche la letteratura giovanile ha risentito di tale situazione per cui, pur appellandosi ed elementi scientifici, gli scrittori li hanno spesso utilizzati in modo molto lieve, quasi come un catalizzatore del racconto, una vera e propria “spugna di platino” che deve essere presente nella reazione tra la realtà e la fantasia, ma che non prende minimamente parte a tale reazione.

Molti libri per ragazzi dimostrano tali limiti e si riallacciano – anche nelle intenzioni dell’autore – al genere prettamente fiabesco nonostante quel ‘quid’ scientifico li allontani dalla fiaba tradizionale per accostarli ad una fiaba di tipo moderno una ‘fantafiaba’, termine che solo all’apparenza è sinonimo di fiaba, ma in cui il prefisso “fanta” serve a dare quello spunto che sa di scientifico e che conferisce un aspetto diverso al racconto fantastico.

Lolli di Giana Anguissola ne è un tipico esempio, così come certe fiabe di Rodari, Melegari, Arpino, ecc. le quali prendono spunto da un dato scientifico, ma se ne valgono come di una semplice componente per conferire  alla fantasia un aspetto più moderno.

 

 

 

CAPITOLO SETTIMO

SCRITTORI ITALIANI PER RAGAZZI

 

Emilio Salgari

 

Rispetto a molti paesi europei il libro per ragazzi nacque in Italia con molti lustri di ritardo e rimase per lungo tempo ancorato a modelli moralistico-illuministici e ad una tradizione di sapore settecentesco.  Pochi gli autori che riuscirono a scrollarsi di dosso tale pesante bagaglio per offrire ai ragazzi un prodotto valido e loro congeniale e  per ciò altrettanto difficile rintracciare tra essi qualcuno che sulla scia di Verne o di Wells abbia trattato argomenti che oggi rientrano nel genere fantascientifico o che almeno abbiano qualche attinenza col genere. Lo sviluppo della fantascienza è direttamente proporzionale al processo dello sviluppo tecnologico e scientifico di una nazione e in Italia tale processo poté iniziare solo dopo l’unificazione di tutta la penisola e dopo il necessario periodo di assestamento per questo dobbiamo risalire agli ultimi decenni del 1800 per trovare una parvenza di “letteratura romanzesca a base scientifica”, come la definisce Vincenzina Battistelli.

Hugo Gernsback  nel 1911 anticipò e previde  nel suo libro già citato Ralph 124 C 41 + , considerato una specie di libro di profezie, situazioni future. Ma prima di lui, alcuni autori, di cui due italiani,  lo precedettero: Agostino Della Sala Spada, il quale pubblicò nel 1874 con i tipi della Tipografia del Giornale “Il Monferrato” il romanzo  Nel 2073! Sogni di uno stravagante; Jules Verne  con il racconto Nel XXIX secolo. La giornata d’un giornalista americano nell’anno 2889, uscito postumo sulla rivista americana “The Forum” e Emilio Salgari che nel 1907 diede alle stampe Le meraviglie del Duemila.

Di questi tre autori quello più vicino al mondo dei giovani è indubbiamente Salgari.  Scrittore poliforme, nella sua abbondante produzione tra pirati e corsari, indiani e tigrotti, esploratori e avventurieri, non poteva mancare un libro con intreccio fantastico-scientifico.

Sebbene le conquiste del progresso e i marchingegni più sofisticati già appaiano qua e là nelle opere del veronese , basti pensare all’aeronave “Sparviero” de I figli dell’aria o alla possente nave “Il re del mare” dell’omonimo romanzo, stupisce che solo un libro sia stato dedicato  dal prolifico scrittore ad un genere che Verne e Wells, attraverso numerose traduzioni, avevano fatto conoscere anche in Italia.

Una delle spiegazioni più plausibili è il carattere stesso della produzione salgariana unitamente al momento psicologico-sociale che la nazione stava attraversando. Agli inizi del ’900 l’Italia era fatta, ma non come la maggior parte degli italiani si attendeva: molti si sentivano frustrati e traditi da una monarchia che si era strettamente legata solo alla ricca borghesia. Si avvertiva pertanto il bisogno di evadere dalla realtà, di buttarsi alle spalle ristrettezze, paure, preoccupazioni e di immergersi nel sogno procurato dai numerosi romanzi di appendice o dai romanzi di avventure, entrambi sempre legati ad un ambiente reale, anche se spesso esotico.

Salgari scrisse inizialmente le sue avventure indirizzandosi verso gli adulti che leggevano il quotidiano “Arena” e “La Gazzetta di Vicenza”  e nei suoi racconti si sentiva più attratto dal fantastico che poteva anche diventar reale che non dal fantastico puro, quindi un viaggio nel futuro o in mondi sconosciuti poteva tentarlo una volta e non di più.

Nel volume Le meraviglie del 2000, apparso nel 1907, l’autore brucia tutto il materiale a sua disposizione e offre al lettore un susseguirsi incalzante (forse troppo) di trovate, scoperte, spunti, suggerimenti che fanno dell’opera un libro non riuscito e perciò poco noto.

J.Van Herp in  un suo saggio apparso su “Litterature de Jeunesse” (1)  afferma che ogni scrittore di fantascienza gode di una libertà totale, potendo inventare nuovi mondi, nuove società, una scienza nuova, nuovi universi. Lo scrittore di fantascienza è padrone delle leggi fisiche, morali, sociali; non ha, quindi, limite alcuno. Ma raramente egli usa tale completa libertà e ciò per ragioni diverse, prima fra tutte la necessità di guadagnarsi pane e companatico. Egli deve amministrare saggiamente il suo bagaglio di idee per svilupparle e farle fruttare singolarmente. Chi le brucia tutte in unopera sola cade inevitabilmente nel silenzio.

E Salgari avrebbe dovuto appartenere alla categoria dei parsimoniosi perché, sostiene la Battistelli, egli scriveva per la fame più che per la fama, ma stranamente bruciò tutto in un unico volume.

Unaltra spiegazione della scarsa presenza di romanzi a base scientifica nella produzione salgariana la si può riscontrare nel fatto che il veronese non era sostenuto da alcuna preparazione tecnico-scientifica alla Verne e affrontare altre storie sarebbe stato assai arduo.

Il  Salgari che traspare attraverso le vicende di Le meraviglie del  2000 è un autore diverso da quello solitamente conosciuto, teso più a destar stupore che non ad abbandonarsi allavventura esotica, la quale, pur presente, affiora solo nelle ultimissime pagine, quando tutto lo scientifico è già stato detto.

La vicenda narrata è oltremodo m semplice. In parallelo con lopera di Wells, When the Sleepper Wakes ( Quando il dormiente si sveglierà, 1899) – che probabilmente Salgari dovette conoscere – lautore immagina che lo scienziato Toby e il giovane Brandok, il solito inglese ricco e ammalato di spleen , figura tipica in molti romanzi salgariani, siano prima immersi in un lungo sonno catalettico provocato dallazione soporifera di una pianta e poi ibernati in una cupola a tenuta stagna per essere svegliati dopo cento anni.  La società in cui si ritrovano a vivere è completamente diversa da quella conosciuta e interamente dominata dallelettricità e dal tecnicismo spinto alleccesso.  Molte  speranze vagheggiate allinizio del secolo, molte aspirazioni, molti desideri inappagati trovano una risposta nella società del futuro dove luomo, liberato dalla macchina da ogni fatica, vede il cibo arrivargli direttamente sul tavolo; il giornale gli viene letto da una macchina non appena squilla una radiosveglia, mentre la visione delle notizie appare su uno schermo televisivo; la luce e il calore sono prodotti da una piccolissima e praticamente inesauribile fonte di energia fornita dal radium; le distanze sono abolite dalla velocità dei mezzi di trasporto sia aerei, sia navali, sia terrestri.

Anche i rapporti tra le varie nazioni sono stati risolti non perché luomo abbia compreso il vero significato della pace e ne abbia applicato i principi, ma perché la guerra ha ucciso la guerra. Lultima battaglia combattuta per mare e per terra fra le nazioni americane ed europee è stata terribile, spaventevole, ed è costata milioni di vite umane, senza vantaggio né per le une, né per le altre potenze. Il massacro è stato tale da decidere le diverse nazioni del mondo ad abolire per sempre le guerre. E poi non sarebbero più possibili. Oggi noi possediamo degli esplosivi capaci di far saltare una città di qualche milione di abitanti; delle macchine che sollevano delle montagne; possiamo sprigionare, con la semplice pressione di un dito, una scintilla elettrica trasmissibile a centinaia di migliaia di distanza e a far scoppiare qualsiasi deposito di polvere. Una guerra, al giorno doggi, segnerebbe la fine dellumanità: la scienza ha vinto ormai su tutto e su tutti. (3)         

Ma lo stato di benessere e di sicurezza  che Salgari immagina non è affatto positivo. La divisione del capitale continua a sussistere e alle classi abbienti che si possono permettere elicotteri e comodi viaggi sino al polo o contatti per via radio con i marziani, fanno riscontro minoranze abbandonate a se stesse o emarginate, lasciate lentamente morire per consunzione.

La visione politica salgariana di come sarà lassetto mondiale del Duemila è semplicistica e improntata agli ideali borghesi del primo Novecento. Poiché lelettricità ha ucciso il lavoratore tutti gli uomini sono ritornati allagricoltura e alla pesca per cui la lotta operaia non ha più ragione di esistere; il partito socialista è scomparso dopo una serie di esperimenti che hanno scontentato tutti e contentato nessuno. Era una bella utopia che in pratica non poteva dare alcun risultato, risolvendosi infine in una specie di schiavitù. Così siamo ritornati allantico, e oggidì vi sono poveri e ricchi, padroni e dipendenti come era migliaia di anni prima e come è sempre stato dacché il mondo cominciò a popolarsi. Qualche colonia tedesca e russa sussiste nondimeno ancora, composta da vecchi socialisti che coltivano in comune alcune plaghe della Patagonia e della Terra del Fuoco, ma nessuno si occupa di loro, né hanno alcuna importanza, anzi, vanno scomparendo e poco a poco(4)

Curioso è lassetto europeo e  mondiale preconizzato. Langlofobia salgariana sempre presente e lo spinge a mutilare (e in ciò è stato buon profeta) lInghilterra di tutte le sue colonie divenute Stati indipendenti; la Russia governata dallimperatore Alessio III si è ristretta in più limitati confini ed ha rinunciato allautocrazia a favore di una Camera e di un Senato; lItalia, la più potente delle nazioni latine, ha riavuto Malta, Nizza, la Corsica, il Trentino, lIstria e la Dalmazia. Unica incognita la Cina perché, spiega il cicerone del Duemila, a causa della prolificità dei suoi  abitanti il mondo minaccia di divenire tutto giallo (5)  

Salgari, a differenza di Wells che partecipa alle vicende del suo personaggio Graham, i suoi dormienti che si risvegliano dopo due secoli di sonno ininterrotto, rimane semplice spettatore e commentatore delle vicende, preoccupandosi unicamente delle meraviglie e facendo ad ogni pie sospinto esclamare ai suoi attoniti protagonisti: Quali meravigliose scoperte! E incredibile! E un sogno!  Mi pare impossibile! Stupefacente! e così via.

Di analogo nei due autori cè la visione di un mondo futuro in cui i problemi delluomo non saranno minimamente risolti né i mali fugati.

Dopo lavventura finale sullisola delle belve, il romanzo precipita improvvisamente e si spegne in pochissime pagine con la pazzia che colpisce i due viaggiatori del futuro non abituati a vivere in una atmosfera satura di elettricità.

Le prospettive per lumanità descritta da Salgari non sono rosee. Leccesso delle nascite sulle morti, lecologia in sfacelo e lintenso sviluppo demografico rischiano di soffocare la Terra che non potrà più offrire risorse e non so come se la caveranno i nostri pronipoti fra  altri cento anni, a meno che non tornino, come i nostri antenati, allantropofagia . (6)  Sembra quasi che Salgari abbia davanti agli occhi il volume di Wells La macchina del tempo, aperto là dove vengono descritti i Morlocks

Salgari non si può certo definire un autore di fantascienza, e se si accostò al genere lo fece, forse, per volersi misurare, sia pure posteriormente, con Verne .

Nella sua esigua produzione possono rientrare ancora altre due opere: 2000 Leghe sotto l’America (1888) e Attraverso l’Atlantico in pallone (1896), che prendono spunto dai  verniani Viaggio al centro della Terra e Cinque settimane in pallone,   e  tre brevi racconti: Alla conquista della Luna, La stella filante e L’isola delle settecittà (più conosciuto con il titolo L’isola del Mar dei sargassi).

I due romanzi e tre racconti sono, a mio  avviso, inseribili più in un contesto avventuroso che fantascientifico.

Perché inserire il suo nome nel genere fantascientifico italiano?

Semplicemente perché il suo “carisma avventuroso” fu trainante in quegli anni per i romanzieri nostrani, molti dei quali seguirono le sue “orme avventurose” e altri, come Luigi Motta, furono attratti anche dalle “sue orme fantascientifiche”.

 

YAMBO  (Enrico Novelli)   

                                              

Verne, Robida, Poe e, un po meno Wells si ritrovano, con altro stile e in unottica diversa, più satirica e caricaturale, in Yambo (Enrico Novelli), un toscano umorista acuto, brioso pupazzettista, polemista vivace (7) il quale  fin da giovinetto, come egli stesso lasciò scritto, si appassionò a due grandi barbe: Flammarion e Verne. (8)

Eclettico per natura, nato e cresciuto nella sua fanciullezza sulle assi dei teatri, si portò addosso il gusto della teatralità e dei travestimenti con la tendenza delliperbole e dellenfasima senza esaltarsi e mantenendo un ironico distacco delle creature che metteva al mondo. (9)

Nella sua produzione per ragazzi toccò i vari generi: lo storico patriottico (Rivincita di Lissa. Il piccolo fante di Santa Gorizia), lavventuroso-salgariano (Il tesoro degli Incas, un anno in velocipede), il fantasioso-collodiano (Burchiello, Le avventure di Ciuffettino, Mestolino), lavventuroso-tragico alla Poe (Il manoscritto trovato in una bottiglia), lo sportivo (Io voglio essere campione di), il meraviglioso-fantascientifico (La colonia Lunare, Atlantide.I figli dellabisso, Gli esploratori dellinfinito, Latomo. Storia di un mondo invisibile) e, buon ultimo, il fantastico  umoristico (Luovo di pterodattilo) .

Limpatto con un  racconto di fantascienza da parte del ragazzo italiano nei primi decenni del Novecento, ancora imbevuto delle pagine di De Amicis, della Perodi, di Bertelli, della Pezzé Pascolato, della Baccini, significava la scoperta di un qualcosa di nuovo, di strano di scioccante che poteva attirare o respingere. E Yambo se ne rende conto quando nella premessa al suo  libro Gli esploratori dellinfinito. Racconto fantastico si rivolge a Tutti coloro che qualche volta alzano il naso verso il cielo stellato,- scrive - : Questo libro non è un libro. E uno scherzo, una bizzarria, un passatempo, un sogno illustrato a colori. E una cosa indefinibile e assurda che farà sbalordire la gente; è, infine, una sfida allo spazio, al tempo e al buon senso. Ma larguto lettore vorrà vedere qualche cosa a traverso il velo sottile tessuto di indifferenza e di gaiezza, che forma la trama del mio racconto: e scommetto che, a furia di aguzzare gli occhi, finirà per scorgervi un significato qualsiasi. Tanto meglio, Poiché un significato in questa serie di stramberie cè. Soltanto per trovare quello vero ci vuol tempo: più tempo che non sia occorso ai miei eroi per percorrere lInfinito, dalle regioni sfolgoranti del Sole ai confini tenebrosi dellUniverso. Merita il conto di perdere le ore in tale ricerca? Chi sa? Provatevi, cortesi amici dItalia: ma se dopo qualche terribile sforzo intellettuale non foste riusciti a nulla, non mandate al diavolo il vostro Yambo. (10)  

Quale migliore e umoristica  definizione della fantascienza!

E dopo tale premessa, in un clima gaio, pervaso di sottile umorismo che caratterizza buona parte della produzione del toscano, si snoda la trama de Gli esploratori dellInfinito dove avventure fantastiche si intrecciano ad un tessuto divulgativo, rendendo meno arida lesposizione dei dati o, come li definisce Yambo gli elementi etici e fisici.

La trovata iniziale con cui si apre la vicenda non è per nulla peregrina e il viaggio a bordo di un asteroide piuttosto che unastronave non è fatto che stupisca oggi i cultori del genere. Nel 1976, in una serie di film televisiva dal titolo Spazio 1999, un gruppo di terrestri viaggia per tutto luniverso a bordo della Luna, strappata dalla sua orbita terrestre da una violenta esplosione nucleare. (11)

Analogo inizio ha pure lopera di Yambo. Su un asteroide gravitante attorno alla Terra si imbarcano un ricco misantropo americano desideroso di estraniarsi dal mondo; il suo segretario, cui piace divertirsi, oziare e spillar quattrini al suo datore di lavoro e una banda di falsari che ha trovato comodo impiantare sullasteroide una zecca clandestina in piena regola. Una improvvisa esplosione che proietta il piccolo mondo in unorbita ellittica segna linizio di un viaggio attraverso il sistema solare, durante il quale lautore versa a profusione una gran quantità di nozioni e di notizie legate ai vari mondi che ruotano attorno al Sole.

Nella narrazione non mancano elementi puramente fantastici come i marziali, uno sparuto gruppo di esseri provenienti dal pianeta rosso, i quali convivono con i terrestri per quasi tutto il viaggio.

La maggior parte dei dati astronomici sono tratti da opere di divulgazione pubblicate nei primi del Novecento, prima fra tutte quella di Camillo Flammarion per il quale Yambo dovette avere una speciale predilezione se nel romanzo Atlantide diede ad uno dei protagonisti il nome di Valeriano Flammarion, uno scienziato che si firmava parente alla lontana del celebre Camillo.

Nella lettura del volume è da notare come la parte astronomica non comprenda nellelenco dei vari pianeti Plutone. Ciò è spiegabile col fatto che tale pianeta venne osservato per la prima volta solo nel 1930 da C.W.Tombaugh; inspiegabile, invece, il fatto che Yambo in un’edizione del 1933, in una nota scritta dopo la prefazione, non dia notizia di tale scoperta e scriva: Il problema delluniverso è rimasto oggi come era impostato in quel tempo [1906]. Nessuna scoperta sostanziale è venuta a modificare in qualche modo gli elementi etici e fisici.

Nellopera Atlantide. I figli dellabisso (12)  in cui, a differenza di quanto avviene in Gli esploratori dellinfinito,lavventura prevale sulla parte scientifico-divulgativa. La vicenda prende lavvio dallaggancio di uno strano oggetto da parte dello  scandaglio della nave Condor. E linizio di un’avventura che porterà i professori José Oliveira e Valeriano Flammarion, insieme ai marinai Don Luis e Don Pablo, alla scoperta sotto lOceano Atlantico del mitico continente un  tempo governato dalla regina Antinea.

Il romanzo, per chi conosce le opere di Verne, non presenta novità alcuna per quanto concerne la parte relativa allesplorazione sottomarina in quanto il batiscafo Narvalo di Yambo è gemello del Nautilus.  

Neppure il viaggio attraverso le viscere della Terra alla ricerca di Antoro, la capitale del continente Atlantide, offre grandi novità perché ricalca le esperienza del professor Lidenbrock, protagonista del  Viaggio al centro della Terra.

Yambo ha riunito in un solo romanzo alcune situazioni che il francese aveva, invece, più diffusamente e scientificamente trattato in due opere distinte. Che Yambo mentre scriveva avesse presente Verne lo testimoniano alcune analogie quali la presenza di una scritta misteriosa che guida gli esploratori; la discesa nella profondità del pianeta a bordo di una lastra di pietra (in Verne si trattava di risalita sullo stesso mezzo attraverso un camino vulcanico); lincontro - sebbene in Yambo solamente sognato – con animali delletà mesozoica; il carattere dei due principali protagonisti, José e Valeriano, entrambi irascibili, biliosi, megalomani, simili al verniano professor Lindenbrock.

Di diverso cè il pubblico  cui il libro è indirizzato: Yambo scrive intenzionalmente per ragazzi e lo afferma nella prefazione:”… oggi chio mi accingo a ripresentarlo in nuova veste alla gioventù dItalia, io non so liberarmi da un senso di affettuosa tenerezza per questo strano racconto, che mi  ricorda io gai giorni nei quali riflettevo meno e lavoravo di più.

E tale scelta di pubblico condiziona non di rado lautore perché in qualche pagina si avverte che Yambo, suo malgrado, si sente costretto ad interrompere il racconto per inserire inserti divulgativi, presentandoli sottoforma di descrizioni, di dialoghi o di discorsi. Il pericolo in tali casi di apparire noioso o addirittura pedante è superato dal toscano che si avvale dellarma dellironia con cui investe personaggi, situazioni e che gli serve per temperare le tirate istruttive.

A mo desempio basta la lunga lettera che apre  lVIII capitolo nella quale, per spezzare il ritmo accademico, lautore interviene con note ironiche quali non ho capito bene che cosa abbia inteso di dire con queste parole difficili lillustre Flammarion, ma non mi addolorerò per così poco; Meno male anche questa volta labbiamo scampata bella! ( frase detta a proposito di una serie di esempi che lo scrivente doveva presentare al lettore e decide, invece, di soprassedere).

Il legame con Verne già evidenziato nelle due opere precedenti, si accentua vieppiù in La colonia lunare (13),  apparso nel 1908 e dedicato a Ugo Ojetti; e ad esso si affianca un legame nuovo, quello con Wells.

Dallopera del francese Yambo coglie anche altri spunti,  come ad esempio la descrizione di un bosco lunare formato da una flora gigantesca dove prevalgono funghi enormi, simili a quelli che Verne descrisse nel Viaggio al centro della Terra. Così li descrive Yambo: non hanno meno di sei, otto metri di altezza e il loro cappello misura venti e più metri di circonferenza (14).  Così li descriveva Verne: Si trattava qui di funghi bianchi, alti dai dieci ai quindici metri, aventi una calotta di diametro uguale. (15)

In comune con linglese vi è, invece, lidea del mezzo di propulsione per portare una astronave sulla Luna: in Wells la cavorite, un materiale capace di sottrarsi alla gravità terrestre; in Yambo la polvere di proiezione, un minerale straordinario che i raggi solari attirano come la calamita attira il ferro. Per cui esponendo tale polvere, contenuta in una gigantesca sfera di cristallo,  ai raggi del sole, lastronave, collegata alla sfera, si innalza nellaria a velocità prodigiosa riuscendo ad approdare sul suolo lunare.

E questo linizio delle avventure affrontate dal professor Christian Schauenburg, da suo nipote Otto, dalla bionda cugina Gretchen (altra analogia con i personaggi verniani: Otto Lidenbrock, suo nipote Axel e la pupilla, la bionda Grauben di Viaggio al centro della Terra) e da un folto gruppo di uomini che formeranno il primo nucleo della colonia lunare.

Avventure e descrizioni, fantasia e divulgazione scientifica, si dipanano per oltre trecento pagine senza mai cedere alla stanchezza o alla prolissità in virtù della sottile vena di umorismo e di una punta satirica che pervade la pagina di Yambo e che ricorda sia nello scritto, sia nelle illustrazioni – eseguite dallautore – lopera del francese Robida.

Anche nella Colonia lunare, come in altre opere del toscano, lintento non è solo quello di divertire o di stupire. Non poche pagine inneggiano allardimento, esaltano il rischio, premiano laudacia. E non solo: le figure dei personaggi principali – il professor Oliveira e Flammarion di Atlantide, Harry Stharr di Gli esploratori dellinfinito, il professor Schauenburg di La colonia lunare e la stessa Elka, la regina della Valle nera del romanzo Latomo – rappresentano altrettanti capi autoritari, dispotici che preludono a quello che di lì poco sarà il modello fascista, di colui che impone ad ogni costo le sue idee. Non a caso a distanza di tre lustri dalla comparsa di La colonia lunare da personaggi fittizi e inventati quali quelli citati si passerà in Italia ad una dittatura sotto Mussolini.  Yambo in quel periodo darà alle stampe unopera significativa: Ciuffettino fascista.

LAtomo. Storia di un mondo invisibile, scritto nel 1922, si presenta, almeno nella concezione scientifica che sorregge la vicenda, alquanto diverso dalle precedenti storie. Dai viaggi nellinfinitamente grande si passa ai viaggi nellinfinitamente piccolo.

Lipotesi su cui è costruita tutta la storia è decisamente affascinante e lo studio sulla costituzione molecolare e atomica (vedi il capitolo terzo, parte seconda), attribuito al protagonista, Leone Guardi, denota da parte di Yambo un appassionato interesse per la teoria della relatività che Einstein proprio in quegli anni stava mettendo a fuoco. Lopera, infatti, si basa su due assiomi. Il primo dice che: NellUniverso non sono grandezze reali, sì bene relative: e quando noi diciamo, ad esempio, che il Sole è un astro enorme, non affermiamo cosa esatta, poiché lo paragoniamo al nostro mondo ed a noi; e perciò dovremmo dire semplicemente: il Sole è un astro, un milione e trecentomila volte più grande della Terra. (16) . 

Nel secondo assioma si sostiene che: anche le grandezze delle cosiddette molecole è  relativa: può darsi benissimo che tutto il nostro sistema planetario, le stelle ed i soli, che noi scorgiamo col cannocchiale nelle profondità celesti, non sieno che altrettanti atomi rispetto ad organismi di grandezza incommensurabile: può darsi, insomma, che nellocchio grossolano di un gigantesco uomo, nato su un mondo immenso, tutto quello che noi chiamiamo pomposamente universo, appaia come un ammasso solido: od anche che il nostro preteso universo, faccia parte di qualche straordinario organismo, come una semplice aggregazione molecolare. (17)    

Partendo da tali assiomi Yambo immagina che il suo protagonista rimpicciolisca a tal punto da divenire la molecola di un atomo [N.d.c. forse Yambo intendeva latomo di una molecola] e di poter viaggiare così tra gli spazi intramolecolari per visitare qualche mondo atomico. Ogni atomo per Yambo è un mondo a sé, abitato da creature, animali, piante, governato da leggi simili alle nostre,  Ed è su uno di tali atomi, il pianeta Rotor, che capita Leone Guardi e il suo cane Lallo, nel momento in cui è in atto una guerra tra due popoli.

La difficoltà dellargomento trattato, oltre allesposizione della teoria atomica, consisteva pure nel trovare un mezzo per rimpicciolire il visitatore e farlo viaggiare tra atomo e atomo. La soluzione adottata è oltremodo semplicistica e ricorda quella di Edgar Rice Burroughs che fa viaggiare John Carter dalla Terra a Marte semplicemente attraverso il sogno.

Yambo per il suo Leone Guardi usa lo stesso accorgimento, infatti, immersolo in un sonno profondo e liberatolo dallinvolucro materiale, lo fece viaggiare verso le inesplorate regioni del Mistero. (18) 

Se poi lo ritroviamo sul pianeta Rotor in corpo oltre che nello spirito poco male. Dante non si preoccupò eccessivamente di spiegare una situazione analoga!

Un’ultima opera di sapore è più misterioso, pauroso, allucinante oltre che fantascientifico è Il manoscritto trovato in una bottiglia, un omaggio che il toscano volle fare ad uno dei suoi autori preferiti, E. A. Poe, e al suo romanzo marinaresco Gordon Pym.

Solo nella parte finale il romanzo acquista il sapore del fantastico con la descrizione di un bosco di piante carnivore, provviste di occhi, di radici serpentiformi, di rami tentacolari e capaci di muoversi,  come i futuri trifidi di John Wyndam.

Il racconto, forse per la suggestione della lettura del Gordon Pym, si presenta completamente diverso dai precedenti e ci offre un Yambo inedito. Non più il garbato umorista, non più l’ottimista che tende allieto fine, l’uomo che ha fiducia nel mondo e nelle sue risorse, ma un Yambo tormentato e teso verso il dramma. Unico momento di relaxe e di pausa idilliaca è l’amicizia che nasce tra due giovinetti, Pablo ed Ellen, ma la tragedia riprende subito il sopravvento e l’orrore conclude l’opera.

“Ed ecco  levarsi dalle onde oscure una cosa informe, lunga, verdastra, irta di spine, che ondeggia un istante nell’aria e scompare, presso la chiglia della barca, con una specie di sordo fremito. La navicella oscilla fortemente qualche secondo, poi ritorna immobile.

E subito la voce di Ellen che grida: “Laggiù… i mostri… oh!il mio sogno… il mio sogno! Ah! Quello che i miei occhi vedono, la ragione si rifiuta di crederlo… La boscaglia è in moto verso la spiaggia! Nell’aria si agitano terribilmente lunghi tentacoli, corpi vermicolari, mandibole titaniche. E la incredibile legione di mostri odiosi, ripugnanti, sembra volersi riversare su di noi per assorbirci, per annientarci… La mia mente vacilla! Dovremo sostenere una lotta contro quelle membra viscide, ignobili, possenti e grottesche: dovremo sostenere quegli sguardi fissi, vitrei, di una stupidità feroce, implacabile!... Dovremo mescolare il nostro sangue al liquido sozzo che colerà dalle loro ferite… Dovremo esalare l’ultimo respiro tra il dolore e il ribrezzo nella visione raccapricciante di quelle braccia fusiformi, morbide, tepide… unite da un lurido aggrovigliamento… No, no, impossibile, bisogna liberare la barca! Adesso mi getterò in mare e accetterò la lotta con l’essere misterioso e formidabile che ci tiene prigionieri, quasi per un secreto, infame accordo con l’esercito delle chimere che si avanza sempre, lentamente, inesorabilmente, frusciando.

Mentre scrivo con velocità febbrile, le ultime parole del mio giornale, la povera Ellen, vinta da uno spasimo di dolore, sviene tra le braccia di Pablito.

Approfitterò di questo momento per scivolare  in acqua… Egli non mi guarda… e non mi seguirà! Potessero almeno salvarsi, quei cari figliuoli… Per me è finita… E se queste pagine…”(20)

Decisamente la tragicità con cui Yambo chiude il romanzo è più accentuata rispetto a quella di Poe.  La chiusa del Gordon Pym di Poe  è meno cupa forse per la presenza della altissima bianca visione di una figura umana gigantesca, velata, di proporzioni molto maggiori di quelle di un qualunque abitante della Terra. E una visione improvvisa e inattesa che lascia il lettore perplesso e disorientato nel cercare una risposta, una ragione di quella presenza, il perché di quel problema che Poe pone e volontariamente non risolve. Chi è quel vecchio? Mistero! Ma con quella visione il momento tragico viene mitigato e ridimensionato. Lo stesso non si può dire della chiusa di Yambo.

A proposito del romanzo, così in un suo articolo scrive Elio Nuti sulla rivista LG ARGOMENTI (20) Ma nel 1905 Yambo offre una prova ancor più concreta del suo entusiasmo per Poe. Concepisce un romanzo Il manoscritto trovato in una bottiglia, in cui rievoca latmosfera misteriosa, allucinante paurosa dello stile poetano in una cornice geo.fantastica come era stato il Gordon Pym, ma senza voler essere un seguito del medesimo che del resto era già stata opera del Verne.  Lo stesso titolo è tolto da uno dei Racconti [Ma] salvo questa evidente allusione, il nome del poeta americano non appare neppure una volta nelle 250 pagine del racconto, il quale, pur conservando lo stile ameno dellautore, non è né potrebbe essere che tragico. E un omaggio non una parodia. Il successo fu immenso e sembra che gli studenti romani portassero in trionfo il brillante romanziere. A ciò contribuì un espediente editoriale, rimasto unico. Il volume, con 100 splendidi disegni, fu stampato dalleditore G. Scotti, in piccolo formato, tale che, arrotolato, poté essere introdotto in una bottiglia di cartapesta, imitante alla perfezione quelle di spumante. La successiva edizione Vallardi del 1926 ripubblicò il volume normalmente.

Una gustosa introduzione finge che lAutore abbia avuto in regalo il manoscritto originale da un vecchio e noioso capitano marittimo inglese, casualmente conosciuto allArgentario: il documento venne divorato ingordamente in una notte insonne che poi lo ripresenta al pubblico da par suo: ossia con interruzioni, sospensioni improvvise, riproduzioni di documenti e una cartina dellAntartide (secondo ling Liviani) come afferma la spiritosa parentesi.  Il Manoscritto è, infatti, il diario personale delling. Paolo Roberto Liviani, direttore di una miniera cilena, situata nellisoletta di San Juan, non meglio specificata. Eroi dello straordinario viaggio sono, oltre lingegnere romano, lamico giovinetto Pablo e il fedelissimo terranova Lampo.

Nellopere di Yambo troviamo altri libri  che possono entrare a far parte della fantascienza come Luovo di pterodattilo del 1926, uscito a puntate su Il giornale illustrato dei viaggi e ripubblicato con modifiche dalla Vallecchi nel 1947, sotto il titolo Lallevatore di dinosauri.

Più che di un viaggio scientifico si può parlare di un divertissement con spunti umoristico-politici. Ambientata negli anni ruggenti del fascismo, la vicenda prende spunto dal dono di un uovo di pterodattilo che un esploratore offre ad un suo amico farmacista, dopo essergli capitato in casa in compagnia di un negro e di un gorilla: un inizio che toglie ogni drammaticità al tema e che lo inserisce in un ambito umoristico.

Dalluovo, fatto amorevolmente covare dal farmacista, nasce Piri-Piri, il rettile protagonista, che cresce a dismisura, fugge e, per nutrirsi, semina il panico nel Grossetano, costringendo il Segretario politico del Partito Fascista ad intervenire e ad accompagnare a Montecitorio il disgraziato farmacista. Lì, dopo un colloquio con Sua Eccellenza Benito Mussolini che desidera appurare la veridicità del fatto per difendersi dalle accuse della sinistra portate dallonorevole Amendola , capo dellopposizione, il tutto finisce  nellaula di Montecitorio.

La vicenda del rettile e della seduta  è, secondo lo stile di Yambo, trattata  sotto una luce  comico-satirica per cui il lettore si diverte nellimbattersi in un Amendola che, rivolgendosi a Mussolini, così si esprime:

On. Amendola: - Che cosa vuole in sostanza Sua Eccellenza Mussolini, Governatore del Terrore? Vuole tenere avvinte le popolazioni con qualunque mezzo materiale e spirituale. Ed ecco, per gli ingenui montanari dellAmiata, il mostro apocalittico! Ecco il pterodattilo!!... E così, si conduce ciecamente, alla rovina,  un popolo di trentanove milioni di abitanti, che ha un passato di grandezza e civiltà!

On. Farinacci: - Onorevole Amendola, voi meriterste la forca!

On. Turati: - Esagerato!

On. Giunta: - Traditore, finiscila o ti faccio mangiare la barba!

            Si susseguono urla ed epiteti vari, lanciati contro la sparuta schiera degli oppositori.

-Canaglie! Venduti! Mangiatori di gatti morti! Vigliacchi ecc. ecc.

Per sedare il tumulto si alza lon. Mussolini e fa queste dichiarazioni:

- Onorevoli deputati, il mezzo più spiccio per rispondere alle provocazioni degli avversari sarebbe quello di non rispondere. Potrei, se volessi, tagliar corto alle parole dei miei avversari con un colpo netto di forbici. Qui si tratta semplicemente di un fatto naturale, per quanto soprannaturale. Chi, in buona fede, vorrà far carico al Governo nazionale se, tre mesi or sono, in un paese della montagna maremmana, è nato uno pterodattilo che il suo allevatore ha chiamato col vezzeggiativo di Piri Piri?

Ma il tumulto a Montecitorio continua fino allapparizione nellaula del pterodattilo che comincia a svolazzare seminando il panico e costringendo tutti ad abbandonare ladorato seggio.

E curioso constatare come, nella riproposta dellopera nel 1947, la Vallecchi abbia eliminato tutta la parte politica del racconto che vedeva coinvolti lex Duce e gli ex onorevoli Amendola, Giunta, De Collibus, Bracco, Casertano, Farinacci e  Turati.

Politica a parte, è duopo evidenziare come il finale scritto da Yambo sia perfettamente in sintonia con quello immaginato da Doyle per Un mondo perduto.  Là abbiamo un pterodattilo che fugge da una finestra aperta della Queens Hall di Londra, qui Piri-Piri, il rettile alato che, dopo aver fatto un giro sui banchi dei deputati, si invola da una finestra di Montecitorio e si perde nello spazio.

 

 

(1)   J. Van Herp, Science-fiction  pour jeunes, in Literature de jeunesse, n. 222, t. 5, 1971, p. 15.

(2)   Vincenzina Battistelli, Il libro del fanciullo:La letteratura per linfanzia, Firenze, La Nuova Italia, 1959, p. 233.

(3)   Emilio Salgari, Le meraviglie del duemila, Milano, Fabbri, 1968, p. 37.

(4)   E. Salgari, op. cit., p. 46.

(5)   E. Salgari, op. cit., p. 46.

(6)   E.Salgari,  op.cit.,  p. 56.

(7)   Armando Michieli, Svolgimento storico della letteratura per ragazzi, Torino, SEI, 1968, p. 130.

(8)   Elio Nuti, Il romanzo fantascientifico e Yambo, in LG Argomenti, n° 3, 1977, p.18.

(9)   Giacomo Vittorio Paolozzi, La letteratura  giovanile.Metodologia e storia, Palermo, Palombo, 1968, p. 130.

10)        Yambo, Gli esploratori dellinfinito. Racconto fantastico. Testo e disegni dellautore, Milano, Vallardi, 1933.

11)        I vari episodi vennero in seguito ripresi e riproposti in una collana di libri per ragazzi dalla Casa Editrice AMZ di Milano. Nel 1978 la RAI-TV ritrasmise lintera serie non più nelle ore destinate ai ragazzi, ma in  quelle destinate al grande pubblico a testimonianza dellinteresse suscitato.

12)        Yambo, Atlantide. I figli dellAbisso. Racconto fantastico, Firenze, Vallecchi, 1944.

13)        Yambo, La colonia lunare (storia di una ipotesi) con 120 disegni dellAutore, Genova A.Donath, 1908.

14)        Yambo, id. p. 235.

15)        Giulio Verne, Viaggio al centro della Terra.

16)        Yambo, Latomo. Storia di un mondo invisibile. Romanzo fantastico, con 37 disegni dellAutore, Milano, Vallardi, 1937, P. 25.

17)        Ibidem, p. 26.

18)        Ibidem, p. 44.

19)        Ibidem, pp. 237-237.

20)        LG Argomenti n°3, 1977, pp. 18-19.

 

 

 

 

CAPITOLO VIII

ALTRI SCRITTORI ITALIANI PER RAGAZZI

 

A fianco di Salgari e Yambo, entrambi sempre ricordati nelle storie della letteratura giovanile,  esistono altri scrittori che, nella loro produzione hanno dedicato almeno un volume alla fantascienza.

Tra i più noti vi è Luigi Motta, il quale seguì sempre le orme, talvolta con eccellenti risultati, di qualche autore di lui più celebre.  Ad esempio Salgari che lasciò una eredità fantascientifica molto esigua.  Motta riprese il genere e lo fece fruttare. Tra i suoi molteplici romanzi emergono I Flagellatori dell’Oceano (1901), Il raggio naufragatore (1903), I misteri del mare indiano (1904), Il gigante dell’infinito (1906), L’onda turbinosa (1908), Gli esploratori degli abissi (1909), La principessa delle rose (1911), Il Tunnel sottomarino (1912), Il vascello aereo (1913), I tesori del Maelstròm (1919), L’isola di ferro (1919), Il sommergibile fiammeggiante (1924), L’ombra dei mari (1926), La battaglia dei ciclopi (1927), e Quando si fermò la Terra (1951).

Di altri scrittori, invece, forse perché considerati autori per ragazzi, non vi è traccia nelle varie storie della letteratura fantascientifica consultate e i loro libri sono oggi pressoché introvabili. Mi limiterò, pertanto, a citare, qualche nome e qualche titolo, quelli che ho scoperto per caso o che mi sono stati cortesemente comunicati da ‘fans’ della fantascienza.

In una intervista messa in onda da Radiocity Tele Vercelli il 26 dicembre 1976, l’intervistato, Felice Pozzo, cultore di letteratura giovanile ed esperto conoscitore dell’opera omnia di Salgari, accennò di aver trovato alcune opere presso antiquari e su bancarelle.  Una di queste è Mille metri sotto il Sahara di Francesco Pestellini, edito da Bemporad nel 1938. Nel romanzo “si racconta di una antichissima civiltà che esisterebbe nel sottosuolo del Sahara. Una civiltà che si estende per migliaia e migliaia di chilometri, a profondità variabili da 500 a 17.000 chilometri addirittura e che è suddivisa in tre zone: la zona della Materia, dell’Intelletto e dello Spirito ossia città del Cannocchiale, città delle Scienze e Città Santa. Il protagonista è guidato attraverso le zone da una guida che si chiama Yona, una ispirazione evidentemente dantesca”. Ciò che permette la scoperta della civiltà nascosta è il macabro rinvenimento della testa decapitata di un negro e dello strano modo che questa ha di comunicare e di rivelare l’esistenza di un popolo  sotto le sabbie del deserto. Una delle cose che più desta meraviglia è la descrizione di un “cannocchiale ultramoderno che consentiva di prevedere con precisione come si vive, ad esempio, su Venere o su Marte e sugli altri pianeti del sistema solare e addirittura di altre galassie. Ne seguiva perciò la descrizione di marziani e venusiani,”

Un’altra curiosità del volume è costituita da “una lotta intestina tra il Clan del Sole, costituito da gente che dopo secoli voleva risalire alla superficie per rivedere il Sole, e il clan detentore del potere che, invece,voleva continuare la vita sotterranea per non mischiarsi con la nostra civiltà”.

Tra gli altri più importanti autori ci sono: G. Ferri con La fine del secolo XX (1906), Alberto Orsi
con
L’areostato nero (1918); Guglielmo Stocco con L’aereonave fantasma (1910) e La Colonia infernale (1921), Renzo Chiosso con I navigatori del cielo (1925) e La città sottomarina (1945),

Altro autore sempre ricordato da Pozzo, è Gastone Simoni che nel 1932 pubblicò con l’Editore Sonzogno L’isola del Faro Rosso, in cui si narra di un naufragio avvenuto nell’anno duemila. Altri romanzi di Simoni sono L’ultimo degli Atlantidi (1928), La casa del cielo (1929), L’isola  sommersa, L’idolo d’acciaio, La barriera invisibile (1929), La città del Sole (1929).

Del 1924 è il volume di Nino Salvaneschi La rivolta del 2023 (1920) e Szrénide (1921.

Calogero Ciancimino, che collaborò con Luigi Motta alla stesura di molti romanzi, scrisse La nave senza nome (1932), seguita da Il prosciugamento del Mediterraneo (1932),  Come si fermò la Terra (1933), Le bare di granito(1935).

 A Genova, con i tipi dell’editore Donath, Arturo Caroti diede alle stampe L’eredità del capitano Nemo, in cui si racconta di un misterioso mondo sotterraneo dove vive un feroce plesiosauro e dove è possibile vedere anche con gli occhi chiusi, per un inasprimento del fenomeno di persistenza dell’immagine sulla retina.

Sul tema di animali mostruosi si parla pure nel volume di G.A.Martolla Una caccia tragica, pubblicato nel 1921 dall’Editrice Bemporad. In esso viene descritto un cobra lungo duecento metri; mentre una tigre preistorica compare nel romanzo di Emilio Moretto La tigre della Malesia (attribuito a Luigi Motta e spacciato persino come postumo salgariano (1)

Armando Michieli, nel saggio Svolgimento storico della letteratura per ragazzi, ricorda le opere destinate ai ragazzi Rotoplano 3  bis e Ipergenio disinventore di Giovanni Bertinetti. Nel primo vengono narrate le comiche avventure di un astronomo smarrito su una stella, mentre nel secondo “un fanciullo vorrebbe rendere felice l’umanità con nuove invenzioni ma è rapito nella ‘Piccola Luna’ dove il popolo è felice perché vive con semplicità, senza le scoperte di cui si vanta l’uomo. Allora Ipergenio, persuaso che le conquiste scientifiche rendono l’uomo  infelice, si vale della scienza per costruire strumenti che riportino l’umanità alla vita semplice di un tempo. Il racconto fa riflettere che il progresso scientifico giova a condizione che non sia trascurata la vita dello spirito”.

Ad imitazione di Verne vi è un curioso volume, edito a Roma nel 1887 a cura dell’editore Perino (e giunto nel 1890 alla 5° edizione), dovuto alla penna di Ulisse Grifoni dal titolo Dalla Terra alle stelle. Viaggio meraviglioso di due italiani e di un  francese. Il volume “è ispirato a idee anticlericali e socialiste, ed alle dottrine del materialismo darwiniano (sono persino citati Buchner e Haeckel). In esso è narrato un viaggio da Firenze al pianeta Marte, effettuato per mezzo della miracolosa proprietà di un reagente chimico misterioso che vince la forza di gravitazione (come avviene  in un volume di Wells e in uno di Yambo). Tra i protagonoisti, un bizarro professore di fisica, ardente evoluzionista, ricorda le macchiette verniane; una curiosa parte spetta al celebre astronomo padre Angelo Secchi, rappresentato da un gesuita devoto più alla scienza che alla religione, e dolente di essere astretto ai vincoli della potente compagnia di Gesù”. (2)

 

                                                                       **********

 

Non vanno, infine, dimenticate alcune collane tipo: “Per Terra e per Mare” (1904/1906) diretta da
Salgari,
“L’Oceano” (1906/1907) e “Biblioteca Fantastica” (1910) dirette da Motta, il “Romanzo d’Avventure” (1924/1940) diretta da Stocco, “Il Giornale delle Meraviglie” (1937/1939) diretto prima da Campanile e poi da Zavattini e soprattutto “Il Giornale Illustrato dei Viaggi” (1878/1943 - con particolare riguardo agli anni 1913/32, - durante i quali il settimanale è passato nelle mani esperte di Guglielmo Stocco -, le quali  via via hanno presentato varie opere dì fantascienza.

 

                                                           *************

 

Per la complessità dei temi trattati e per la loro impostazione, alcune delle opere citate si rivolgevano ad un pubblico adulto ma erano suscettibili di essere lette anche da adolescenti.

La produzione, invece,  di opere  adeguate a lettori sotto i dieci anni cominciarono a far capolino, ai primi del ‘900 quando tra gli epigoni di Collodi iniziarono ad essere pubblicati volumetti sul tipo di Pinocchietto sulla Luna (1911), un racconto di Vittorio Lucatelli, pubblicato dalla Editrice Bietti. Col capolavoro collodiano, tranne il nome deformato del personaggio e la lunghezza del suo naso, non ha nulla da spartire e non lo si può neppure considerare uno dei numerosi epigoni. L’autore si è limitato a sfruttare il nome di Pinocchio (sebbene con diminutivi di Pinocchietto)) ovviamente per attirare l’attenzione dei probabili lettori su una ‘storietta” banale e dal contenuto modesto.   Pinocchietto, usando un “aereoplano gonfiabile” raggiunge la Luna, abitata da esseri intelligenti. Il protagonista ha così occasione di incontrare abitanti dalla forma di uccelli che “non avevano il becco e la testa e il corpo come uccelli della Terra, no; somigliavano un poco a teste di pesci: la faccia schiacciata, la bocca lunga e larga, il corpo squamoso”; di imbattersi in un inglese, giunto sulla Luna prima di lui a bordo di un proiettile sparato da un cannone, e di conoscere alcuni usi e costumi dei seleniti.

Di originale nel racconto  vi è ben poco. I  mezzi usati per raggiungere il satellite sono quelli di Verne, di Poe, di Wells; le visioni ricordano quelle del breve film di Méliès e la flora con i suoi funghi giganteschi ci riporta a Verne e a Yambo. Anche la descrizione della civiltà selenita riecheggia quella fantastica descritta dagli autori del Seicento e del Settecento.

L’importanza del volumetto nell’ambito del genere trattato è, pertanto, solo quella di presentarsi come semplice racconto recepibile da un bimbo di otto/dieci anni: una vera fantafiaba  che segna il limite tra la fiaba tradizionale e la nuova fiaba. Un modo per cominciare ad avvicinare chi legge al genere

 

(1)   Le notizie agli autori e alle opere citati sono state pubblicate a cura di Felice Pozzo sulla rivista “La Grinta”, Vercelli, del 28.10.1977.

(2)   Edmondo Marcucci, GiulioVerne e la sua opera, Genova, Edit. Apuania, 1929, pp. 134-5.

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CAPITOLO NONO

SONDAGGIO

 

In una analisi della letteratura fantascientifica rivolta ai giovani non si poteva prescindere dal chiedere agli interessati il loro parere. Ho, pertanto, ritenuto giusto diffondere in  due Istituti Tecnici genovesi e nella Biblioteca per ragazzi “E.De Amicis” un questionario per raccogliere da studenti di ambo i sessi, di 13-16 anni, un centinaio di risposte attraverso le quali non mi sono proposto di formulare percentuali statistiche (sebbene nell’esame dei dati dovrò forzatamente  citare percentuali), ma solo di sondare e analizzare il parere dei lettori su diversi punti.

 

Il questionario comprendeva nove domande.

1)      Hai letto qualche libro o racconto di fantascienza? Cita titolo e autore.

2)     Ritieni la fantascienza utile ed educativa?

3)     Pensi che anche su altri mondi esista la vita?

4)     In un romanzo di fantascienza apprezzi di più che l’azione si svolga: nel futuro; nel presente; nel passato; nel nostro mondo; nello spazio?

5)     Ritieni che l’uomo potrà un giorno volare verso le stelle?

6)     A tuo avviso la scienza del futuro riuscirà a risolvere i problemi da essa creati, come ad esempio quello ecologico, energetico, atomico?

7)     A tuo parere la scienza conduce l’uomo: verso un maggior pericolo o verso un maggior benessere?

8)     Sapresti dare una breve definizione ad almeno due  dei seguenhti termini che spesso simincontrano nella fantascienza?  QUARTA DIMENSIONE – UNIVERSI O MONDI PARALLELI – UMANOIDE – MUTANTE – ROBOT – UFO .

9)     Che cosa ne pensi del genere fantascientifico?

 

 

Dalle risposte, spesso ripetitive, banali, confuse, ne ho tratte cento tra le più significative:  63 di maschi e 37 di femmine con i seguenti risultati :

[tra parentesi sono le risposte femminili]

 

Domanda n° 1 -  SI 52  (16)               NO  48   (21)            

Domanda n° 2 -  SI 65  (20)               NO   28   (13)             Nessuna risposta          7  (4)

Domanda n° 3 -  SI 84  (29)               NO  11   (4)               Nessuna risposta          5 (4)

Domanda n° 4 -  Ambientazione nel presente  16 (2);  Nel passato  9  (2); Nel futuro 42 (24);

                             Nel nostro mondo  28  (8); Nello spazio  45  (16)

Domanda n° 5 -  SI  91 (31)               NO 9  (6)

Domanda n° 6 -  SI  64 (22)               NO 31  (10)                Non lo so   5  (5)

Domanda n° 7 -  Maggior pericolo  43  (16)    Maggior benessere  57  (21)   

Domanda n° 8 – Definizione di Quarta dimensione 16 (2); Universi o Mondi Paralleli  23 (9);

                             Umanoide 25 (5);  Mutante 17 (4); Robot  91 (33); UFO 91  (28)

Domanda n° 9 -  Hanno risposto tutti.

 

Analisi delle risposte:

Il primo dato relativo all’incidenza della fantascienza nelle letture dei giovani ha evidenziato una certa reticenza da parte delle femmine ad accostarsi ad un genere in cui spesso abbonda un eccessivo tecnicismo e in cui l’avventura, che per lo più coinvolge il maschio, raramente tocca certe situazioni che sono più vicine alla sensibilità femminile.  L’esame degli autori ricordati e delle opere ha subito messo inn evidenza la scarsa incidenza che hanno gli autori per ragazzi nei ricordi dei lettori e la presenza, invece, rilevante di opere e autori per adulti. Il ragazzo, contrariamente a quanto accade per gli altri generi letterari, quando affronta la fantascienza si rivolge subito agli autori più conosciuti e ad opere dalla lettura spesso difficile e dal contenuto troppo tecnico e specializzato col rischio di discostarsi dal genere con un senso di noia e di insoddisfazione.

A.Clarke, C.Simak, I.Asimov, R.Bradbury, F.Leiber, J. Vance, P.Boulle, J.Bruner, P.Anderson sono i nomi degli autori che più ricorrono nelle risposte, mentre nell’elenco dei spiccano per la loro ricorrenza i titoli di 2001 Odissea nello spazio; Io robot, Le sabbie di Marte, Il pianeta delle scimmie; Il pianeta Sangre; Incontri ravvicinati di terzo tipo, L’ultima Odissea e volumi vari sugli Ufo e sul Triangolo delle Bermuda.

Rari e quasi inesistenti sono risultati gli incontri con autori per giovani; tra questi i più ricorrenti sono stati R.Heinlen (autore di juiveniles, pubblicati dall’Editrice La Sorgente), Asimov che, (pur non essendo scrittore per ragazzi), qualche editore ha saggiamenmte introdotto in collane destinate ai giovani e la serie di volumi Spazio 1999, pubblicati dall’editrice AMZ, la cui fortuna è legata non tanto ai volumi, quanto alla lunga e fortunata serie televisiva da cui sono tratte tutte le immagini a colori.

L’unico autore ad essere stato ricordato in ventun risposte è stato Jules Verne.

Perché tale scarsa incidenza di libri scritti intenzionalmenmte per la gioventù? A chi la colpa se i giovani si rivolgono subito alla letteratura fantascientifica per adulti? A chi la colpa se molti di essi se ne discostanopresto,  non per disinteresse ma per la difficoltà di lettura che spesso offrono certi autori? Senza dubbio agli editori italiani, su cui continua a gravare una eredità di tipo umanistico che li spinge a snobbare il genere, a votarlo ad un semiostracismo e a difendersi poi col dire che la fantascienza per ragazzi è poco redditizia dal punto di vista commerciale e pertanto è meglio non incoraggiare eventuali nuovi autori.

Gli editori italiani spesso dimenticano che un fuoco arde male se non si soffia sulle braci che covano sotto la cenere e che non si arriva ai vent’anni senza prima essere passati attraverso i dieci e i quindici!

Le risposte al secondo quesito relativo all’utilità educativa del genere sono state in vario modo motivate. Si ritiene utile ed educativa la fantascienza  perché “ciò che gli scrittori immaginano potrebbe essere di sprone verso la realizzazione pratica; ... perché predispone l’uomo a viaggiare oltre la Terra ed insegna ad usare la diplomazia in eventuali incontri con altri esseri;... prelude a cose che nel futuro potranno avverarsi: Verne lo ha dimostrato in Ventimila leghe sotto i mari e Viaggio verso la Luna;... è più utile che educativa perché può insegnare all’uomo che se non salvaguarda il suo mondo corre verso la rovina;... fa riflettere sul futuro dell’uomo legato alle risorse ambientali e alla sovrappopolazione; ...ponendo i ragazzi di fronte alla tecnologia, li abitua ad affrontare meglio il futuro;... diventa utile ed educativa solo se basata su fondamenti scientifici o su dati rilevati o teoricamente rilevabili;... sviluppa la fantasia e al tempo stesso ci mette a contatto con il mondo che ci attende; ... spinge lo sguardo verso il cielo e ne permette una maggior conoscenza”.

Chi, invece, nega l’utilità o una possibilità di educazione attraverso la fantascienza motiva la sua posizione precisando: “Non credo a cose non reali;... non insegna nulla di pratico e non  insegna a vivere in un modo migliore;... la ritengo dannosa perché crea in  noi ragazzi strane fantasie”.

La maggior parte di tali considerazioni negative è per lo più basata sul dualismo reale-irreale, tecnologia pratica e tecnologia fantastica, e ciò denota una accettazione del progresso inteso come conoscenza della scienza applicata e di conseguenza una mancanza totale di fantasia.

Circa la possibilità di vita sugli altri mondi la percentuale è decisamente a favore dei SI (84 contro 11 e 5 astensioni) e le motivazioni sono uniformi e ruotano su una unica considerazione: “ritengo impossibile che l’unico essere dell’universo sia l’uomo: perché solo lui? D’accordo, nessuno fino ad oggi è riuscito a provare che c’é vita su altri mondi, ma nessuno ha portato una prova inconfutabile del contrario”.

C’è pure chi, in base a letture fatte, azzarda qualche supposizione: “A mio parere nell’universo esiste una vita diversa dalla nostra; forse è più evoluta se è vero che i dischi volanti non sono un prodotto terrestre”.

La successiva domanda relativa all’ambientazione di una vicenda fantascientifica ha dimostrato che i giovani intendono il genere più legato al futuro e allo spazio che non a vicende connesse con il nostro tempo, seppure vissute in chiave fantastico-scientifica. Ascoltiamo alcune risposte: “la fantascienza deve trattare del futuro perché il presente lo stiamo vivendo e del passato sappiamo già quello che è avvenuto:  il futuro nella fantascienza rende più l’idea;... futuro e spazio sono due incognite piene di mistero, quindi un racconto acquista più fascino ed è più piacevole a leggersi;... essendo per noi il futuro completamente ignoto è probabile che almeno un fenomeno su mille tra quelli proposti dalla fantascienza si possa avverare; ... il passato non serve più; il presente lo viviamo; preferisco il futuro”.

Per i giovani, specie per quelli che vivono in grandi agglomerati urbani, che assistono all’aumentare della popolazione, il futuro è veramente proiettato nello spazio non solo per uno ‘sfoltimento’ della popolazione, ma anche per un desiderio di non rimanere soffocati.

Ne è la controprova la domanda successiva: “Ritieni che l’uomo potrà un giorno volare verso le stelle?”. Su cento risposte solo nove NO motivati da un generico “le stelle sono troppo lontane, occorrono anni luce per raggiungerle e oggi non ci sono i mezzi”.

Il primo viaggio sulla Luna ha aperto una strada e in chi vede l’uomo volare verso le stelle esiste una certa fiducia verso quella parte della scienza che si occupa dei voli spaziali.

Altrettanta fiducia, invece, non si avverte nelle risposte date ai due quesiti che seguono. Per i giovani la scienza è solo in parte capace di far fronte ai problemi che essa stessa ha creato e anche le sue attuali conquiste, il progresso che si nota in ogni campo, non convince del tutto i giovani. Nelle risposte alla domanda se la scienza conduce l’uomo verso un maggior benessere o un maggior pericolo, si avverte una incertezza dovuta non tanto alla sfiducia nelle nuove scoperte o invenzioni, ma nell’applicazione che l’uomo ne fa. Il benessere o il pericolo non dipendono dal mezzo, ma dall’uomo; l’uomo appare veramente l’arbitro del suo destino e i giovani che vedono quanto sta loro accadendo intorno, manifestano disagio e  timore.

L’ultima parte del questionario toccava più da  vicino alcuni temi presenti nella fantascienza. La conoscenza di alcuni termini era data per scontata, come ad esempio ROBOT e UFO, perché il cinema, la televisione e i giornali sono stati in questi ultimi anni un buon veicolo di diffusione. Ma dalle 91 risposte date ai termini UFO e ROBOT, si cala improvvisamente a livelli assai bassi quando si chiede la definizione di QUARTA DIMENSIONE, di UNIVERSI PATRALLELI, di UMANOIDE o di MUTANTE. Le risposte oscillano tra il 26 e il 16 per cento e quand’anche vi è lo sforzo di tentar di  dare una definizione, questa rimane spesso vaga e confusa o addirittura errata.

QUARTA DIMENSIONE: 16 risposte.

E’ una fantomatica dimensione nuova che esce dalla nostre tre normali;...è una dimenmsione incognita del nostro pianeta;...le tre dimensioni sono lunghezza, larghezza, altezza. La quarta non saprei.E’ una incognita;... dimensione della forza del pensiero. E’ la mente che riesce a decifrare quello che pensa un’altra mente;... una dimensione nella quale si possono avere contatti con altri esseri;... penso che sua un essere piccolo della misura di un quarto di uomo”.

In nessuna delle risposte sono comparsi i termini di tempo e di spazio. Le teorie di Einstein, almeno nella loro forma più semplice, non sono ancora entrate a far parte del bagaglio di conoscenze scientifiche dei  giovani.

UNIVERSI O MONDI PARALLELI: 23 risposte.

“Sono mondi uguali a quello in cui viviamo;...sono pianeti simili al nostro dove forse c’è vita;...sono mondi in cui la vita si svolge parallela alla nostra, magari con qualche variazione ... sono mondi situati nella quarta dimensione;... Sono mondi che progrediscono pari pari al nostro, ma che non conosciamo;... mondi con forme di vita uguali alla nostra i quali esistono a nostra insaputa come noi per loro;...civiltà o forme di vita esistenti contemporaneamente alla nostra e cioè parallele al nostro periodo;... suppongo che si intendano due o più civiltà che si sviluppano in maniera simile, sovente ignorando l’una l’esistenza dell’altra, quindi parallele dal punto di vista intellettuale e civile (la risposta è di una ragazza che affema di non aver mai letto un libro di fantascienza, e confessa di aver assistito a numerosi film “perché preferisco assistere direttamente alle azioni, anziché leggere e cercare di immaginare situazioni e personaggi”).

Contrariamente alle nebulosità riscontrate nelle risposte sulla Quarta dimensione, i giovani che hanno risposto a questa domanda hanno dato definizioni coerenti anche se imprecise.

UMANOIDE: 26 risposte.

“E’ un essere extraterrestre con sembianze umane; ... un automa con sembianze d’uomo;...essere vivente simile all’uomo;... un quasi uomo;... Tipo di droide capace di compiere lavori uguali a quelli di un uomo;...umanoide vuol dire robot con sensazioni e a volte aspetto umano;... con caratteristiche somatiche simili alle nostre”.

Il concetto, a parte qualche confusione con i robot, è costante in tutte le risposte.

MUTANTE: 17 risposte.

Individuo avente doti parapsicologiche;...essere che può mutare aspetto a suo piacimento;...essere con doti soprannaturali;... colui che legge nel pensiero degli altri;... un essere umano nato con capacità soprannaturali;... uomo interamente diverso dalla razza umana”.

La conoscenza del termine è apparsa molto vaga anche se dalle risposte traspare che per mutante si intende un individuo che ha subito una mutazione nel materiale genetico. Ma tale nozione è nei giovani sempre legata alla figura del mutante che gli autori di fantascienza sono soliti dare nei loro racconti.

“Che cosa ne pensi della fantascienza?” era la domanda che concludeva il questionario e che si riallacciava, per completarla, a quella già analizzata in altra parte, “Che cos’è la fantascienza?”.

Molte tra le risposte date sono risultate vaghe; in altre i giovani hanno espresso pareri che si possono così riassumere. “La ritengo un modo di pensare e di intuire quale e come potrà essere il mondo futuro”. Le risposte ruotano, infatti, attorno ad un unico cliché: “E’ un modo di immaginare una vita  futura; E’ il racconto del futuro. E’ un genere letterario che lancia un nuovo tipo di messaggio. Penso che sia la previsione del futuro fatta attraverso la fantasia. Oggi è un mistero affascinante che forse nel futuro si risolverà. E’ il tentativo di rappresentare la scienza del futuro”.

Senza dubbio ogni speranza dei giovani è riposta nel futuro.

 

Quali conclusioni trarre dal questionario?

Innanzitutto emerge il ruolo che oggi gioca la scienza nella preparazione culturale dei giovani. La poliedricità dei temi di cui fa uso il genere servono a creare nell’adolescente una molteplicità di problemi che scaturiscono dall’incontro con invenzioni straordinarie, con l’estrapolazione del fantastico, con la conquista spaziale, con la possibilità di voli all’interno del nostro sistema e al di fuori di esso, con certe previsioni e anticipazioni sociali e politiche del mondo futuro, con le finalità della scienza e della tecnica, con i problemi connessi al tempo e allo spazio, con i fattori che rallentano o fanno progredire la civiltà.

Tutto ciò fa nascere nei giovani ipotesi affascinanti, fa sorgere dubbi su quanto sino a quel momento hanno creduto immutabile.

La società,ad esempio, che troviamo in Farenheit 451 è certamente qualcosa di sconvolgente per un ragazzo se questi si sofferma a ragionare sulle istituzioni sociali e politiche descritte da Bradbury o sul  conflitto morale di Montag, il personaggio principale, un conflitto che non è del futuro ma di oggi, oppure ancora se si ferma a ragionare sulla società immaginata da Bradbury la quale, alla resa dei conti, non è poi tanto dissimile dalla nostra.

Il 65% di risposte affermative alla domanda sull’utilità della fantascienza è un dato sintomatico, una riprova che un buon romanzo di fantascienza può dare  assai più di un comune romanzo d’avventure.

Nel 1965 si discusse a lungo in Italia sul problema delle due culture, un problema che da secoli vede i letterati e gli umanisti distinti dagli scienziati  e ricercatori con un taglio così netto da non poter ammettere rapporti o scambi.  Si rimprovera agli uni l’eccessivo tecnicismo, il chiudersi entro l’ermetica torre della specializzazione; agli altri viene lanciata l’accusa di essersi fermati a idee del passato, ormai obsolete e superate.

Pochi, allora, avvertirono l’esistenza di un genere letterario che poteva fungere da tramite tra le due culture, che poteva gettare un ponte tra letterati e tecnici, tra scienziati e filosofi, tra fantasia e tecnica.

La fantascienza non distingue tra varie culture; apre tra esse un dialogo indispensabile, conscia del fatto che l’eccessiva specializzazione rischia di tener gli uni lontani dagli altri, ognuno  col suo linguaggio ermetico, incomprensibile al vicino.  

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

(i dati si fermano all’anno 1978)

 

A conclusione delle precedenti  considerazioni in cui è stato esaminato il rapporto fantascienza-ragazzi, ci è  parso opportuno fare seguire:

- Un elenco di alcune importanti case editrici specializzate nel settore ragazzi, per conoscere quali   

   libri di fantascienza siano stati pubblicati in questi ultimi anni;

- Un elenco dei libri di autori italiani contemporanei;

- Un elenco di libri comprendenti autori stranieri le cui opere sono state tradotte e inserite

    nell’editoria per ragazzi.

 

CASE EDITRICI ITALIANE

 

EDITRICE AMZ

E’ una delle più attente al genere: ultimamente ha immesso sul mercato librario la fortunata collana “Spazio 1999”, tratta dall’omonima serie televisiva realizzata in coproduzione RAI TV-ITC, su testi di Gianni Padoan. E’ composta di undici volumi più un libro strenna. La AMZ ha pure pubblicato nelle collane “Avventure” e “I libri del 2000” opere di J.Bree, R.Heinlein, L.Pesek, R.Silverberg. J.Elton, P.L.Manning, M.Lesser, J.Ott, W.M.Broll, P.Anders, P.French. Nell’elenco di tali nomi si nota la completa assenza di autori italiani.

NUOVA CASA EDITRICE CAPPELLI

Ha pubblicato due volumi ancora in commercio Strane storie di una meravigliosa estate di Renée Reggiani e L’inafferrabile Mister Invisibile di M.Eller (pseud. Di Laura Rocca Terracini.

FABBRI EDITORI

Nel catalogo del 1978 sono presenti solo due titoli: I pirati dello spazio e Robinson degli Oceani entrambi di G.Padoan.

EDITRICE GIUNTI

Ha in catalogo: La terra dimenticata dal tempo, La principessa di Marte, Gli dei di Marte di E.R.Burroughs. Nella collana “Dizionari dell’avventura” sono stati pubblicati  libri in cui “la fantasia si allea alla scienza con una formula che va oltre la fantascienza e la divulgazione scientifica”. La Giunti ha pure pubblicato una serie di volumi tratti dalla trasmissione “Atlas Ufo Robot” e la collana “Tutto Asimov per ragazzi”.

EDITRICE LA SCUOLA

Nelle due collane “L’Alfiere” e “L’Orizzonte” sono apparsi diversi libri di contenuto scientifico. Tra gli autori: D.Forina, W.Minestrini, L.Monchieri, D.Volpi, A.M.Valenti Ronco, Barbanera, K.Bruckner, M.Vauthier, L.Loewenthal. In confronto ad altri editori, l’Editrice La Scuola ha concesso maggior spazio a libri di autori italiani.

EDITRICE LA SORGENTE

E’ tra le più attive. Presenta però un neo dovuto alla scelta di opere di autori stranieri, in particolar modo modo di autori di ‘juveniles’. Nessuna fiducia sembra sia accordata ad autori italiani. Nella “Collana 2000“ e nella recente “Collana Fantascienza” compaiono i nomi di E.C.Eliott, R.A.Heinlein, Cap. Johns, D.Wollhein, J.Ottani, Ben Bova.

EDITRICE LE STELLE

In catalogo propone solo due titoli: Invito dal cielo di L.Isoldi e Ammutinamento nello spazio di E.A.Nourse.

EDITRICE JANUS

Non pubblica libri di fantascienza.

MALIPIERO EDITORE

Ha pubblicato Johannes delle grandi sabbie di P. Carpi e Ritorno alla Terra di M.Williams (pseudonimo di C.Galli), oltre a libri di Verne.

MEDUSA EDITRICE

Nel 1978 ha pubblicato nella collana “Realtà d’oggi” il volume di B. Solet I fratelli delle nuvole nel 2025.

MONDADORI EDITORE

Si può considerare  la prima casa editrice in Italia ad aver intuito, almeno a livello adulti, le possibilità di presa sul pubblico che il genere fantascientifico offriva e di aver contribuito alla sua diffusione. Lo dimostra la fortunata  collana “I romanzi di Urania”, le numerose ristampe e alcuni volumi della “Collana Omnibus” dove è raccolto il meglio di molti autori noti.

Per quanto riguarda il settore ragazzi vale lo stesso appunto già mosso alle editrici AMZ e LA SORGENTE e cioè l’esterofilia. Tranne il nome di G. Padoan, nelle collane “Classici di ieri e di oggi per la gioventù”, “L’Intrepida”, “Oscar Ragazzi”, appaiono solo nomi stranieri: I.Asimov, P.Anderson, R.Bradbury, A.Clarke, E.Hamilton, K.Hassler, M.Leinster, S.Lewis, R.Silverberg, L.Stevenson, R.Williams, P.Willard e l’immancabile Verne.

UGO MURSIA e APE-MURSIA

Nelle collane “Corticelli” e “La Nuova Biblioteca” sono stati pubblicati romanzi fantascientifici di M.Milani, G.Pitt, R.Guillot, M.Ricci Marcone. Ad essi si aggiungono i romanzi di H.G.Wells, l’edizione integrale de “I viaggi straordinari” di J.Verne e la recente antologia Il futuro dietro l’angolo. La fantascienza e la civiltà di domani.

G.B.PARAVIA EDITORE

Ha in catalogo i volumi di P.Ballario, L.Landolfi, D.Severn, R.Ulrici.

SOCIETA’ EDITRICE INTERNAZIONALE

Ha pubblicato romanzi di G.Musa, D.Volpi, C.Grénier, R.Battaglia

VALLARDI EDITORE

Non pubblica fantascienza per ragazzi.

N.ZANICHELLI

Non ha in catalogo libri di fantascienza per ragazzi.

 

 

 

AUTORI ITALIANI

 

Alcune  opere di autori italiani presenti nell’elenco, sono state analizzate per meglio evidenziarne il contenuto e il valore pedagogico; per altre, invece, - alcune di difficile reperimento in quanto esaurite e non più in commercio, - si è ritenuto opportuno – là dove è stato possibile – far seguire all’indicazione bibliografica il nome di riviste di letteratura giovanile, di pedagogia,  di bibliografie o di repertori della letteratura per l’infanzia su cui sono apparse recensioni, onde agevolare una eventuale ricerca ai cultori della materia e permettere loro di avere utili indicazioni sul contenuto.

Il metodo seguito nella segnalazione delle opere italiane (74) e straniere (67) è quello dell’ordine alfabetico, il più pratico di certo, anche se sarebbe forse stato più utile dividerle in base al contenuto o meglio ancora ripartirle in base all’età dei lettori (quantunque la fantascienza appaia poco consona ai più piccoli), in opere di pura fantascienza e opere di fantafiaba nelle quali la fantasia ha un netto predominio sulla materia tecnico-scientifica.  Negli elenchi, infatti, specie in quello degli autori italiani sono state inserite opere come quelle di Argilli, Eco, Rodari, Arpino, Dinelli, Gigli e altri nelle quali la componente scientifica si limita a far da sfondo oppure l’avventura si svolge oltre i confini della Terra, su mondi e pianeti di pura fantasia.

Sono opere che i puristi della fantascienza stenterebbero a prendere in  considerazione, opere con molta fantasia e pochissima scienza, le quali hanno, però il merito di far scoprire al piccolo lettore cui sono dirette l’esistenza di un  genere che, se sapientemente coltivato, lo porterà a separare il grano dal loglio e ad apprezzare in futuro le opere valide.

 

[N.B.  Le indicazioni di recensione che seguono le opere non analizzate si riferiscono alle seguenti riviste di letteratura, di pedagogia e a repertori bibliografici sotto elencati. Di esse verrà segnalata la rispettiva sigla.]

 

 

CARI  -  Colonnetti Laura, Cari libri, guida alla lettura di opere italiane  e straniere per ragazzi  

                della scuola media, Torino, Stamperia Editoriale Rattero, 1968.

GIOR  -  “Il giornale dei genitori”, Firenze, La Nuova Italia.

LEGG  - Martinez Eugenia, Leggere. Guida critico-bibliografica al libro per la gioventù,     

               Firenze, Le Monnier, 1966

LETT  -  Sacchetti Lina, Letture. Guida alle letture degli alunni della scuola dell’obbligo. Voll.    

                2 , Firenze, Giunti Bemporad Marzocco, 1968

LGAR  -  “ LG Argomenti” Rivista del Centro Studi di Letteratura Giovanile del Comune di        

                Genova

MATE  -  “Maternità e Infanzia”, Rivista mensile dell’OMNI, Roma.

MERI  -  “Meridiana”, Rivista di vita scolastica

MINU  - “Il Minuzzolo”, Rivista del Centro Studi di  Giovanile del Comune di Genova     

                 (cessata nel 1976 e continuata da “LG Argomenti).

ORIE  -  “Orientamenti pedagogici”, Rivista internazionale di scienze dell’educazione,        

                 Torino, SEI

PARO  - “La parola e il libro”, Rivista mensile bibliografica a cura dell’Ente Nazionale     

                 Biblioteche Popolari e scolastiche, Roma.

RAGG  -  “Ragguaglio librario”, Rassegna mensile bibliografico-culturale, Milano

SACC   -  Sacchetti Laura, Letture.

SCHE   -  “Schedario”, Rivista di letteratura giovanile a cura del Centro didattico Nazionale  

                 di  studi e documentazione, Firenze.

SEGN  -  “Il Segnalibro”, Manuale del bibliotecario per ragazzi. Anno 1970-1976, Centro 

                 Didattico Nazionale di Studi e Documentazione, Firenze.

SPEC   - “Specchio del libro per ragazzi”, Rivista di studio e di informazione per gli educatori,  

                Padova

TUTT  -  “Tuttolibri”, Settimanale d’informazione edito da “La Stampa” di Torino.

VITA  -  “Vita dell’Infanzia”, Rivista dell’Opera Montessori, Firenze, Giunti Marzocco.

 

                                                                                                    *****************

 

SCHEDE

 

 

AA.VV. Destinazione universo. Racconti di fantascienza, a cura di Piero Pieroni, Firenze Vallecchi, 1959.

AA.VVIl futuro dietro l’angolo. La fantascienza e la civiltà del domani, scelta a cura di F.Mori, Milano, APE Mursia, 1977.

Le due antologie, pur a distanza d’anni dalla pubblicazione, sono tra loro complementari perché la prima, tracciando una veloce storia della fantascienza a partire dalla Vera storia di Luciano di Samotracia, si riallaccia agli autori del Novecento più ampiamente e diffusamente trattati nel volume Il futuro dietro l’angolo.

Ma mentre i brani scelti da Pieroni seguono una linea storica nello sviluppo del genere e si basano su autori e su brani di opere ormai divenuti classici nel genere, come L’uomo nella Luna del vescovo F. Godwin, Frankenstein di M.B.Shelley, E.A.Poe, A.Bierce, H.G.Wells, A.Van Vogt, R.Sheckley, la nuova antologia di Mori si presenta, invece, - rispetto al contenuto – suddivisa in quattro parti che corrispondono rispettivamente al mistero che circonda l’uomo e che sta in agguato dietro l’angolo, pronto a manifestarsi nel modo più imprevedibile; alla dimensione che potrà avere il futuro, modificato dalle macchine costruite dall’uomo; alle conquiste della tecnologia che potranno condurre l’uomo verso il benessere o la distruzione; alla sfida che l’uomo ha lanciato al pianeta Terra non controllando più l’aumento demografico, l’inquinamento del suolo, dell’aria, del mare, lo sfruttamento intensivo delle risorse terrestri.

I brevi racconti proposti da Mori presentano pertanto un caleidoscopio colorato di quello che è la fantascienza, un genere cioè proteiforme che può affondare le sue radici in qualsiasi campo: storico, sociologico, politico, tecnologico, filosofico...

Un fattore positivo dell’antologia è quello di aver inserito a fianco dei vari Asimov, Sheckley, Wells, Bradbury, Simak, Clarke, anche autori italiani che se pur non considerati – almeno alcuni di essi – scrittori di fantascienza, hanno dedicato pagine e racconti al genere: basta ricordare G.Rodari, G, Musa, G.Arpino, P.Levi, R,Vacca, I.Calvino, G.Berto.

Amici Giuliano, Proprio come ieri, Bologna, Capitol, 1975.

Narra l’odissea di un gruppo di uomini costretti a vivere come Robinson nel cuore degli Stati Uniti. La follia dell’uomo sta distruggendo la Terra e diventando un pericolo per tutto l’universo. Da un pianeta altamente evoluto e in nome della salvezza del cosmo parte una astronave dotata di mezzi tali da impedire alla Terra la corsa  suicidio tecnologico. Mediante un gas isolante, ogni fonte di energia viene distrutta per sempre. Le macchine si fermano e il mondo in  pochissimo tempo regredisce di millenni. Ognuno sarà costretto a combattere per la sopravvivenza in un mondo allucinante. Un gruppo di persone, a contatto con la natura dimenticata, cercherà di fondare una nuova società.

Forse ricordando quanto accadde a New York alcuni anni or sono, cioè la visione di una città rimasta per molte ore immersa nel buio totale per mancanza di energia elettrica, l’Autore ha immaginato la scomparsa totale di qualsiasi forma di elettricità nel mondo e le logiche conseguenze che ne derivano, tra cui la principale: il regresso della civiltà che non potendo più contare sull’energia per muovere le macchine, vede crollare rapidamente tutta l’impalcatura tecnologica su cui si  regge. E’ il ritorno al passato, a forme di vita che traggono la loro ragione di essere solo dalla mente e dalle braccia dell’uomo, tanto che alla seconda parte del romanzo si può applicare la frase “homo est faber fortunae suae”.

Il racconto corre via veloce, avvincente, interessante. Opinabile è, comunque, la conclusione, ma proprio perché opinabile e perché rappresenta una visione unilaterale dell’Autore è capace di suscitare nel lettore una reazione di accettazione o di rifiuto e quindi una presa di posizione critica nei confronti del tema trattato.

Anguissola Giana, Lolli, Milano, Mursia, 1962  (SCHE, n° 65, 1963; PARO, n° 3, 1963; LEGG.)

Argilli Marcello, Fiabe dei nostri tempi, Napoli, Morano, 1968  (MINU, n° 3, 1967; SCHE, n° 96, 1968; SEGN, 1970)

Argilli Marcello, Atomino, Napoli, Morano, 1968  (MINU, n° 4, 1969; TUTT, n° 48, 1976)

Argilli Marcello, Le dieci città, Milano, Bompiani 1970  (SPEC, n° 47, 1970; VITA n° 4, 1971; GIOR, n° 3-4, 1972; RAGG, n° 11, 1970; SCHE, n° 111, 1971).

ARPINO Giovanni, Rafè e Micropiede, Torino, Einaudi, 1959.

Rafè parte alla ricerca del “posto dove si sta meglio”. Visita dapprima la città di P.R.E.S.T.O. dove la gente si nutre di liquidi e le case sono costruite in pochi minuti; passa poi nella città di S.A.L.U.S.  dove ciò che più conta è l’igiene e la perfezione fisica. Continuando il suo viaggio entra nella città di Fuorilegge dove ognuno fa quello che vuole e di lì si avvia verso Idillio il paese dell’antiprogresso dove le macchine non possono entrare. Sarà, infine, per consiglio di Micropiede che Rafè toccherà la città di Sperimento da dove, attraverso un immenso telescopio riuscirà a rivedere la sua casa e a capire che proprio quello è “il posto dove si sta meglio”.

Quando la componente fantastica predomina non bastano tartarughe elettriche, metropoli meccanizzate, scienziati e robot a fare un racconto fantascientifico perché la patina di scienza che si è voluta dare si scrosta presto per lasciare il predominio al mondo fiabesco. Ritengo che Arpino non abbia inteso scrivere un libro di fantascienza, quantunque luoghi e ambienti da lui descritti si riferiscano ad un futuro lontano. La satira rivolta a certe forme del vivere moderno traspare qua le là, come nella descrizione della città di P.R.E.S.T.O. (che ricorda la vita convulsa di una grande metropoli), come nell’alienazione dovuta ai mass-media (il ragazzo-macchina) o, infine come nell’arguta descrizione del paese dei Fuorilegge (che richiama subito alla mente la  Napoli pittoresca dei ‘bassi’).  Il racconto vive ai limiti tra la fantascienza e la fiaba e lascia ampio spazio alla fantasia e all’umorismo, sebbene quest’ultimo risulti sovente di difficile comprensione.

Nel racconto affiorano anche cerebralismi e allegorie che escludono i ragazzi dal totale godimento dell’opera, salvo il caso della  presenza di un’opportuna guida non sempre a disposizione e non sempre gradita perché nella lettura-svago il giovane lettore ama essere autonomo. Per un  autore abituato a trattare con gli adulti la necessità di ridimensionare e rielaborare concetti per adattarli alla comprensione di menti ancora in formazione può apparire come un limite difficile da superare. A meno di non riuscire a trovare quella magica formula ambivalente che ha reso bene accette ai ragazzi opere scritte intenzionalmente per adulti.

BALLARIO PINA, Gli ultimi giorni di Minipolis, Torino, Paravia, 1970, (SPEC, n° 48, 1971; ORIE, n° 108, 1971)

BANDINI FRANCO, Il mistero dei dischi volanti, Firenze, Centro Internazionale del Libro, 1971, (SCHE, n° 116, 1972; SEGN, 1976).

BARBERIO CORSETTI, L’invasione dei Rawingi, Bologna Capitol, 1975.

Yelid e Petia, insieme ad altre persone, sono presi prigionieri da Godar per essere rivenduti come schiavi ai Rawingi, gli extraterrestri che hanno invaso la Terra. Portati in un  palazzo, i giovani si accorgono che raramente i nuovi padroni si fanno vedere e che gli ordini vengono loro impartiti da altoparlanti. Petia non tarda a capire che gli invasori non sono uomini ma robot. Sottoposto con i suoi amici a drammatiche prove, riuscirà liberarsi dalla schiavitù delle macchine e a superare quell’apatia in cui da tempo lo aveva gettato una tecnologia troppo avanzata che sollevava  l’uomo persino dalla fatica di pensare.

L’intero genere umano non esce certo a testa alta dalla situazione che l’Autore ha immaginato nel descrivere la Terra voluta da uno scienziato folle che non credeva nell’uso delle macchine (sebbene su di esse fondasse la sua forza e la sua potenza).  L’uomo vive in completa atarassia dopo aver messo completamente in pratica gli insegnamenti che già Democrito ed Epicuro avevano predicato nell’Antica Grecia. Sentimenti, passioni, particolari stati d’animo sono cose sconosciute quando a guidare le sorti degli uomini sono le macchine. E se si verifica un’invasione imprevista nessuno trova la forza di reagire perché anche l’ideale della libertà è un concetto dimenticato. Solo pochi riescono a tirar  fuori dalle profondità dell’animo, da ricordi ancestrali, i sentimenti latenti, i soli che potranno dar loro la forza di sopravvivere.

E’ quanto accade a Yelid, a Petia, a Sandoz e a Yudith, spronati a ritrovare se stessi da Gotar, una figura apparentemente ambigua, ma profondamente umana. A parte costoro tutta l’umanità viene descritta come un qualcosa di moralmente  sterilizzato e di spiritualmente asettico;  e tale rimane anche dopo una tremenda prova. La visione dell’Autore è negativa circa la possibilità di ripresa di una civiltà che si è incamminata ed ha perseverato sulla strada sbagliata. Resta pur sempre una speranza per pochi che non vogliono rassegnarsi: quella di cercare altri mondi, altri pianeti e ricominciare tutto daccapo.

BATTAGLIA  ROMANO, Mi hanno rapito gli extraterrestri, Torino, SEI, 1977.

Uno strano oggetto volante  è stato visto posarsi su un campo di granoturco, nei pressi di Chignolo d’Isola, in provincia di Bergamo. Al cronista Romano Battaglia subito accorso per dovere professionale, capita di trovarsi spinto da una forza misteriosa verso lo strano oggetto. E’ l’inizio di una strana avventura che lo porterà sul pianeta Antar, dove avrà modo di conoscere gli abitanti, di scalare alte montagne e di calarsi nelle profondità di miniere d’oro. Sulla Terra i familiari, i compagni di lavoro, la polizia lo credono dapprima rapito, poi, dopo un contatto telefonico del cronista con la moglie e la precisazione di essere a contatto con extraterrestri, viene ritenuto pazzo. Al suo ritorno sulla Terra gli amici si eclissano e lo evitano. Solo la madre lo troverà “cambiato,più vecchio ma migliore”.

L’incontro ravvicinato di terzo tipo, immaginato dall’Autore è alquanto singolare perché l’incontro reale con extraterrestri, che il titolo lascia presagire, avviene solo attraverso il contatto con il prodotto della tecnologia di Antar e non con gli abitanti. Questi, infatti, si manifestano sempre indirettamente per mezzo di voci, immagini, suoni. La fantascienza che Battaglia propone ai ragazzi è diversa da quella cui sono abituati da film e libri in cui prevale l’avventura. Qui l’avventura manca; in compenso vi è un’atmosfera particolare fatta di stupore per ciò che l’Autore vede e scopre, di rabbia per ciò che l’uomo sta distruggendo, di speranza e anche di rivalsa per coloro che durante  la vita terrena sono stati costretti a subire, a patire perché deboli e vinti, mentre su Antar potranno trovare un rifugio e il recupero dei beni perduti.

Il rapimento e la descrizione del pianeta dalle pianure azzurre, dai fiori giganteschi, dalla neve rossa è un pretesto, è l’occasione che permette all’Autore di parlare di Antar come dell’Eden perduto dall’uomo, ma rimasto sempre là dove il Creatore l’ha posto  all’atto della creazione; un mondo in attesa dell’uomo e a cui l’uomo farà ritorno dopo un periodo di vita trascorso sulla Terra. Battaglia con  questo singolare libro, in cui anche la parte iconografica ha la sua importanza e il suo peso, ha voluto lanciare un messaggio di fratellanza e di bontà in un mondo che ha dimenticato il significato dei due termini, che continua a ignorarli e che, in mancanza di ogni logica, tende a definir pazzo chi cerca affannosamente di fargli ritrovare il vero significato e di indicargli la strada smarrita.

BUCCERI MARIA GRAZIA, 3125: favola del futuro ovvero Il lungo viaggio di Cracchete, Firenze, Giunti, 1978.

Fuggita dal pianeta Rotolone, una famiglia di Robot passa attraverso molteplici avventure, toccando Marte, la Luna per approdare infine sulla Terra, Protagonista principale della storia è Cracchete, un robot di 2° categoria, imperfetto nel corpo e anche nella mente che non ospita neppure un briciolo di fantasia.

La lunga storia si conclude col risveglio di Cracchete che si ritrova bambino all’età della pietra.  Si tratta di un racconto puramente fantastico ambientato tra immaginari pianeti dove si trovano oggetti, personaggi e animali cari al mondo dei più piccoli. Le varie avventure si presentano a volte un poco confuse e caotiche, ma ciò non toglie che il piccolo robot e il suo amico albero possano dilettare i bambini con le loro allegre vicende vissute tra stelle, comete e mondi che sanno ancora di fiaba.

CAPECE LYDIA, Fuggiaschi tra le stelle, Firenze, Giunti, 1972. (MINU, n° 3, 1974; MERI, n° l0, 1973; SCHE  n° 119-120, 1972).

CARATELLI GIANNI, Il sisma di Dor, Bologna, Capitol, 1975.

Un’astronave extragalattica scopre che sulla Terra, pur dopo distruzioni, catastrofi, cataclismi, esiste ancora l’uomo se pur chiuso entro cupole per difendersi dai micidiali microrganismi che lo minacciano. Gli extraterrestri del Maar, che già sono passati attraverso situazioni analoghe, vengono in aiuto ai superstiti e guidano con consigli uno scienziato il quale riesce a riportare la Terra allo stato di prima. Ma questi, conscio dell’importanza delle sue scoperte, vuole dominare il mondo e spingersi poi alla conquista del cosmo. Un fattore imprevisto  distrugge però il supercervello da lui costruito e la Terra può ricominciare a sperare.

Nei romanzi gialli esistono tre punti essenziali dai quali  non si può prescindere: il delitto  commesso, le indagini svolte, la scoperta del colpevole. Nei romanzi di fantascienza, invece non si trova una gradualità così costante, sebbene la loro stesura comporti l’osservanza di alcuni punti fissi; un mistero iniziale, l’analisi scientifica di tale mistero, il raggiungimento di un punto di rottura nell’equilibrio generale della natura e la soluzione che è talvolta dovuta alle macchine, talaltra ad una banale scoperta. Wells è  maestro in tale campo e di Wells ritroviamo una lontana eco nel volume di Caratelli quantunque  la situazione sia rovesciata: là  avevamo  i Marziani che minacciavano la Terra e venivano vinti da microscopiche cellule; qui invisibili ‘gemme’ vinte dall’uomo. Una analogia, invece, più completa la si ritrova nel finale dove a combattere immense macchine pensanti, robot perfezionatissimi, enormi armi di offesa, basta un minuscolo, infinitesimale  granello di polvere.

I temi trattati dall’Autore sono molteplici: presenza di esseri  extragalattici dotati di poteri mentali quasi infiniti, problemi ecologici dell’inquinamento che costringe l’uomo a vivere in cupole isolate, solidarietà umana, desiderio di potere, timore della corsa agli armamenti. Non tutti i  temi sono approfonditi: alcuni sono accennati quel tanto che basta a colpire la fantasia del lettore e a farlo ragionare. Domina su tutto il racconto la paura della fine ecologica, di quella che Rachel Carson definì ‘primavera silenziosa’. E’ l’argomento che predomina nella prima parte e contro cui l’uomo si batte per sopravvivere ed è anche l’arma tremenda che nella parte finale del romanzo permette ad una mente malata di soggiogare il mondo. Un racconto fantascientifico ben condotto, scorrevole, da leggersi d’un fiato, ma a ritornarci con la mente per una più completa messa a fuoco dei problemi, dopo che la fantasia è stata appagata dall’incalzare delle azioni e dalla loro conclusione.

Carmi eugenio – ECO UMBERTO, I tre cosmonauti, ,Milano, Bompiani, 1966.

Si tratta di un album per bambini con testo in 150 righe  di U.Eco, illustrato da 16 disegni di E.Carmi. Narra un viaggio su Marte compiuto da tre astronauti, uno americano, uno russo, uno africano, con tre diverse astronavi e dellincontro dei tre con un marziano.

Umberto Eco racconta, Eugenio Carmi illustra usando la tecnica del collage. Entrambi contribuiscono a creare una fiaba semplice allapparenza, che, però, contiene nella sua brevità molti significati. Tutto quanto viene solitamente diluito in un intero romanzo, scrittore e illustratore, rivolgendosi ad un pubblico estremamente particolare quali sono i bimbi di sei-sette anni che appena incominciano a leggere, lo condensano e lo riducono allessenziale affinché nulla di quanto si propongono di insegnare vada perduto.

E affiorano così diversi temi: la difficoltà dei voli spaziali; il coraggio delluomo nellaffrontare lignoto; il desiderio di primeggiare in tutti; il nazionalismo; il razzismo; la paura degli aliens; limpulso a distruggere e ad uccidere chi è diverso da noi ma anche lintelligenza di superare questo impulso di fronte a reazioni comuni.  Tutto questo in poche righe che, per essere pedagogicamente valide, dovranno essere lette a due voci: quella delladulto e quella del bambino perché, spiegano gli autori: Questa è una fiaba di oggi per i vostri bambini. O forse no. E per voi. Comunque provate a raccontarla a loro. Forse riconosceranno il loro linguaggio di domani, e la racconteranno a voi.

CARPI PIER, Johannes delle grandi sabbie, Olzano Emilia, Malipiero.

CHIARELLI RICCARDO, Marte il pianeta misterioso. Avventure astrali, Torino, SEI, 1962.

Francesco e Andrea, mentre attraversano il ghiacciaio Scersen per emigrare clandestinamente in Svizzera, vengono raccolti a bordo di un disco volante e trasportati su Marte dove vive una colonia di terrestri. I due vengono separati: uno inviato verso le miniere di materiali transuranici, laltro costretto a seguire corsi di pilotaggio presso la scuola della colonia terrestre. Dopo varie vicende i due amici si ritrovano nella città di Kroston dove, ritenuti spie, vengono imprigionati. Liberati da Ketty e da un marziano finiscono tra i sopravvissuti, una popolazione marziana emarginata da secoli e desiderosa di riacquistare il potere. Lavventura si conclude con una titanica battaglia tra astronavi, alcune delle quali riescono a riprendere la via della Terra... dove i due ragazzi si risvegliano in un ospedale svizzero in cui erano stati ricoverati a causa di una valanga. Il viaggio spaziale non era stato che un sogno.

Strano linizio della storia con un accenno ad una vocazione religiosa non realizzata, con la descrizione di un ambiente pastorale, con laccenno alle aspirazioni e alla situazione dei due protagonisti: tutti argomenti che non  lasciano certo presagire lo sviluppo di un racconto di fantascienza.  Inaspettato ma coerente con lapertura del romanzo, è il finale. Evidentemente lautore si è voluto divertire col suo Marte popolato di personaggi nessuno dei quali sembra apprezzare gli ideali di pace e di convivenza. I terrestri pensano a sfruttare il pianeta; i marziani, sospettosi, attendono il momento di occupare la Terra; il gruppo dei sopravvissuti pensa solo a vendicarsi e a sfruttare poi le conoscenze acquisite per impadronirsi della Terra.

Di pedagogicamente valido vi è nel racconto  solo il sentimento di amicizia che lega i due ragazzi. La descrizione del pianeta rosso non si discosta dai moduli usuali e ricorda quella di altri romanzi che hanno Marte per ambiente.  Il volume offre una lettura facile, idee semplici; ottimo lo stile e la lingua che ricordano spesso la parlata toscana.

COLLI GIUSEPPE, Di là dal cielo. Romanzo di fantascienza, Torino, SEI, 1965,

Il ripetersi di casi di pazzia tra minatori che lavorano sullasteroide Eco costringe il governo americano ad inviare il professor Tatuch, un valente clinico. Questi parte in compagnia della figlia Eliana a bordo di un’astronave. Durante il viaggio, causa un’avaria dovuta ad una collisione con meteore, lastronave è attirata e catturata da un pianetino artificiale russo, i cui occupanti vorrebbero strappare ai prigionieri tutti i segreti possibili. Liberati dallastronave Minerva 7, comandata dal capitano Taylor, una donna, e formata da un equipaggio femminile, i superstiti raggiungono lasteroide. Il professor Tatuch non tarda a scoprire la causa della pazzia tra i minatori, ma la sua scoperta si rivela tardiva perché cinque uomini, colpiti dalla strana malattia, riescono a distruggere la centrale atomica e a provocare la totale esplosione dellasteroide, dopo che tutti gli abitanti sono riusciti a mettersi in salvo.

Che la fantascienza sia entrata di diritto nella letteratura narrativa dei giorni nostri con il suo straordinario interesse drammatico e la sua avvincente carica fantastica (come si legge nella Presentazione del volume) è fuor di dubbio. Che ne dia lennesima prova in questo romanzo (è sempre la Presentazione che parla) è molto meno sicuro. Il fatto che in questo romanzo siano descritte avventure ambientate su un  asteroide e si parli di astronavi non basta a far della fantascienza. Qui la fantasia può anche non mancare, di sicuro manca la scienza, quel tanto di anticipazione che, pur seguita da sviluppi del tutto fantasiosi o addirittura arbitrari, nelle migliori opere del  genere costituisce laspetto più interessante e per così dire tipico del filone. Si pensi alle opere di Asimov, di Hoyle, di Heinlein, di P.Andersen...

In altre parole le avventure del professor Tatuch, di sua figlia Eliana, della capitana Taylor e del suo equipaggio femminile, avrebbero potuto essere ambientate nel Far West o nella moderna Londra senza perdere nulla del loro sostanziale valore e significato.

Chiarito, dunque, che qui la fantascienza è solo un pretesto e una cornice esteriore, è doveroso aggiungere che il libro si fa leggere volentieri e che può costituire un apprezzabile motivo di svago.

CONTINO GIORDANO ADA, AS come Asdrubale, Varese, Varesina Grafica, 1971, (SCHE, n° 112, 1971.)

CREMASCHI INISERO e GILDA MUSA, Le grotte di Marte, Milano, Bietti, 1974.

Un piccolo aereo-jet da ricognizione è costretto ad atterrare su un deserto di Marte. La sabbia cede, laereo-jet sprofonda lungo grandi tunnel sotterranei. Gli astronauti scoprono che, nelle profonde grotte di Marte, vivono i sopravvissuti di un’antica civiltà. Cercando di decifrare il destino di questi discendenti di antichi naufraghi spaziali, i protagonisti del romanzo finiscono per ricostruire lintera storia delle avventure astronautiche.

Le conquiste delluomo spesso si risolvono in catastrofi. E quanto scoprono i tre esploratori di Marte, imprigionati nelle viscere del pianeta e catturati da un popolo di strane creature che hanno saputo adattarsi a vivere in condizioni fuori del comune, a contatto con una natura ingrata e ostile.

Non si tratta, però, di un contatto con un popolo extraterrestre: il popolo marziano, gli uomini-ombra che popolano le grotte di Marte, sono i discendenti di terrestri naufragati con la loro astronave sul Pianeta rosso, Il mito ricorrente di Robinson Crusoè, presente in molteplici vicende fantascientiche, si trova anche in questo romanzo. Non si tratta, comunque, di un solo Robinson, ma di molti, di tutti i componenti di una astronave fagocitata dalle sabbie di Marte, i quali per sopravvivere seppero adattare se stessi, le loro conoscenze e le loro capacità ad un ambiente estraneo che riuscirono a piegare alle loro esigenze, potendo così sopravvivere e far continuare la vita nei loro discendenti.

Un racconto non privo di suspence e di interesse, chiaro nellesposizione e ben articolato. Completa il volume una brevissima storia dellastronautica a cura di G.Dicorato, completata da 39 immagini.

CORSETTI ADONELLA, Voi cosa avreste fatto?, Bologna, Capitol, 1974.

Una sessantina di ragazzi di un liceo scompaiono misteriosamente durante una gita scolastica, unica traccia una piccola sfera di metallo sconosciuto sulla Terra. Si apprenderà in  seguito che i ragazzi, mediante un disintegratore atomico, sono stati trasportati in un altro mondo più evoluto  del nostro. Dopo un periodo di vita a contatto di questa nuova civiltà viene loro concesso di ritornare per un certo periodo sulla Terra e di scegliere poi se rimanervi o accettare di vivere in una civiltà superiore. Un difficile caso di coscienza da risolvere.

Giallo e fantascienza sono due ingredienti che lAutrice ha saputo egregiamente fondere in un  romanzo che, senza dubbio, piacerà ai ragazzi. La vicenda non presenta eccessive novità.  Si tratta di un ennesimo esempio di come si possa viaggiare nel tempo e nello spazio mediante, stavolta, una minuscola sfera capace di trasferire luomo da un mondo allaltro.  Quello che , però, maggiormente interessa lAutrice non è tanto il mezzo di trasporto quanto i rapporti che possono intercorrere tra un uomo del XX secolo e una società più evoluta che comunica attraverso il pensiero e che ha superato tutte le meschinità, i drammi, il male tout-court, che affliggono lumanità. Ma lAutrice va oltre. Dopo aver fatto conoscere ai ragazzi terrestri quali siano le possibilità di un vivere veramente civile, li rimanda al punto di partenza, sulla Terra cioè, lasciando  però loro la possibilità di ritornare in quellEden extraterrestre.

 Voi, che cosa avreste fatto? chiede al lettore.

Il racconto, avvincente, di piacevole lettura, non si perde in oziose divagazioni e quel che più conta costringe chi legge a meditare su quello che è la società o e su quella che potrebbe essere.

DE GISLIMBERTI ADRIANA, Ferronia città del 5000, Milano,Gastaldi, 1961.

La vita in una città del futuro vista ed esaminata in chiave fiabesca: questo largomento.

La visione poco allettante di una città del futuro in cui lautomatismo e la scienza hanno soffocato la natura, apre il racconto lasciando presupporre un’analisi di tale società e, in conclusione, una accettazione o una critica.

Nulla di tutto questo; il pizzico di futuribile si esaurisce subito e poi riappare solo qua e là, sovrastato dallelemento fiabesco che acquista subito il predominio e male si intreccia con linvio fantascientifico, per cui linteresse di chi si era accinto a leggere un’avventura fantascientifica scade. Molto modeste la stampa e le illustrazioni. Non mancano errori di stampa.

DINELLI LUCIANO, Tommy Rocket sulla Luna, Milano, AMZ, 1971.

Tommy, la sorellina Lucille e un  gatto sordo, addestrato alla scuola di polizia, partono alla ricerca del bandito Verdone a bordo di un razzo. Discesi sulla Luna, guidati dal gatto, scoprono il nascondiglio del bandito e, resisi invisibili dopo aver mangiato una pera magica, riescono a catturare i banditi col loro capo e a ritornare sulla Terra.

Non si può evidentemente parlare di fantascienza quando ci si trova di fronte a libri come questo, rivolti a bambini. Si può solo parlare di racconto fantastico in cui lautore ha fatto uso di termini, luoghi, oggetti che i bambini hanno avuto la possibilità di vedere sui teleschermi o in film o di averne sentito parlare.

Una fantafiaba quindi dove le molte illustrazioni a tutta pagina di Dinelli, oltre a rendere più simpatici i protagonisti, conferiscono alla storia un effetto originale e di buon gusto.

ELLER M. (Laura Rocca Terracini), Linafferrabile Mister Invisibile, Bologna, Cappelli, 1970.

Peter, biologo di un ipotetico Centro di ricerche, beve per errore un liquido magico proveniente dallIndia. Divenuto invisibile, passa attraverso molte avventure e situazioni strampalate, riuscendo, però, a smascherare una temibile banda di gangsters. Gli sta a fianco una giovane dottoressa  che conferisce alla storia un pizzico di romanticismo e di sapore rosa a tutta la vicenda.

Un libro divertente, scanzonato, allegro. Siamo nellambito di una fantascienza molto diversa da  quella normale, una fantascienza che non si affida allelemento tecnologico ma a quello fantastico.

Molto lontano dal prototipo di Wells Luomo invisibile, il libro della Eller vuole essere solo una avventura piacevole e umoristica, intesa a divertire e a stupire per la semplicità delle sue trovate.

FORINA DANILO, I cavalieri dello spazio, Brescia, La Scuola, 1972.

Alcuni uomini sono stati scelti per dare inizio alla conquista dello spazio. Quattro ragazzi, i loro figli, li seguono ansiosamente con lo spirito quasi a dimostrare che, come nei Cavalieri del Medioevo, la lealtà, la generosità, la solidarietà e lamore sono virtù che mai moriranno.

Come oggi la maggior parte dei romanzi di Verne non possono più considerarsi appartenenti al filone fantascientifico perché il predetto si è avverato, in simil guisa può essere  considerato il romanzo di Forina. Voli nello spazio sino alla Luna, incidenti spaziali, passaggio da una capsula allaltra sono fatti di cui la cronaca si è spesso occupata. Nel romanzo non cè quellimpennata fantastica che ha per fulcro un dato scientifico il quale, se pur apparentemente utopistico, offre però una remota probabilità, una infinitesimale possibilità di avverarsi; cè, invece, un esame minuzioso e appassionato dei sentimenti, delle ansie, delle  trepidazioni di coloro che attendono il ritorno degli eroi che vanno verso le stelle. La vicenda, giocata più sui sentimenti che sullazione, è tutta tesa a dimostrare come lealtà, generosità e solidarietà siano le componenti essenziali su cui deve basarsi ogni tentativo che interessa lintera umanità.

FRACCHIA MICHELE, Nanitha, il ragazzo del pianeta X, Rivarolo, Edizioni San Giusto, 1964.  (SCHE, n° 80, 1966).

GIGLI SILVIO, Quattro ragazzi conquistano gli astri, Milano, Fabbri, 1958.

Quattro ragazzi dallo spirito avventuroso riescono a raggiungere Marte e a prendere contatto con gli abitanti del pianeta. I primi contatti riescono piacevoli e interessanti. Viaggiano tra i pianeti dove vivono strane avventure, vengono a contatto di mostri e di piante fuori dal comune. Torneranno sulla Terra con la convinzione che, in fondo in fondo, sul nostro pianeta non si sta poi tanto male.

Il titolo lascia presupporre un racconto di fantascienza, ma il lettore si trova di fronte ad una fiaba ambientata nel nostro sistema solare, raggiunto attraverso un volo spaziale il quale, ha il difetto di non appoggiarsi ad alcuna base scientifica. Alcune situazioni fanno pensare a Luciano di Samosata e al suo viaggio verso la Luna a bordo di un veliero spinto dal vento, ai mostri descritti, alle strane piante cui accenna lo scrittore greco. Altre situazioni, come gli alberi che producono prosciutti, salami e altre ghiottonerie, richiamano alla memoria qualche pagina di Rabelais.

La semplicità delle situazioni, tutte alla portata delle conoscenze che i ragazzi possono avere in una età che va dagli otto ai dieci anni, rendono piacevole la lettura del volume anche in virtù di una vena umoristica che permea qua e là le pagine del romanzo.

ISOLDI LILIA, Invito dal cielo, Le Stelle, 1968.

E la storia fantasiosa di alcuni ragazzi che, durante un loro gioco, scoprono la presenza sulla Terra di cinque esseri, ragazzi anchessi, provenienti dal pianeta Astra, giunti sul nostro pianeta per invitare i terrestri a conoscere la più progredita civiltà degli Astrali. Dopo varie vicende vissute per le  vie di un paese dove si celebra la festa del patrono, i ragazzi decidono di seguire gli Astrali sino alla loro astronave con lintento di imbarcarsi. Allultimo momento rinunceranno allavventura e, credendo di aver sognato, ritornano al paese.

Molti luoghi comuni del genere sono presenti nel breve racconto, cui è stato attribuito il premio di letteratura giovanile Francavilla a Mare nel 1968.

Il lettore si trova di fronte ad unesile e mingherlina trovata – un incontro ravvicinato di trerzo tipo con extraterrestri, dischi volanti e robot – intorno al quale si dipanano, col solo intento di tirarla per le lunghe, avventure di paese di scarso interesse le quali conducono ad un finale di comodo presente in molti altri romanzi del genere. Ma possibile che tutto si debba sempre risolvere con un sogno? Possibile che non si possano offrire ai ragazzi validi racconti di anticipazione?

Nellultima parte del romanzo si accenna alla macchina del tempo, ma non era il caso di scomodare Wells per così poco. Sorge il dubbio che lAutrice abbia voluto scrivere un racconto con intenti satirici e umoristici sulla fantascienza: assunto peraltro accettabile. Lassunto, non i risultati.

LANDOLFI LINO, Operazione arrembaggio, Torino, Paravia, 1968.

Harry Morgan, pilota, mentre tenta di ricuperare una sonda spaziale che rientra da Marte,  viene sbalzato di trecento anni allindietro nel tempo, e si ritrova nei panni del famoso corsaro suo omonimo. Avventure della filibusta per mare e per  terra, arrembaggi e scazzottate nelle taverne della Tortuga accompagnano il pitota-corsaro Morgan durante la permanenza nel passato.  Al suo ritorno il racconto delle avventure corsare desta molta perplessità e scetticismo negli ascoltatori. Lunica spiegazione accettabile è che il transfert sia dovuto ad un sogno ipnotico trasmessogli telepaticamente dal cervello elettronico della sonda che aveva recuperato.

Tipico esempio di fantascienza  rivolta al passato. Non marziani, non venusiani, non invasioni da parte di aliens, ma semplicemente un flash-back operato non con la cinepresa ma con linvio allindietro del protagonoista in carne e ossa.

Lopera di Landolfi, ambientata ai giorni nostri è fantascientifica in un modo  tutto suo, anche se non completamentre inedito in quanto si tratta di una variante al tema della macchina del tempo.

Lavventura di Morgan non manca di un certo fascino, specie se il contenuto, come qui avviene, è sorretto da fantasia, vivezza di stile, senso dellumorismo. E evidente che lAutore si è divertito, riuscendo anche a divertire il lettore, pur trattando un argomento che, nonostante tutto dà da pensare. Ben inserite nel contestro del racconto ed esposte senza pesantezza le numerose nozioni tecniche e le spiegazioni della teoria spazio-tempo che sta alla base di tiutta la vicenda.

LIBENZI ERMANNO, Il pianeta dei matti. Fantacronache del futuro scritte da uno schiavo dei Robot, Milano, Garzanti, 1971.

Il volume contiene i seguenti racconti: La guerra dei Pot; In crociera con lAstronauting Club; L uomo che dovette diventare un robot; Il pifferaio di Elettronia; La conquista di Minerva; Chi ha paura del professor CE Gamma 421?;  I Rotauri; Lirresistibile ascesa del Computer I.

Nulla dies sine linea, dicevano gli antichi, o la mente e la mano rschiano di atrofizzarsi. Ma la mente e la mano, nonché gli altri arti, si atrofizzano ancora di più quando luomo si adagia sulle sue invenzioni e si affida completamente alle macchine e ai robot da lui costruiti e perfezionati. Lindispensabile rende schiavi. E quanto accade allumanità descritta dallAutore, una umanità costretta a vivere secondo la volontà, (se mai esiste!) e il flusso dellenergia elettrica o nucleare, in mezzo a città ricoperte di cupole di plastica, costretta a mangiare cibi sintetici e a vivere a fianco di macchine pensanti, programmate e prive di fantasia.

Se il ragazzo può divertirsi a ridere nel  leggere La guerra dei Pot, Luomo che dovette diventare  un robot, I Rotauri e gli altri racconti di Libenzi, ladulto dovrebbe meditare sulle verità che lAutore semina qua e là. La civiltà delle macchine sta come un tarlo, rodendo la natura senza che luomo se ne accorga. e sintomatico il comportamento di un gruppo di turisti provenienti dallo spazio i quali, come nel Micromegas di Voltaire, riprendono la via del ritorno, inorriditi per quanto succede sul pianeta Terra. Per lAutore luomo non si accorge di essere a poco a poco asservito e dominato dalle macchine e dai robot.

In Io, robot Asimov cerca di conservare alluomo la sua dignità, il suo diritto a rimanere sempre il re del creato, programmando i suoi mostri dacciaio secondo le tre ferre leggi della robotica; Libenzi, invece, trattando il tema in tono semiserio e umoristico,  dimostra come sia facile che il golem costruito prenda la mano del costruttore e come, pur potendolo vincere – vedi il racconto Chi ha paura del professor CE Gamma 421? – luomo supinamente si adagi sul progresso e ripensi a quel momento di lotta per la libertà come a un divertissement giovanile. 

Dai vari racconti luomo esce sempre sconfitto; è vittima del sistema da lui stesso creato.  Lo testimonia lamaro finale Io stesso, per potere scrivere questo libro, ho dovuto lavorare di nascosto, approfittando delle brevi pause che i robot, miei padroni, di quando in  quando, mi hanno concesso.

LIBENZI ERMANNO, Cera una volta... la bomba atomica.Fantafavola del 2000, Milano, Mondadori ,1966.

LUGLI ANTONIO, Stuff e lo spaziale, Torino, SEI, 1968. (SPEC, n° 39-40, 1969; SEGN, 1970.

MADIA BIANCA, Le bambine del pianeta dargento, Milano, Piccoli, 1968.

Astrid e Milly Anna, due bambine nordiche, vengono per caso a contatto con le Galassine, creature extraterrestri provenienti dal pianeta Galas. Compito di queste ultime è quello di impedire agli uomini luso indiscriminato delle armi atomiche e di rinunciare a pensare di risolvere le guerre con le armi nucleari. Attraverso le due bimbe nordiche il mondo viene informato della presenza di esseri extraterrestri e della loro missione, ma nessuno vuole credere e ascoltare il  messaggio. Sarà necessarsia una minaccia grave, rivolta a tutte le madri: I vostri figli non cresceranno più, per costringere luomo a rinunciare ai suoi progetti e a certi esperimenti.

Si è detto più volte che scrivere un romanzo di fantascienza per ragazzi è difficile. LAutrice non ha però tremato di fronte al tema e ha fornito una vicenda garbata, accessibile, interessante. Lunica pecca formale è quella di aver abbondato in leziosaggini e di aver usato troppo vezzeggiativi e diminutivi.

MARIANELLI SAURODamiano dal viaggio strano, Torino, Paravia, 1971. ((MINU,  n° 1, 1974; SCHE ,n° 111-112, 1971; SPEC, n° 53, 1972; VITA, n° 7, 1972)

MARTINI LUCIANA, Addio al pianeta Terra, Firenze, Vallecchi, 1965.

Una minaccia di distruzione grava sulla Terra. Theo con i genitori è costretto ad abbandonare la casa e a cercare di raggiungere una città sotterranea per potersi sottrarre al pericolo. Durante la fuga smarrisce i genitori e dopo aver a lungo errato giungerà in compagnia di altri ragazzi al razzo che potrà trarli a salvamento portandoli a vivere in un altro pianeta.

E raro che si trovino dei buoni libri di fantasscienza, ancor più raro  che tali libri offrano una introspezione dei personaggi quale si ritrova nel volume della Martini. In verità la fantascienza funge nel racconto solo da sfondo, da pretesto; il tema sarebbe ugualmente valido anche se non implicasse la fine del mondo, ma solo una eventualòe guerra atromica. Il personaggio principale di tutto il racconto non è Theo, bensì la paura, una paura che serpeggia ovunque, che si insinua in tutti. Theo, invece, rappresenta la coscienza dellumanità che diventa, troppo tardi, adulta di colpo quando si accorge di aver sbagliato ogni cosa; è il rimorso degli uomini nei confronti dei loro figli: se vi avessimo visti prima ci saremmo fermati in tempo, confessa un pilota. Theo è pure la speranza di chi si rinuncia a salire sullastronave per far posto ai ragazzi, a delle cambiali a lunga scadenza il cui pagamento sarà la continuazione della specie e non la fine totale. Un libro, quindi   di speranzal.

La prima parte dellopera è migliore, più spontanea e prevale sulla seconda che sa di costruito e talvolta di troppo ragionato. In complesso un buon libro da leggere e rileggere perché, dice Rodari nella prefazione: Rileggere può essere più importante e più bello che leggere.

(Nel 1973 il volume è stato ripubblicato dallEditrice Bompiani nella collana  Narratori moderni italiani e stranieri per la scuola, curato da C.Poesio e G.Sansone, con prefazione di G. Rodari

MELEGARI VEZIO, Missilino Fiordimarte, Milano, Rizzoli, 1965. (MINU, n°3. 1978; SCHE, n° 78, 1965; L.Colonnetti, Cari Libri)          

MILANI MINO, Le avventure di Martin Cooper. Il paese delle grandi orme. In fondo al pozzo, Milano, Mursia 1970.

Si tratta di due romanzi raccolti in un unico volume. Il primo è ambientato in una foresta amazzonica e in altri luoghi inesplorati; laltro in unisola al largo della Nuova Scozia. Entrambi pongono il problema della conoscenza, i dubbi e le incognite cui luomo va incontro quando decide di sondare i misteri del passato e il perché di certi enigmi rimasti insoluti.

G.Francesconi, nella presentazione dei due lunghi racconti, scrive: I racconti sono soprattutto un terribile match giocato tra il reale e il fantastico ed è, appunto,  sotto la dimensione del fantastico dellirreale contenuto della trama che essi possono entrare nel filone della fantascienza, sebbene questultima non sia il fine che lAutore si è prefisso.  Ciò non toglie che il primo racconto richiami alla memoria il libro di Arthur Conan Doyle The lost world, in cui è descritto un lembo del mondo preistorico, popolato di animali dellera mesozoica, relegato su un altipiano sperduto nell’America del Sud; mentre In fondo al pozzo ricorda Verne di Viaggio al centro della Terra e il breve racconto Il pozzo e il pendolo di E.A.Poe. In questultimo caso però laccostamento è dovuto unicamente ai due elementi che caratterizzano il  racconto.

Lavventura prevale comunque sulla scienza, unavventura per lo più di genere giallo in Il Paese dalle Grandi Orme, in cui gli accenni allOnactornis, un animale preistorico sopravvissuto fino ai nostri giorni, che compare nellultima parte e scompare per sempre dopo unepica lotta con i protagonisti, fanno pensare al filone fantascientifico legato al passato.

Il secondo racconto è, invece, saturo di suspence e improntato ad un’angosciosa  ricerca che tiene a lungo col fiato sospeso (forse un po troppo a lungo!) e la cui conclusione non appaga interamente il lettore. La domanda che rimane in sospeso di fronte a quanto si è voluto accuratamente celare, alla paziente costruzione del pozzo, allimmensa intelaiatura che sostiene lenorme pendolo, è : cui prodest? Anzi  cui profuit? Domanda che non trova risposta.  Ma è certamente su questo senso del mistero, sui dubbi, sui problemi che la ricerca comporta che si basa la sostanza dei racconti. Certi misteri luomo non li può risolvere, li può solo scandagliare, esaminare con umiltà e accettarli,  anche se alla fine della sua indagine di essi non rimanga alcuna traccia visibile, così come nulla di tangibile rimane al fotografo Deg cui la fatalità impedisce di visualizzare tutta la documentazione fotografica fissata sulle pellicole. Rimane pur sempre il problema della conoscenza, lunico che possa spingere e sorreggere luomo, specialmente quando si trova di fronte a qualcosa che gli appare impossibile.

MINESTRINI WALTER, Zamor: di là dal sole, Brescia, La Scuola, 1972,

Marco, convinto che possano esistere nelluniverso altri corpi celesti abitati, diviene protagonista di un fantastico viaggio sul pianeta Zamor. Berto, un giovane venticinquenne suo amico, gli  è compagno nelle immaginarie vicende che egli vive in mezzo a strani esseri, più progrediti dei terrestri, buoni e pacifici, sui quali pesa un  terribile destino.

Lavventura di Marco rapito da extraterrestri e portato su un pianeta al di là del Sole si risolve, secondo lo schema di certe fiabe in cui largomento tende a colpire un po troppo fortemente lattenzione del ragazzo, con la classica soluzione del sogno.

Cappuccetto Rosso di Perrault mangiata dal lupo non risolveva sul piano educativo la fiaba; lo choc per il lettore era troppo forte ed ecco intervenire i F.lli Grimm con laggiunta del cacciatore che cerca di sciogliere il nodo drammatico e di ridimensionare largomento o meglio ancora Maria Pezzé Pascolato con la soluzione del sogno.

Lo stesso avviene nel romanzo di Minestrini. La vicenda di Marco sperduto nell’”orribile boscaglia, inseguito dai Kontikiani, perseguitato da un suono ossessivo e infernale, afferrato e trascinato in un  groviglio di lingue lambenti, aumenta la tensione del lettore e lascia presupporre chissà che; ma ecco che lautore conclude con un  semplice si svegliò. Se il lettore si era illuso di trovare una soluzione al problema di Zamor e una conclusione alla vicenda,  deve ricredersi e rimanere col suo desiderio inappagato. Un finale, pertanto, poco convincente, quantunque le premesse fossero state allettanti. Un non finale insomma dovuto, ritengo, allimpostazione della Collana LOrizzonte che, promettendo opere agili e svelte (la trentina di volumetti che la compongono oscillano tutti tra le 93-94 pagine) costringono gli autori a ridimensionare, a limare, a limitare la loro fantasia quasi questultima fosse una merce da misurare a litri come il vino o a chili come il pane.

MONCHIERI LINO, Il doppiomo astrale, Brescia, La Scuola, 1972.

Da una remotissima Galassia giunge sulla Terra un disco volante pilotato da strani essere i quali, pur avendo aspetto umanoide, presentano una figura doppia: i doppiomi.

Roberto è lunico tra un  gruppo di ragazzi ad entrare in contatto con uno di essi, a diventarne discepolo, ad applicare le stupefacenti invenzioni che il suo maestro gli fornisce.

Il romanzo,più che sulla vicenda, vive sul colloquio tra il ragazzo e lessere venuto dalle profondità dello spazio, sullutilità e la singolarità delle scoperte e sul fatto che esse, finché luomo non sarà maturo, si dimostrano controproducenti e dannose perché le cose più grandi di noi rischiano di soffocarci.

Un libro – scrive Ignazio Drago su Meridiana – apparentemente semplice, ma ricco di pensiero, che vuole divertire mandando a braccetto la fantasia e la scienza col segreto scopo di educare al reciproco rispetto e alla pace universale.

MONCHIERI LINO, Luomo senza nome, Roma, Edizioni Paoline 1972.

Il protagonista è un uomo senza nome, senza legami affettivi, senza inibizioni il quale gira libero per il mondo, consapevole della sua libertà, deciso  a rifiutare ogni mano che tenti di inserirlo nuovamente nel sistema da cui una alluvione lha tratto.

Se lAutore voleva offrire ai giovani un libro denso di problemi, diverso dai soliti, permeato da un alone fantascientifico che esula dagli schemi tradizionali del genere, vi è riuscito appieno.

Ho letto il libro in compagnia di un gruppo di giovani lettori e questi, giunti allultima pagina, sono rimasti estremamente disorientati e perplessi di fronte ad un  racconto a tratti surreali per la continua fuga dal mondo di oggi e a tratti quasi kafkiano per certe situazioni.

Leggendo – ha confessato un lettore – ho colto spesso lansia del protagonista di non essere confuso nella massa e il desiderio di evadere vuoi nella realtà, vuoi nella fantasia, in un sistema sociale nuovo dove esiste solo lindividuo e non la massa, un sistema dove la libertà sia concepita fuori della comunità.

Lepisodio del pallone è significativo: in mano ai potenti e ai ricchi luomo è sempre una palla presa a calci e fatta rotolare per diletto altrui. E da tale ordine sociale che luomo di Monchieri vuole evadere,  da un ordine che non permette ai blocchi di base di una piramide di trasformarsi in blocco di vertice. Lunica speranza è quella di cambiare internamente perché i tuoi pensieri non te li potranno mai mutare né strappare; e poi evadere con le ali verso linfinito.

La vicenda, che si snoda attraverso situazioni diverse, legate tra loro solo dalla presenza delluomo senza nome, e che fa costantemente uso di metafore, di transfert repentini da un mondo reale a situazioni fantastiche, non è certo la più adatta ad essere recepita e accettata dai giovani.  Anche certi concetti letterari che implicano una  preparazione o per lo meno una esperienza che manca spesso loro, contribuiscono ad aumentare la difficoltà di ricezione. Complicato, difficile, strano a tratti incomprensibile sono stati alcuni aggettivi usati dai lettori. Non si vuole con questo ammettere che i ragazzi capiscano solo problematiche ben definite e precise , tipo Cuore, tuttaltro! La lettura corale del libro di Monchieri non è stata interrotta a metà, come invece è accaduto per altri libri, e ciò è indizio di una validità tra i difetti rilevati, di una possibilità di dialogo offerta dallaperta contestazione proposta dalle situazioni che coinvolgono luomo senza nome.

MONCHIERI LINO, Gli avventurieri dellUranio, Brescia, La Scuola, 1960. (LEGG, 19669)

MORTILLARO COSTANTINO, La valle del mondo scomparso, Milano, Massimo, 1972.

Quattro ragazzi e due ragazze siciliani, durante una escursione geologica, si trovano improvvisamente immersi nel mondo preistorico. Il viaggio nel tempo dura una settimana. Incontrano uomini delle caverne poco ospitali, sono fatti prigionieri in un villaggio neolitico, osservano la vita di un agglomerato di capanne della preistoria siciliana e, infine, si ritrovano al punto di partenza e scoprono che è trascorsa solo una giornata.

La vicenda si impernia sul tipico viaggio nel passato effettuato al solo scopo di controllare de visu le notizie che gli archeologi riescono faticosamente a ricavare dai reperti riportati alla luce. Tutte le epoche preistoriche, dalla paleolitica a quella del ferro, sono presenti nella misteriosa vallata ritornata momentaneamente alla vita dalla notte dei tempi (a meno che non si tratti – ma  lAutore non lo dice – di un universo parallelo, ma arretrato). Un balzo nel passato effettuato solo attraverso una grotta non turba sul piano della verosimiglianza. Molto originale che lAutore abbia trasferito lazione in epoche lontanissime, ma facendole rivivere da ragazzi doggi, con pieno rispetto della psicologia giovanile, senza trasformarli in abitatori di altre epoche e consentendo loro quella autonomia e quella capacità di iniziativa che costituisce il più vivo desiderio dei giovani.

Il piccolo gruppo vive la sua avventura e risolve tutti i problemi e le difficoltà ad essi connesse senza bisogno di aiuti esterni, con il coraggio, il buon senso, il ragionamento e la capacità di mettere a frutto quanto i libri hanno a suo tempo insegnato; ed è questo il motivo più valido e laspetto più convincente del libro.

MUSA GILDA, Marinella super, Torino, SEI, 1978.

In una villa, sulle colline del Lago Maggiore,abita la famiglia De Gromo che conduce una vita apparentemente serena, in realtà inquieta per il timore della dilagante delinquenza. Il padre, ingegnere elettronico, attraverso sofisticate invenzioni cibernetiche cerca di difendere la casa e soprattutto la figlia Marinella. Ma a nulla valgono le difese. Marinella è rapita e solo lintervento di una macchina costruita in forma originalissima riuscirà a ricondurre la bimba a casa.

Si tratta di un  simpatico e avvincente racconto giallo-fantascientifico in cui, al di là della trama avventurosa, lAutore lascia trasparire il tema che ha sempre attratto i cultori del genere: la possibilità che un robot riesca ad agire autonomamente.

Avvalendosi di una prosa scorrevole e facile e costruendo una trama con argomenti cari ai ragazzi, lAutrice cerca nelle ultime pagine di dare una risposta allinterrogativo.

NARDINI PROPIO ELENA, Magico cielo, Milano , Massimo 1969.

Una banda di ragazzi trascorre allegre vacanze nella villa dei nonni. La più vivace del gruppo è Ylia che, spinta da un impulso misterioso, si cala un giorno in un burrone dove trova una ragazza priva di sensi. Messasi in contatto telepatico con questa, riesce a trasportarla nella villa dei nonni e a farla curare. La sconosciuta, di nome Kima, è una extraterrestre e la sua presenza dà il via ad avventure varie che coinvolgono in special modo Vinco, il cugino di Ylia. Purtroppo dopo giorni sereni e felici, Ylia deve ritornare con un’astronave  sul suo pianeta, abbandonando gli amici terrestri.

Nonostante la presenza in  copertina di un disco volante e di una ragazza indossante una tuta spaziale, non è certo la fantascienza la componente principale del romanzo. La fantascienza è semmai racchiusa solo nel mezzo di cui si avvale lAutrice per mettere a confronto due ragazze, Ylia terrestre e Kima proveniente dal pianeta Kantor; un mondo reale e un mondo immaginario. Tranne quindi, un’astronave nascosta in una grotta e la capacità telepatica di Kima di fantascientifico non vi è altro.

Lambiente in cui la vicenda si svolge è  fresco e arioso e la ventata di gioventù che si abbatte sulla villa di campagna coinvolge anche i  nonni, facendoli ritornare, se non negli atti almeno nei ricordi, i giovani di un tempo. Il giusto dosaggio di elementi misteriosi – furtarelli, fughe notturne, imbrogli a fin di bene – è tale da avvincere il lettore, la cui curiosità non si ferma allepisodio fine a se stesso, ma, guidata abilmente, giunge ad afferrare il nocciolo che è quello dellamicizia, dellamore fraterno che nasce spontaneo dallincontro di due persone  non solo di nazionalità, ma di mondi diversi.

Il tema dellamicizia è analizzato anche nelle sue varie sfumature: rapporti con gli altri ragazzi; rapporti con gli anziani, con gente estranea alla casa e più di tutti  viene approfondito il delicato sentimento (che non possiamo ancora definire amore anche se i presupposti esistono) che nasce tra Vinco, il più scatenato del gruppo, e la creatura extraterrestre. Se il racconto non  si conclude col lieto fine, ciò non genera alcuna amarezza perché il distacco di Kima da un mondo che, per poco tempo, era divenuto il suo non sa di addio ma di arrivederci.

PADOAN GIANNI, Robinson dello  spazio, Milano, AMZ, 1969.

Un astronauta, Robinson Miller, naufraga con la sua astronave sulla Luna e in attesa di soccorsi è costretto, come RobinsonCrusoè, ad usare tutto ciò che ha a sua disposizione per poter sopravvivere. Dalla Terra partono altre due astronavi in suo aiuto e sarà lamicizia tra lastronauta e un russo a portare ambedue in salvo.

Apparso nel 1969, lanno in cui Aldrin e Armstrong passeggiarono sulla Luna, il romanzo racconta in chiave avventurosa lodissea di un uomo costretto a sfruttare al massimno le sue cognizioni tecniche per adattarsi a vivere sulla Luna in attesa dellarrivo dei soccorsi. Sia la tecnica del volo spaziale sia la descrizione delle apparecchiature del modulo lunare sono condotte con una minuziosità che rivela una preparazione accurata su testi scientifici e su riviste specializzate.  Un pregio per questo libro ma al tempo stesso un difetto perché i ragazzi appassionati del volo spaziale si delizieranno con le vicende di Robinson alle prese con i resti della sua astronave e con i problemi che continuamente sorgono circa la loro utilizzazione; gli altri, coloro che cercano nella lettura la vicenda avventurosa ( e sono i più) accetteranno passivamente e forse negativamente quelleccesso di tecnicismo troppo minuzioso. La vicenda comunque, con la sua carica di suspence e di un pizzico di giallo, riscatta lattenzione per cui il romanzo risulta alla fine interessante e a tratti avvincente.

PADOAN GIANNI, Robinson degli Oceani, Milano, Fabbri, 1973.

Durante una seduta segreta del Consiglio di Sicurezza dellONU gli scienziati lanciano un grido di allarme. La Terra, vittima della disastrosa politica ecologica, ha bisogno di ossigeno per sopravvivere, E lossigeno si trova in fondo allOceano. Sarà Robinson Miller e il suo collega russo a portare felicemente a termine la missione dopo aver affrontato i mostri dellabisso, le correnti di fango e le insidie disseminate da agenti nemici che tentano di far fallire la missione.

Sbalzati dallo spazio al buio delle profondità oceaniche, Robinson Miller e Adrej Kljucev, i protagonisti di Robinson dello spazio, si trovano nuovamente uniti in un’avventura che ha per scopo la salvezza dellumanità. Il rapporto tra ossigeno e anidride carbonica nellatmosfera terrestre si sta alterando e la morte ecologica incombe sul pianeta. Occorre al più presto una iniezione di ossigeno e la fiala si trova nascosta poco al di sotto del fondo delloceano, racchiusa in una sacca dagli sconvolgimenti tellurici avvenuti nella preistoria. Questa è la premessa scientifica su cui si innestano le varie avventure, alcune delle quali quasi scontate. Come già notato a proposito di Robinson dello spazio, nuoce al racconto leccessivo tecnicismo di cui lAutore si compiace e i frequenti e insistenti riferimenti scientifici che tolgono talvolta il mordente alla vicenda e interrompono lazione. Ciononostante il romanzo risulta interessante e la vicenda può suscitare e promuovere ripensamenti in particolar modo quando lAutore accenna allinquinamento atmosferico, a quello marino e alla morte ecologica. Ciò fa riflettere su una civiltà che, senza accorgersene, sta lentamente portando alla rovina il pianeta su cui vive.

PADOAN GIANNI, Collana Spazio 1999 (dallomonima serie televisiva realizzata in coproduzione RAI-TV/ITC. Vol. 11:  0  Il Distacco.  1  I naufraghi dello spazio. 2 I pirati delle Galassie. 3 Verso il Tremila. 4 I giustizieri del Cosmo. 5 Al di là del tempo. 6 Lultimo tramonto. 7 Gli eredi del passato.  8 Guerra del cosmo.  9  I giorni del terrore.  10 Gli esploratori delleternità.  11 La grande dominatrice, Milano, AMZ.

Si tratta di una insolita trasposizione dallo schermo alla pagina scritta di vicende nate per essere proiettate in sale cinematografiche o sul piccolo schermo della televisione. Il normale rapporto libro-film diventa qui film-libro e presuppone un lavoro di adattamento tutto particolare e difficile da realizzare perché una vicenda filmata offre attraverso il connubio dellimmagine con la parola e la musica la comprensione globale e immediata delle situazioni: basta una inquadratura, un gioco di luci, un flash-back improvviso, un brano musicale, un effetto sonoro, una sovrapposizione per illustrare, spiegare, immettere subito lo spettatore in una situazione particolare, creando in lui un momento di ansia, di paura, di angoscia, di gioia. Con la pagina scritta ciò non  avviene né immediatamente né globalmente ma per gradi e a posteriori attraverso la lettura, la comprensione, la formazione nella mente del quadro e la partecipazione.

Con una trasposizione film-libro si corre il rischio di disperdere in descrizioni lattenzione e la partecipazione alle vicende, in particolar modo quando la parte tecnica è importante alla comprensione di un fatto.

Esiste, comunque, il rovescio della medaglia e cioè la maggior possibilità che la pagina scritta offre nellapprofondimento della psicologia dei personaggi, nella capacità di meglio penetrare certe situazioni e nel poter ritornare su quanto già letto per risolvere dubbi improvvisi.

Tutti i volumi della collana, corredati da una abbondante iconografia tratta dai fotogrammi della serie televisiva, rappresentano un esperimento riuscito di fusione e di reciproca integrazione fra testo e immagine per comporre un discorso unico, chiaro e penetrante. I racconti presentati abbracciano tutta la gamma dei temi cari alla fantascienza: ricerca di altri mondi, presenze inquietanti di extraterrestri, forme di vita superiori, inquinamenti di scorie atomiche, passaggi in altre dimensioni ecc.

Alla collana si aggiunge un volume strenna che si conclude con una interessante appendice scientifica in cui vengono spiegate, in modo chiaro e comprensibile, avvalendosi di facili esempi, le varie fasi che hanno preceduto la conquista della Luna, i problemi incontrati e illustra le possibilità  della conquista del sistema solare.

GIANNI PADOAN, I pionieri del cosmo, Milano, AMZ, 1976.

Anno 2072. Luomo affrancato dalla schiavitù, ha apparentemente conquistato la libertà. Le macchine gli mettono tutto a disposizione, qualsiasi cosa gli è permessa, tranne una: liberarsi dalla noia in cui è costretto a vivere proprio per la completa saturazione di ogni suo bisogno. Lunico scossone che può risvegliarlo è la consapevolezza che anche su altri mondi esiste la vita e tale scossone vien dato da un misterioso messaggio proveniente dalla stella Sirio. Tra imprevisti, contrattempi, lotte intestine tra sociologi e cibernetici, viene approntata la spedizione che porterà un gruppo di uomini alla ricerca del popolo che sta inviando i messaggi e che forse li attende ad una distanza di oltre otto anni luce.

La prima parte del romanzo lascia presagire una serie di avventure di là dal sistema solare, ma, sebbene le avventure non manchino, il racconto si conclude prima del grande balzo verso la stella Sirio. Lassunto dellAutore non è tanto quello di scoprire nuovi mondi, ma di far scoprire alluomo il mondo che dovrebbe nascere al suo interno, nel suo cuore. Non cè bisogno di scoprire mondi dorati per sopravvivere; occorre solo trovare un universo basato sullamore, sulla fratellanza, sul rispetto reciproco perché chi vive egoisticamente e per se stesso, costui è un antiuomo.

Questo il messaggio del romanzo, cui talvolta nuoce – come già rilevato in altri volumi dello stesso autore- un nozionismo e un preziosismo tecnologico troppo spinto e il desiderio di pater il lettore con conoscenze particolareggiate nel campo della missilistica, della cibernetica e del volo spaziale.

PADOAN GIANNI, Sirio, ultima speranza, Milano AMZ.

PADOAN GIANNI, I misteri della Stella Nera.  I pirati della Galassia, Milano Mondadori , 1978.

Se  si cambia la parola Stella in giungla,  e la parola Galassia  in Mompracem, ritorniamo di colpo a due romanzi di Salgari.  Padoan si sarà chiesto,Che cosa avrebbe scritto Salgari se fosse vissuto ai miei tempi?. Ha voluto tentare lui, e con successo, a scrivere avventure con personaggi simili a quelli di Salgari , inserendoli però in un  ambiente del futuro tra stelle e galassie.

PEDERIALI GIUSEPPE, Le porte del tempo, Milano, Bietti, 1973.

Un ragazzo che ha il massimo rispetto della natura e delle sue creature viene ricompensato dal vecchio Zenone con un viaggio oltre le porte del tempo alla scoperta delle varie tappe dellevoluzione del nostro pianeta. Entrando ed uscendo attraverso le varie porte, i due protagonisti assumono di volta in volta laspetto di creature vissute in determinate ere geologiche per giungere sino alla nascita di Cristo. Il racconto si conclude con un ritorno sulla terra di oggi.

Presentare ai ragazzi di 8-10 anni un viaggio nella preistoria ricorrendo ad una macchina del tempo sul genere di quella di Wells, sarebbe stato pretendere un po troppo dalla loro comprensione e lAutore ha saggiamente superato la difficoltà facendo perno sulla molla inesauribile che ogni ragazzo possiede e che è sempre pronto a far vibrare: la fantasia.

Basta così ai due viaggiatori, il vecchio Zenone e il ragazzo che non ha voluto uccidere un ramarro, oltrepassare con la mente le varie porte del tempo per trovarsi sulla Terra di milioni e milioni di anni fa Il  pretesto di illustrare ai ragazzi la formazione della vita sul nostro pianeta e le varie tappe dellevoluzione è evidente e a ciò contribuiscono alcune pagine scientifiche diversamente colorate dove largomento è affrontato al di fuori della vicenda e ampliato con notizie più precise. Forse non del tutto convincente è quella specie di metempsicosi continua in cui sono coinvolti i due viaggiatori, i quali, passando da una Porta ad unaltra, vale a dire da unera a quella successiva, si  trovano ora trasformati in trilobiti, ora in cefalopodi, ora in stegosauri o dinosauri, ora in scimmie e cani. Il racconto con le sue descrizioni e la moltitudine degli animali presentati è, comunque, valido per accostare piacevolmente il lettore ad una materia ostica, seppure affascinante, la quale sui libri di scuola è presentata solo schematicamente e in modo arido.

Di grande aiuto sono le ottime illustrazioni a tutta pagina di Marangoni, le quali hanno il pregio di rendere più viva e comprensibile la lettura.

PITT  GIORDANO, Robothomo. Cronache del 2013, Milano, Mursia, 1967.

Anno 2013. Cecil Clough, scienziato britannico, esegue uno straordinario esperimento: trasferisce parte del cervello di un   uomo ibernato in un robot. Nasce Robothomo, un personaggio mostruoso, dotato di forza meccanica prodigiosa e di un cervello in parte umano. Robothomo, sfuggito al controllo  del suo creatore,  impossessatosi di unarma micidiale, minaccia  di distruggere Londra. Solo servendosi delluomo cui è stata tolta una parte del cervello, lo scienziato riuscirà distruggere  la creatura da lui creata.

Al robot programmato e ubbidiente, incapace di una sua autonomia senza lausilio delluomo, lAutore ha aggiunto lessenza della vita, ha aggiunto homo, permettendo alla macchina di avere un libero arbitrio. Il robot di Asimov e il mostro immaginato da Mary Shelley, si sono unirti per dar vita ad una nuova creatura. Lincubo del dottor Frankenstein si ritrova a tratti nel romanzo di Pitt e ad esso si aggiunge una nota sentimentale, umana che spinge chi legge a non condannare interamente il mostro meccanico umanizzato, quantunque questo si dimostri malvagio e distruttore. La sua fine in una fiammata incandescente e in un urlo mostruoso non ha il sapore della catarsi, bensì della sconfitta delluomo e delle sue aspirazioni a volersi porre al posto di chi dona la vita.

Il romanzo è tutto permeato da una sottile vena umoristica di pura marca albionica, la quale ha la funzione di smorzare la carica di paura angosciosa che caratterizza la vicenda.  Non manca neppure  il deus ex machina che nei romanzi di Pitt spesso assume laspetto di una vecchietta (vedi Storie di domani).

Il romanzo è seguito da un lungo racconto Il ritorno di Red Speed che narra la conclusione di una sfortunata impresa spaziale. Un racconto a tratti allucinante, in cui certe situazioni sono presentate forse un po troppo realisticamente, sebbene smorzate da uno stile brillante e talvolta scanzonato.

PITT GIORDANO, Storie di domani, Milano, Fabbri, 1963.

Una simpatica vecchietta, sempre sorridente e cerimoniosa, riesce ad affrontare le situazioni più paradossali e a trovare il bandolo delle più intricate matasse. Al suo fianco agisce un ispettore di polizia che, invece, non ne azzecca una. Tra le varie vicende vi è anche lincontro con i Marziani, un volo (con relativo ritorno) sul Pianeta Rosso e una soluzione che sa di  fanta-giallo.

Si tratta di un libro appartenente al giallo-fantascienfico-umoristico di impronta tipicamente anglosassone in cui la protagonista (una specie di miss Marple) si sbizzarrisce nelle più strane, intricate e paradossali vicende a fianco di un ispettore che fiuta il delitto ovunque. Avventure sulla Terra, dove la civiltà è quella che è, e avventure su Marte dove, invece, la civiltà è più evoluta, sono il clou su cui si reggono le varie storie.

Scopo del libro non è fare della fantascienza, ma di servirsi di questa, intinta  nellumorismo, per dilettare.

PITT GIORDANO, UFO Costellazione miraggio, Milano, Mursia, 1973. (MINU, n° 3, 1975; SCHE, n° 127, 1974; SPEC.  N° 63, 1973; SEGN, 1976)

PITZORNO BIANCA, Clorofilla dal cielo blu, Milano, Bietti, 1975.

Una divertente storia fantascientifica ambientata in una città industriale dominata dallo smog. Grazie ad un siero proveniente dal Pianeta Vegetale, Clorofilla trasforma la metropoli in una meravigliosa foresta, in un orto botanico in cui le piante, gli animali, gli uomini riscoprono il piacere e lallegria di una vita naturale. Il libro insegna come si potrebbe ricreare lEden sul Pianeta Terra.

Il signore prese luomo e lo collocò nellEden acciocché lo lavorasse me lo custodisse (Genesi, 2, 15),ma luomo lo lavorò male e lo custodì peggio... e continua a farlo.

La riconquista dellEden perduto, di un mondo in cui  uomini e animali possono convivere pacificamente è una fiaba, una stupenda, mirabile, utopistica fiaba. Un sogno, insomma, come un sogno è la conclusione che ci offre la scrittrice. Condotta con garbo e con un tono spigliato e a volte canzonatorio, che ben si addice alle esigenze dei ragazzi, la storia affronta in modo semplice il tema dellecologia e della salvaguardia della natura da parte delluomo. Alla lontana ricorda il romanzo di Gina Anguissola, Lolli,  in cui un essere venuto da un lontano e immaginario pianeta e che si nutre solo di buone azioni, modifica il comportamento di chi lo  incontra. Nel nostro caso si tratta di un essere venuto dal Pianeta Verde, della piccola Clorofilla, una bimba-vegetale-semovente che involontariamente e indirettamente cambia la vita di Milano. Il contrasto tra la Milano grigia e cementifera che conosciamo e quella descritta dallAutrice nelle ultime pagine è davvero choccante e tale da far sognare grandi e piccini. Un ottimo racconto che scorre via veloce, forse inceppato (ma non è questo un appunto negativo) da qualche spiegazione scientifica che avrebbe potuto essere meglio diluita nel racconto.

PRA RAUL, Dagli abissi alle stelle, Milano, Piccoli, 1958. (PARO, n° 6, 1959; LETT, 1968)

PRA RAUL, Incontri nello spazio , Milano, Piccoli, 1981  (LEGG, 1966; SCHE, n° 56, 1962)

RAFFAELLI ALVERIO, I fuggiaschi, Rovereto, Manfredini, 1962.  (LETT, 1968)

REGGIANI RENEE, Strane avventure di una meravigliosa estate, Bologna, Cappelli, 1963. (PARO, n° 12,1964; MINU, n° 1, 1966)

RICCI MARCONE MARIA, Lastronave di Alek, Milano, Mursia, 1970.

RODARI GIANNI, Gip nel televisore, Milano, Mursia 1962. (MINU, n° 1, 1966; SPEC, n° 73, 1975; GIOR, n°10-11, 1976;  LEGG, 1966, LETT, 1978)

RUSSO ANTONINO, Da un pianeta allaltro per sopravvivere, Bologna, Capitol, 1974.

Esodus, lunica città esistente sul pianeta R2, abitata  dalluomo è condannata alla distruzione: un asteroide di grosse dimensioni  si è messo nellorbita con una velocità di  poco superiore a quella del pianeta. Quando lasteroide si troverà in fase di sorpasso, non potendo di pianeta R2 scostarsi dalla sua orbita, sarà costretto a subirne limpatto con esito disastroso. Lo scienziato Zarko e i suoi collaboratori decidono di cercare un altro pianeta dove poter emigrare con tutti gli abitanti di Exodus.

Il romanzo è diviso in due momenti distinti: la scoperta dellimminente catastrofe e la ricerca di un nuovo mondo che offra possibilità di sopravvivenza. Delle due fasi è decisamente più riuscita la seconda in cui viene descritto ladattamento dellindividuo alle condizioni del nuovo pianeta. Le vicende della prima fase hanno il difetto di trattare troppo superficialmente la dimensione spazio-temporale e la parte tecnico-meccanica relative alla costruzione di astronavi. Si avverte quasi lurgenza, il desiderio di passare alla seconda parte della vicenda. Tutto è trattato in modo affrettato e persino i voli nello spazio sono descritti alla stregua di voli aerei normali.

Decisamente migliori e più complete sono le vicende che seguono lo sbarco dei fuggitivi sul nuovo pianeta perché lAutore si sofferma sulla descrizione della flora gigantesca, sulla presenza di mastodontici animali, sulla ricerca di un luogo abitabile e ancor più sulla scoperta di unaltra civiltà. Nel racconto(tranne lo scienziato Zarco) non campeggia alcun altro personaggio e questo rappresenta un lato pedagogicamente positivo perché lAutore dimostra come solo attraverso una collaborazione e una coesione e un lavoro comune si possono superare gli ostacoli che la natura oppone agli sforzi delluomo e al progredire della civiltà.

SPAGNUOLO VANNA, Lospite del mistero, Padova, Il Messaggero, 1975. (SPEC, n° 72, 1975.

STEWART ISABELLA, Addio Terra, ritorno al mio pianeta, Bologna, Capitol, 1973.

Nel 2000, Waldo, un ragazzo orfano, lascia la comunità presso cui vive per visitare la capitale degli Stati Uniti dEuropa, Granmilano, in festa per la Fiera tecnico-industriale. Waldo ha così la possibilità di conoscere e sperimentare tutti i mezzi forniti dalla tecnica e dalla scienza. Ma Waldo, dotato di qualità telepatiche, legge nella mente di alcuni uomini che detengono il potere, il desiderio di dominare e la sete di grandezza.  Condotto ad un centro psichiatrico e sottoposto ad alcune prove come cavia, riesce a fuggire e, dopo un viaggio di un anno, si ricongiunge ad  altri telepati, scoprendo in tal modo di non essere umano, ma di appartenere ad una razza di un altro pianeta, venuta sulla Terra per controllare luomo e la sua evoluzione.

Da quando Paolo Stoppa portò sul piccolo schermo la figura di Gerard Croiset, le percezioni extrasensoriali sono entrate nel bagaglio culturale di molti italiani, e hanno interessato i ragazzi.

Il volume della Stewart (pseudonimo sotto cui si cela Isabella Ponzetta) è un ottimo adattamento del soggetto telepatia calato in un’avventura ambientata in un mondo nato dopo la terza guerra atomica. Waldo, il  protagonista, entra in contatto con tale mondo avveniristico alletà di tredici anni e, dopo lo stupore iniziale, col passare degli anni, con la maturità acquisita e con la scoperta del suo potere telepatico, comincia ad intravedere i limiti e i difetti di una società troppo meccanizzata che porta con sé errori e remore che lambizione delluomo non riesce a superare.  Labbandono del pianeta Terra per ritornare alla patria dorigine –Waldo è un extraterrestre – non è sentito dal giovane come un rifiuto del mondo che lha ospitato, ma come desiderio di acquisire nuove forze e nuove esperienze per un  ritorno; una speranza di venire in aiuto ad una società in cui levoluzione delle coscienze non ha seguito di pari passo quella della tecnica la quale, se non controllata, rischia di prendere il sopravvento, annullando quanto di meglio luomo possiede: la libertà.  Il libro, che presenta una forma scorrevole, rari momenti descrittivi e avventure allettanti, risulta adatto ai ragazzi dai dieci ai quattordici anni.

SVEN ANNA, Lo strano viaggio di tre ragazzi, Milano, Massimo, 1974

Tre ragazzi, che si organizzano una vacanza lontano dalla civiltà e dalle premure dei genitori, ricevono un’affascinante offerta: compiere un viaggio sulla Luna e prendere contatto con gli abitanti. Allinterno della Luna vivono infatti i Seleniti, esseri dalla forma umana, i quali hanno raggiunto una tecnologia avanzatissima, sono in  relazione con  altri pianeti e stanno studiando la possibilità e lopportunità di trasferirsi in massa sulla Terra, dove da tempo hanno infiltrato osservatori. La loro sarà una conquista pacifica, una ricerca di calore umano perduto nel corso dellevoluzione che li ha portati al più alto livello scientifico, ma li ha ridotti a robot senza anima.

Romanzo di fantascienza o avventura fantastica? Propendo per la seconda soluzione anche se si parla di dischi volanti e delluso dellenergia solare in Centri Elio Nucleari. A parte queste diavolerie scientifiche (più altre descritte dal di fuori e non nella loro dinamica) di scientifico non cè altro. Dunque, pura fantasia e,  daltronde, ritengo che lAutrice non abbia voluto  premere sul tasto delleffetto scientifico, quanto, invece, affrontare un aspetto umano e il dramma di una civiltà che, come la nostra, fa poggiare tutto sullelettronica e sulluso delle macchine.

Gli uomini si stanno avviando alla distruzione di se medesimi; e non intendo  la morte corporale, intendo la morte dello spirito, dellintelligenza per cui un giorno essi si troveranno ad aver perduto quella personalità umana che distingue individuo da individuo e ad essere, invece, diventati dei robot. E questo il nucleo essenziale del racconto. I Seleniti sono dei robot che vogliono riconquistare la dimensione umana e impedire al tempo stesso che gli uomini ricalchino la strada che conduce alla perdita della personalità.

I ragazzi protagonisti, in particolar modo Rossella, colgono proprio questo aspetto durante la permanenza sul nostro satellite e, nonostante si meraviglino per quanto ha fatto e  può fare la scienza, rimarrà loro presente solo un appello di quello strano popolo: noi vogliamo tornare ad essere uomini: aiutateci, aiutateci.

TILLIER RINA – GRANGE ITALO, Lastronave dei poeti, Torino, SEI, 1963.

Da un minuscolo pianetino giungono sulla Terra dei batteri stranissimi i quali hanno la proprietà di far completamente dimenticare la matematica agli uomini. I colpiti dallo strano morbo sono una minoranza, ma prima che la malattia si diffonda su tutto il pianeta e privi gli uomini della scienza matematica, viene inviata su Gamma unastronave con a bordo, oltre agli scienziati, anche un pittore, un musicista e un poeta. Saranno loro a coronare con successo la spedizione e a sconfiggere la misteriosa malattia.

La maggior parte della trama ruota attorno ad un cliché chiave che richiede tre punti fondamentali: la conoscenza di un  fatto inspiegabile; l’esame di tale fatto; la soluzione dovuta al caso o alla messa in opera di particolari conoscenze scientifiche.  L’astronave dei poeti non si discosta da tale cliché: una malattia misteriosa toglie agli uomini le facoltà matematiche; analisi e scoperta della causa dovuta a batteri; studio di una soluzione per il ritorno alla normalità. Il racconto si snoda su questa traccia, rispettando tutte le componenti. Nulla di gratuito si riscontra nella vicenda che, ben condotta sino alla conclusione, mantiene sempre nel lettore una carica emotiva.

TILLIER RINA – GRANGE ITALO, Uomini nell’infinito, Torino, SEI, 1960, (PARO,  n° 6, 1961; LETT, 1966)

VALENTI RONCO MARIO LUISA, La cometa sul tetto e altri racconti, Brescia, La Scuola, 1978.

VALLE GUGLIELMO, Il piede sulla Luna, Roma, Ave, 1963. (SCHE, n° 63, 1974; CARI, 1968).

VASSALLO GIOVANNI M., Gli animali di Khorsabad. Storia futura del popolo animale, Milano, Bietti, 1974.

Favola pacifista, avventurosa, fantastica e di grande vivacità comica. Un gruppo di animali, testimoni della distruzione del mondo da parte degli uomini, cercano  di dare vita ad un tipo di  società dove i concetti di giustizia, pace, libertà, convivenza, democrazia siano duraturi e validi per tutti. La storia della federazione di Khorsabad è anche una guida per conoscere e capire le nostre istituzioni politiche e sociali.

IL racconto è un esempio di fantapolitica per ragazzi, basato sulla cooperazione non nell’ambito di una sola specie animale, bensì fra tutte. La visione appare subito utopistica se si considerano i problemi e le difficoltà già esistenti in una sola specie, quella degli uomini.

L’argomento proposto dall’autore è semplice e di fantascientifico c’è solo l’accenno iniziale ad una guerra totale tra gli uomini e alla completa distruzione del genere umano. La ricostruzione di una civiltà puramente  animale che segue la scomparsa dell’uomo serve a far sopravvivere i concetti di giustizia, di pace, di libertà, di convivenza, di democrazia, applicati in un mondo razionale, capace di evitare gli errori del passato.

Se a prima vista il racconto ricorda La fattoria degli animali di Orwell, l’accostamento viene subito dimenticato perché in Orwell esiste una tematica particolare in quanto la società finiva per essere una esatta copia di quella degli uomini quindi negativa di certi valori. Gli animali di Vassallo vogliono evitare tali errori, combatterli, sradicarli, quantunque essi stessi siano costretti a mettere in atto una costrizione “contro natura”: l’obbligo da parte dei carnivori di diventare vegetariani. La conclusione a sorpresa richiama alla mente quella del volume di J. Spitz, La guerre des mouches, in cui una piccola colonia umana, l’ultima rimasta, viene accuratamente relegata e conservata in uno zoo delle mosche vittoriose. Il racconto, reso piacevole da una forma illustrativa fuori del comune, lascia trasparire il suo intento educativo attraverso la personalizzazione dei diversi animali e si propone di dimostrare – seppur a posteriori – come una civiltà che non sappia dominare le conquiste della scienza possa autodistruggersi.

VOLPI DOMENICO, S.O.S.  dallo spazio, Brescia, La Scuola, 1970.

Jackie Nicky, cronista sportivo del “Morning’s Messenger”, riesce ad ottenere l’ingresso alla base dei razzi della Sanders Company”, autorizzata dal Ministero. Soltanto tre giornalisti sono ammessi al misterioso recinto e, mentre i suoi compagni si limitano ad intervistare i dirigenti e a tirar giù dati statistici, Jackie si guarda attorno. Il suo modo di fare gli procura amici e nemici e il giornalista non tarda ad accorgersi che qualcosa si sta tramando a danno di chi verrà inviato nello spazio a bordo dei razzi. Venuto a capo di tutta la macchinazione, cercherà invano di ostacolare la partenza dei razzi, ma riuscirà a trarre in salvo gli uomini mandati allo sbaraglio e a riportarli sulla Terra.

S.O.S. dallo spazio è un tipico esempio di una vicenda che, nel breve volgere di pochi anni (poco più di un decennio), perde la sua fisioniomia fantastica per divenire realtà. Il volume di Volpi fu pubblicato la prima volta nel 1956 e il racconto si imperniava sulla costruzione di razzi da mandare in orbita per la costruzione di un satellite artificiale ruotante intorno alla Terra, base per i futuri voli spaziali sulla Luna e successivamente sui pianeti del sistema solare. Due anticipazioni scientifiche che, nelle linee generali, si sono  avverate: nel 1969 due uomini sono sbarcati sulla Luna e nel 1973 il satellite artificiale “Skylab” ha ospitato per alcuni mesi alcuni uomini, animali e piante.

Il racconto, pieno di suspence, si snoda rapido e veloce con frequenti colpi di scena, interrotti a tratti da inserzioni di carattere puramente scientifico che, forse, sarebbe stato più opportuno inserire tra le righe della vicenda e non come interruzione della stessa. Ciononostante l’attenzione non scade sino alla conclusione vuoi per la rana cattivante, vuoi per lo stile agile e spedito, vuoi, infine, per la logica con cui i fatti si susseguono.

VOLPI DOMENICO, Gli UFO vengono da Cipango, Torino, SEI, 1977.

Sul pianeta Cipango tutto è perfettamente organizzato perché il Grande Cervello elettronico facilita e regola la vita dei suoi abitanti. Tutti felici, se una congiura militare non avesse imposto una dittatura e sogni megalomani nel dittatore, tesi alla conquista della Terra. Tutto è pronto, salvo il Grande Cervello il quale, prima della conquista, vuole conoscere meglio i terrestri. Vengono, pertanto, prelevati alcuni esemplari: un arbitro di calcio, una ragazza, un agente pubblicitario, un uomo politico, un giornalista e due bambini. La loro presenza sul pianeta Cipango darà l’avvio ad una rivolta che spazzerà ogni dittatura.

Visioni fantascientifiche, satira politica ed economica, humour sportivo, anche se il tutto non è scavato in profondità, rendono piacevole la lettura del racconto di Volpi.  Sul pianeta  Cipango i generali operano un colpo di Stato e nominano loro capo il generale Papps, un autentico Mussolini, ammalato di grandeur e di artrite per aver partecipato in pubblico e a torso nudo alla raccolta della radioca. Tale aperto richiamo alla nostra storia passata fa sì che slogan del ventennio, adattati ad un pianeta di fantascienza (La patria si serve anche piantando un tubero di radioca. E’ l’aratro che traccia il solco, ma è la radioca che lo rende fruttifero. Spezzeremo le reni ai Terrestri) si incontrano di sovente e culminano nell’affermazione che Cipango deve avere il suo posto al sole, deve conquistare la Terra.

Tutto, però dipende dal Grande Cervello in quale, se capisce tutto della Terra non comprende in alcun modo i terrestri. E’ a questo punto che il romanzo diventa divertente, pungente, umoristico. Dall’incontro del Grande Cervello con i terrestri scaturiscono le varie tesi dello scrittore quali l’incomprensione del linguaggio che talvolta raggiunge il paradosso, vedi il modo di esprimersi dell’arbitro Lejolì (Lo Bello?) e dell’onorevole Althous Black (Aldo Moro?); la comica complessità di certe situazioni politiche; il condizionamento che contraddistingue l’attuale società...

Un mondo bizzarro per il Grande Cervello che, nonostante la perplessità, darebbe il via all’operazione se non fosse messo in crisi dai due bambini terrestri rapiti i quali, con la loro carica di fantasia, riescono ad evitare la conquista della Terra e a permettere al tempo stesso al movimento rivoluzionario cipanghese di rovesciare la dittatura.

Il trionfo della fantasia è l’ultimo avvertimento di Volpi; di fronte ad essa ogni macchina è costretta ad arrendersi e ad abdicare. Di certo lo slogan degli studenti parigini del 1968 “immagination au pouvoir” non si addice ad alcun Grande Cervello, sia esso meccanico o umano, perché il primo rischierebbe di gripparsi e il secondo di impazzire.

Un divertente e graffiante racconto che non mancherà di interessare  coloro ai quali piace il genere e non solo ad essi.

WILLIAMS  MABEL (pseudonimo di Clementina Galli), Ritorno alla Terra, Ozzano Emilia, (BO) 1970.

Ormai da millenni lumanità, cacciata dalla Terra dopo una guerra atomica, vive sulla Luna dove si rifugiarono i superstiti di una catastrofe che sconvolse il mondo. Dopo sacrifici i Lunari sono riusciti a viaggiare per il cosmo, a toccare i pianeti del sistema solare e ad impiantare anche una base di osservazione sulla Terra. Un giorno la base terrestre cessa di rispondere alle chiamate e viene inviata una astronave di soccorso. Su questa si imbarcano uno scienziato con la moglie e un ragazzo e una ragazza, figli degli osservatori della base terrestre. Sarà per costoro linizio di una nuova vita su un mondo riscoperto che un tempo era appartenuto ai loro avi.

Una situazione insolita sta alla base della vicenda: luomo non conosce la Terra. Cacciato da un millennio e rifugiatosi in cupole artificiali  costruite sulla Luna, luomo conosce il suo pianeta dorigine solo di riflesso, ha con esso solo saltuari e brevi contatti e possiede ricordi  che confinano col mito e con la leggenda. La vicenda, in cui sono sapientemente dosati gli  effetti, prende le mosse da un’inspiegabile scomparsa di alcuni scienziati inviati sulla Terra e si sviluppa attraverso larrivo di un’astronave di soccorso, dalla descrizione dei primi contatti di due  ragazzi e di due adulti con un ambiente nuovo, delle loro impressioni, dellincontro con altri esseri capaci di ragionare e di parlare, ma costretti a vivere sottoterra come le talpe. Per questi cosmonauti alla rovescia è la scoperta e il ritrovamento dellEden perduto, perduto per colpa delluomo, della sua follia, della sua ambizione. La visione finale è di speranza: un ragazzo e una ragazza che rappresentano lavvenire e un uomo e una donna che rappresentano lesperienza, cercheranno di imparare a vivere e a ripopolare quello che fu il loro mondo di origine.

 

 

 

AUTORI STRANIERI 

 

 

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LA  FANTASCIENZA PER I GIOVANI

ARTICOLI  PUBBLICATI

 

Le divagazioni sul genere sono state utilizzate per la pubblicazione dei  seguenti articoli su riviste di pedagogia:

 

Il MINUZZOLO Rivista del Centro Studi di letteratura giovanile del Comune di Genova.

Fantascienza fiaba del mondo moderno, n°  1-2-3, 1975.

Libri di fantascienza. A zonzo per lo spazio n° 1, 1976

 

LG ARGOMENTI Rivista del Centro Studi di letteratura giovanile del Comune di Genova.

Il bambino protagonista nei romanzi di fantascienza, n° 1-2, 1980

Yambo e la scienza fantastica, n° 4, 1981.

Libri di fantascienza per ragazzi, Quaderni, n° 3, 1982.

Ragazzi e fantascienza. Quaderno, n° 3, 1982.

Alla soglia delle meraviglie del Duemila, n° 5, 1986.

Piri-Piri, Benito e Dino, n° 2, 1994.

Libri tra cinema e fantascienza, . Utopia e paure, n° 4, 1995.

La fantascienza dalla cellulosa alla celluloide, n°1, 1997.

Il meraviglioso  Duemila: Verne, Salgari, Della Sala Spada, n° 3, 1999.

Fantasie verniane, n° 1,  2005.

Favola 2000, n° 2, 2005.

 

ANDERSEN Il giornale dei libri per ragazzi, Genova

Addomesticare limpossibile. Un breve viaggio tra la FS per i giovani, n° 78, 1992.

Verne, Wells, Yambo ovvero dellottimismo, del pessimismo e dellumorismo. Robida o della frenesia, n° 93, 1994.

 

FUTURE SHOCK. Rivista di saggistica e narrativa di fantascienza, Bari

Un piccolo equivoco,  n. 26-1998. (racconto)

 Fine senza principio, n. 38, 2002.(racconto)

 Il Giappone e la fantascienza filatelica, febb. 2011.

Fantafilatelia: divagazioni sui viaggi lunari, 2011.

 

IN ALTRE RIVISTE:

Fantascienza: fiaba del mondo moderno,  Cooperazione educativa, n° 3-4, 1982.

Atlantide il Sangri-La dellutopia,Soglialibro, n° 2, 1994.

Salgari lesse Wells?, La Nuova Tribuna Letteraria, n° 41, 1995.

Nel centenario della morte di Verne, La Nuova Tribuna Letteraria, n° 79, 2005.

La fantascienza, in AA.VV. , Leggere per forza o per piacere? Il ruolo della letteratura giovanile. Lisola misteriosa ovvero il mondo sconosciuto nelle letture giovanile, Circoscrizione V, Reggio Emilia, 1992.