MACAO

Mitologia cinese

La mitologia cinese è ricca di figure rappresentative, tutte riconducibili a diverse aree della nazione e alle sue etnie. Come in tutte le civiltà del mondo, anche la mitologia cinese è formata da un misto di folklore, storia, religione e ambiente geografico, un lungo cammino che ha plasmato l'attuale mondo dei miti e delle leggende in Cina.

Si suole dare inizio alla mitologia cinese nel XII secolo a.C. periodo dal quale si è tramandata una ricca tradizione orale durata millenni. La tradizione scritta inizia in seguito ad  esempio col libro di Shan Hai Jing (Libro dei Monti e dei Mari), una delle più note raccolte di mitologia oltre che un resoconto geografico, storico, medico e cultura della Cina prima dell'avvento della dinastia Qin. Ad esso, si aggiungono altre raccolte di carattere mitologico, dalle quali derivano molti dei miti e   delle leggende cinesi: il Libro delle Odi (tra il XII e il VII secolo a.C), il libro intitolato Questioni celesti il Heu'an Zhuan (raccolta di epiche e leggende dell'etnia Han della regione montagnosa di Hubei) e i Libri di carattere filosofico, tra cui quelli di Zhuangzi o Lie zi, due dei più grandi filosofi riconducibili al taoismo.

Un altro libro di sicuro interesse storico e mitologico è il Fengshen Yanyi (La creazione degli Dei e noto anche con il nome di Fengshen Bang), una delle maggiori raccolte letterarie di novelle scritte durante la dinastia Ming (1368-1644) sulla fondazione della dinastia Zhou. Nonostante il carattere prevalentemente storico-narrativo, vengono inclusi tra le raccolte mitologico anche grandi opere come Viaggio in Occidente (di scrittore anonimo) un classico della letteratura cinese di fine XVI secolo (narra le avventure di un monaco buddista e del suo 'scimmiotto' durante un viaggio in India) e La leggenda del Serpente bianco, di antica tradizione orale.

Gran parte della mitologia cinese è costruita in particolare intorno al culto degli antenati. Spiriti e fantasmi che irrimediabilmente fanno parte della vita dei vivi, anche in modo poco simpatico. I temi sono pertanto quelli della vita e della morte, della creazione del mondo, del continuo intrecciarsi dei rapporti tra cosmo (sole, luna, stelle), fenomeni naturali, corpo e mente. Da qui deriva tutta una serie di personaggi fantastici, creature mostruose ed eroi straordinari. La creazione di miti nella letteratura cinese appare tuttavia solo dopo lo sviluppo delle filosofie del confucianesimo, del taoismo e altre.

I miti della creazione si rifanno al principio Yang (materia leggera) che formò il cielo e al principio Yin (materia pesante) che andò a formare la terra. Prima di allora nulla esisteva, solo il caos. Dall'uovo cosmico, ebbero origine yin e yang e da essi tutto seguì: le stelle, il sole e la luna, le stagioni, gli elementi e le creature. Tra queste, troviamo Pan gu, definito come il primo essere umano nato sulla terra, nonché il creatore di tutta la mitologia cinese e colui che separando i principi yin e yang ottenne il perfetto equilibrio per la creazione del mondo. Agli stessi miti della creazione appartiene anche la dea Nugua (metà umano e metà serpente) a cui si deve la creazione di tutti gli altri esseri viventi. Ai miti cosmogonici appartengono personaggi come la tessitrice Zhi Nu Niu Lang (il guardiano della Via Lattea), la dea bambina Na Zha. La filosofia taoista, è incentrata a sua volta su tre divinità di massimo riguardo, I tre puri (la trinità taoista): Yùqīng, Shàngqīng, Tàiqīng, pura testimonianza del Qi, l'energia primordiale.

Tra i miti dinastici, e cioè i miti regnanti fondatori dell'impero, troviamo i San Huang Wu Di (tre Augusti e i cinque imperatori), una serie di leggendari sovrani che governarono la Cina intorno al secondo millennio a.C. Essi furono i tre Augusti Fu Xi (a cui pare si deve pare la creazione degli otto trigrammi del I Ching), Shen Nong (inventore dell'aratro), Huang Di (il noto imperatore giallo considerato il vero fondatore della civiltà Cina) e cinque imperatori Shaohao, Zhuanxu, Ju, Yao e Shun. Tra i miti dinastici troviamo anche l'imperatore di Giada, il puro fondatore del paradiso e legato alla filosofia taoista.

Nella mitologia cinese, infine, trovano posto particolare i miti animali: il drago, la fenice (Fenghuang), la tartaruga e l'unicorno. Il drago cinese è sicuramente il più conosciuto e lo troviamo in molte leggende cinesi; cavalcato da eroi e da dei è legato essenzialmente alla simbologia reale. Considerato come il mito di maggiore potere, è capace di controllare le acque (il dio della pioggia Yinglong è infatti rappresentato da un drago). Diverse sono comunque le divinità rappresentate da un drago, tra le tante: Fucanglong (drago dei tesori),  Tianlong (drago dei cieli), Chi (il diavolo della montagna), Longma (drago cavallo)

 

1992  (659/62)  Divinità mitologiche: T’it Kuai Lei, personaggio con una canna di bambù.   Chong Lei Kun  a torso nudo, con una grossa pancia seduto su un tappeto volante. Cheon Kuo Lou, viaggia a dorso d’asino.  Loi Tong Pan, il personaggio con una  spada,  accovacciato. 

 

 

1993  (681/4)  Divinità mitologiche.  Lam Ch’oi Wu, suona il flauto seduto su una cicogna.  Ho Sin Ku dea su  un fiore di loto.   Hon Seon Chi personaggio seduto in un cesto di fiori.  Ch’ou Kuok K’ao personaggio con mantello, cappa e berretto seduto su assi di legno.

 

 

1994  (719/21)  Miti e leggende.   La longevità: un vecchio che sorride; La prosperità: un uomo ben vestito; La felicità: un uomo sorridente con due figli.

 

  

1995  (762/5)  Miti e leggende.  Rappresentazione di una dea: In meditazione. Con un bimbo. Davanti ad un fiore di loto.  Seduta sul dorso di un drago.

 

 

 1996  (811/3)  Leggende e miti.  Tou Fei: Dio della  Terra;  Choi  San:  Dio della fortuna;  Chou Kuan: Dio della cucina.

  

 

1997  (865/8) Miti e leggende. Le divinità della porta: War Lot.  San Su.  Chong Keng. Wat Chi Kong.

 

 

 

1998  (899/902) 

Miti e leggende:  Divinità di Man Chou: Con un bimbo; Presso il fuoco; Con ‘angeli’; In atto protettivo.

 

2004  (1201/4) Miti e leggende. Rappresentazioni varie del generale Guan Yu, divinizzato.

Guan Yu, nome completo Guan Yunchang (162–219), è stato un generale e guerriero cinese, vissuto nella Cina antica. Le sue imprese (e quelle di molti altri personaggi) sono raccontate nel Romanzo dei Tre Regni, opera epica che racconta la storia cinese dalla rivolta dei Turbanti Gialli (190) fino alla fine del periodo dei Tre Regni nel 280.

Uomo dal leggendario coraggio e formidabile sia nel combattere corpo a corpo (impugnando "Lama crescente del Drago Verde”, Qing Long Yan Yue Dao, il suo guan dao da 43,2 Kg, con cui sconfisse in duello una trentina di ufficiali nemici) sia nel guidare eserciti, fu una delle figure chiave del regno di Shu, nato verso il 220. Dopo mille battaglie, venne infine catturato in una trappola tesa da Lu Meng, uno dei comandanti del regno di Wú e, rifiutando la resa, venne giustiziato. Si dice che prima di morire disse "Se non posso uccidere Lu Meng da vivo, lo farò da morto!" La leggenda racconta che così accadde: il suo fantasma inseguì Lu Meng, portandolo alla morte. Nella mitologia cinese è considerato dio della guerra e delle arti marziali mistiche, anche se tuttavia si tratta di una divinità amante della pace e poco propensa a spargere sangue dei deboli.

 

 

 

2008

Leggende: Il pomo di Paride. Il nodo di Gordio. Il cavallo di Troia. L’enigma della Sfinge. Cupido e Psiche.

Il pomo di Paride. Il pomo della discordia o mela della discordia è, secondo il mito, l'oggetto lanciato da Eris, dea della discordia, sul tavolo dove si stava svolgendo il banchetto in onore del matrimonio di Peleo e Teti. La dea, per vendicarsi del mancato invito alla festa, incise sul pomo la frase "Alla più bella", causando così una lite furibonda fra Era, regina degli dei, Afrodite, dea della bellezza e Atena, figlia di Zeus.

Zeus si astenne dal pronunciare il giudizio su chi fosse la più bella. Fu chiesto allora il parere di Paride, principe di Troia, al quale, pur di ingraziarsene il giudizio, le tre dee promisero svariate ricompense: Atena gli promise che non avrebbe mai perso una guerra ed Era gli avrebbe invece conferito poteri immensi. Paride scelse però come vincitrice Afrodite, che gli aveva promesso l'amore di Elena, la donna più bella della terra. Sarà questa la causa scatenante della guerra di Troia, evento a cui saranno dedicati i poemi epici del ciclo troiano, l'Iliade e l'Odissea.

Il nodo di Gordio. Alessandro, dopo aver ridotto in suo potere Gordio, città in Frigia, entrò nel tempio di Giove dove era custodito il carro, su cui re Gordio, padre di re Mida, era giunto in quella regione. Al carro era legato un giogo con molti nodi,  che nascondevano i capi dell'intreccio. Riguardo al giogo di Gordio, l'oracolo così aveva vaticinato: "L'uomo che avrà sciolto l'intricatissimo legame, regnerà in tutta l'Asia". Il vaticinio insinuò nell'animo di Alessandro un vivo desiderio di sciogliere i nodi e di adempiere il responso dell'oracolo prima della fine del giorno. Attorno al re vi erano sia la folla dei Frigi, in sospeso per l' attesa, sia la folla dei Macedoni, inquieta per l'incerta fiducia nel re, perché la serie di nodi era troppo serrata e i legami sotto la massa di nodi non potevano essere toccati con mano né visti con lo sguardo. Alessandro, dopo essersi sforzato con i nodi a lungo e invano, disse infine: "L'oracolo ha vaticinato riguardo allo scioglimento dei nodi, non riguardo al modo dello scioglimento!" E tagliò tutti i nodi con un colpo di spada. Così Alessandro o eluse o compì la profezia dell'oracolo.

Il cavallo di Troia. Dopo dieci anni di inutile assedio i greci, seguendo un piano ideato da Ulisse, finsero di rinunciare alla conquista della città e di tornare alle proprie sedi, lasciando sulla spiaggia un enorme cavallo di legno, per placare gli dei e propiziare il viaggio di ritorno in patria. All'interno del cavallo erano però nascosti i più valorosi guerrieri greci, guidati da Ulisse. I troiani, felici per lo scampato pericolo, trascinarono il cavallo all'interno delle mura, nonostante Laocoonte e la profetessa Cassandra, assieme ad alcuni presagi, avessero sconsigliato di farlo. Di notte, mentre i troiani dormivano, i greci uscirono dal cavallo ed aprirono le porte della città ai propri compagni. Questi, dopo essersi nascosti con le loro navi dietro un'isoletta vicina di nome Tenedo, erano di nuovo sbarcati sulla spiaggia di Troia. Penetrati nella città, i greci colsero di sorpresa i troiani, che furono facilmente sopraffatti. Troia fu data alle fiamme.

L’enigma della Sfinge. E’ il primo enigma della storia di cui si ha documentazione. Veniva posto dalla Sfinge all'ingresso della città di Tebe a qualsiasi persona passasse da quella strada. Se non dava la risposta giusta, la divorava. La forma più conosciuta con la quale l’enigma è giunto a noi è più o meno questa: "Qual è l'animale che al mattino ha quattro zampe, a mezzogiorno ne ha solo due e alla sera tre?" Il re di Tebe, Creonte, disse al popolo che avrebbe concesso la mano di sua sorella Giocasta, e la corona di Tebe a chiunque avesse liberato la città dal mostro. Edipo che si trovò a passare per quella strada, al quesito della sfinge rispose l'Uomo, poiché al mattino(da piccolo) cammina a gattoni, a mezzogiorno(da grande) cammina sulle due gambe, e alla sera (da vecchio) cammina con il bastone. La sfinge infuriata si gettò dalla montagna e si uccise, il popolo festoso di Tebe portò Edipo come un trionfatore per le vie della città.

 

2012 (1595/600 + BF 223)  Il Bovaro e la tessitrice.

 Il bovaro e la dea tessitrice   è un’antica storia d’amore cinese risalente a 2000 anni fa. Un mandriano di bufali si innamorò perdutamente di una bellissima dea tessitrice dopo averla vista nel suo campo. I due giovani si sposarono ed ebbero due bambini. Ma la moglie dovette ritornare in cielo per rioccupare il suo posto nella sede degli dei. Il marito e i figli andarono alla sua ricerca ma non poterono ritrovarla perché li separava un fiume celeste che  teneva la donna lontano dalla terra. I due fecero presente la loro situazione all’imperatore del cielo, chiedendo di potersi rivedere. Furono esauditi: si riabbracciarono ogni anno nel settimo giorno del settimo mese.

 

 

Anno 2013 (1635/8 BF 231),  Saint Vincent & Grenadine  Anno 2013 (?). Il Bambino magico e il Re Dragone. Nel Taoismo, Nezha, chiamato anche Lianhua San Taizi, Terzo Principe del Fiore di Loto, è figlio e assistente di Li Jing, generale divinizzato della dinastia Shang (1600-1046 a.C.). Ne-Zha ( Na-ja ), è una divinità taoista di protezione , originaria della mitologia buddista cinese. Nezha è nato durante la dinastia Shang in una fortezza militare a Chentang Pass. Suo padre era un comandante militare di nome Li Jing.  La madre di Nezha , signora Yin , diede alla luce una palla di carne dopo essere stata incinta di lui per tre anni e sei mesi . Li Jing, il marito, pensò che la moglie aveva dato alla luce un demone e lo trafisse la palla di carne con la spada . La palla si spaccò e Nezha saltò fuori come un ragazzo invece di un bambino. Nezha poteva parlare e camminare subito dopo la nascita.

La leggenda di Nezha è evocata nel Romanzo dell’Investitura degli Dei (Fengshen Yanyi), opera letteraria di epoca Ming (1368-1644). Dopo oltre tre anni di gravidanza, egli nasce sotto forma di una palla di carne dalla quale esce completamente armato. Nezha, sempre impulsivo ed invincibile, scopre la sua forza erculea a spese del Re Dragone e di suo figlio Ao Bing, finchè, per placare gli spiriti, il Re degli Inferi lo accompagna nel suo regno sotterraneo. Quando finalmente il maestro di Nezha accetterà di farlo reincarnare, sarà il padre a opporsi e solo l’intervento dell’Imperatore di Giada potrà ristabilire la pace. Il verdetto è chiaro: la forza che si riceve deve essere utilizzata, a prescindere dalle proprie passioni, per costruire e non per distruggere; l’autorità si deve esercitare in maniera moderata e la necessità della cultura deve prevalere sul piacere della battaglia.   

MACEDONIA

1977  Fiaba: Due. Due personaggi con testa e zampe di cicogna.  Donna e contadino

 

 

MADERA

1997  (BF 1323)  Leggenda di Roberto Machim, colonizzatore di Madera e della sua amata Anna di Arfet. Sposati nonostante la differenza di casta, per le ostilità delle famiglie decisero di fuggire dalla Francia verso un’isola sconosciuta dove vissero. La baia in cui approdarono porta oggi il nome di  Machico.

 

2010 (314 + BF 48) La vergine che andò alla guerra. Si racconta  che la figlia di Re Giovanni chiese al padre di permetterle di andare in guerra.

 

MALDIVES 

1993 (1745/53 + fogg. 294/5),  COMORES   1975  (P.A.149)

Pierino e il lupo è una  composizione di Sergei Prokofiev,  scritta nel 1936  dopo il suo ritorno nell'unione sovietica. È una storia per l'infanzia, costituita da musica e testo di Prokofiev, narrata da un attore  e accompagnata da una orchestra.

Nel 1936 il Teatro Centrale dei Bambini di Mosca commissionò a Sergei Prokofiev la stesura di una nuova opera musicale per bambini, che avvicinasse alla musica anche i più piccoli. Prokofiev, incuriosito dal particolare incarico, accettò e in soli quattro giorni completò il lavoro. Il debutto, il 2 maggio 1936, fu però infausto: scarso pubblico e poca attenzione. Il compositore russo non poteva prevedere l'enorme successo che avrebbe riscontrato in seguito la sua opera, diventata un classico apprezzatissimo da adulti e bambini. In tempi recenti artisti italiani (tra cui Angelo Branduardi, Lucio Dalla e Roberto Benigni) si sono cimentati nella veste di narratori dell'opera.

Pierino e il Lupo è un'opera scritta per flauto, oboe, clarinetto in La, fagotto, tre corni, tromba, trombone, timpani, percussione e archi. Ogni personaggio della storia è rappresentato da uno di questi strumenti, che intervengono nella vicenda con un motivo caratteristico: Uccellino: flauto, Anatra: oboe, Gatto: clarinetto, Nonno: fagotto,  Lupo: i tre corni,  Cacciatori: flauto, oboe, clarinetto, fagotto, Sparo del fucile: timpani, Pierino: archi.

 

MALESIA

 

Anno 2007  (1202/5 +BF 110)  Un animale in mezzo ai coccoodrilli. Vacca, coccodrillo e tronco d’albero.  Donne e ambina tagliano la legna. Uomo che porta sulla testa un grosso masso.

     

 

2014  Racconti popolari malesi. Storie  e leggende popolari Malay.

La serie comprende sei leggende:  Hang Tuah, Mahsuri, Tun Teja, Merong Mahawangsa, Tun Tun Fatimah e Kudu.
Hang Tuah Hang Jebat è stato il compagno più vicino al leggendario eroe Hang Tuah Malaccan.

Era  un guerriero vissuto in Malacca durante il regno del sultano Mansur Shah nel 15 ° secolo ed è 'stato presumibilmente il più potente di tutti i Laksamana, o ammiragli, ed è considerato dai malesi per essere uno dei più grandi maestri della storia Jurulatih. Hang Tuah è tenuto in massima considerazione, anche nella cultura malese di oggi, ed è probabilmente la più nota ed illustre figura di guerriero nella storia e nella letteratura malese.

Mahsuri era la figlia di una coppia che si trasferì dalla loro nativa Phuket nell’isola di Langkawi in cerca di una vita migliore. Era la più bella di tutta la Langkawi e sposò il guerriero Wan Darus. Mentre il marito combatteva nella guerra contro i siamesi, abbhandonata a se stessa, strinse amicizia  con un giovane viaggiatore di nome Deraman. La moglie del capo villaggio, gelosa della bellezza di Mahsuri,  diffuse la voce che era infedele al marito tanto che fu apertamente accusata di adulterio. Mahsuri dichiarò la sua innocenza, ma nessuno le credette. Fu condannata ad essere legata  ad un albero e accoltellata fino alla morte, ma il il coltello non penetrava nel suo corpo. L’operazione fallì nonostante successivi tenhtativi. Qualcuno disse che si doveva  usare il  kris della sua famiglia. Quando il kriss fu estratto, dalla ferita uscirono dei  globuli bianchi che significavano la sua innocenza. Alcuni uccelli volarono sopra di lei per coprire il suo corpo. Con il suo ultimo respiro, Mahsuri maledì Langkawi profetizzando la sfortuna per sette generazioni. Il regno fu presto conquistato dal Siam. A Padang Mat Sirat gli abitanti del villaggio bruciarono i loro campi di riso, piuttosto che lasciarli cadere in mani del siamesi.

Tun Bengala Teja Ratna Era l'unica figlia di Bendahara Seri Amar Pahang durante il regno del sultano Abdul Ghaffur Shah, il terzo sultano di Pahang.  Tun Teja  era bellissima e molti ricchi  commercianti tentarono invano di richiederla in sposa. Invano,  in quanto era già promessa sposa  del sultano di Pahan. Diverse leggende fiorirono attorno alla sua figura.

Merong Mahawangsa Era un guerriero leggendario che divenne il primo re di Langkasuka. Notizie di lui sono presenti negli Annali Kedah. Vi è scritto che era discendente di Alessandro Magno o di Dhul-Qarnayn. In altre leggende si dice che era un principe indù di nome  Maran Mahavamsam. "Maha" significa "grande" in sanscrito, mentre "vamsam" significa "discendenzsa o stirpe".

Secondo gli Annali Kedah, Merong era un combattente nato ed è stato un sovrano indù di un regno sconosciuto. Viaggiò a lungo da regno a regno,  e giunse sino a Roma. Dopo aver lasciato  Roma. iniziò a commerciare con la Cina. Un giorno,  dopo aver superato il Mare Arabico, fu improvvisamente attaccato da una fenice leggendaria, un gigante chiamato Garuda, che gli distrusse la maggior parte della flotta. Riuscì a salvarsi sulla terra più vicina,  la Valle del Bujang , dove si stabilì e fondò il regno di Langkasuka di cui divenne re.

 Decise in seguito di ritornare a Roma, lasciando  le redini del  governo ai suoi parenti. Poi di lui non si  seppe più nulla. Il suo destino rimane  sconosciuto; alcuni dicono che sia morto sulla strada per Roma. A   Langkasuka, rimasero i suoi discendenti, fino a quando, Phra Ong Mahawangsa si  convertì all’islamismo e cambiò il  Regno di Langkasuka nel Sultanato di Kedah. Inoltre cambiò il suo nome in Mudzafar Sultan Shah.
Tun Fatimah , una eroina malese,  vissuta nel corso del 16 ° secolo, era  sposata al sultano Mahmud Shah. Quando il Sultano in carica  pose  gli occhi su di lei e le chiese di  diventare la sua  ultima moglie, Tun Fatimah rifiutò di divorziare dal marito Ma quando i cortigiani le fecero presente che il rifiuto avrebbe cagionato  la sua rovina finale  e quella di tutti i suoi parenti maschi della sua famiglia, compreso il presente marito, dovette accettare.

Divenne la  terza moglie e del Sultano e  gli diede due principi e due principesse. Il più giovane dei due principi, Ali Raja Raden sarebbe in pochi anni diventato il secondo sovrano della Sultanato di Johor Riayat come Sultan Alauddin Shah  e governò per 36 anni.

Tun Fatimah è 'stata la prima donna a guidare  il  suo popolo come una regina sovrana carismatica. Si dice che i portoghesi avevano più timore  della regina regnante che del sultano  suo marito. Era conosciuta per aver aiutato Tun Perak, a Malaccan Bendahara, a guidare i malesi nella loro lotta contro le forze di invasione portoghesi nei primi anni del 16 ° secolo. Purtroppo, i malesi successivamente persero la guerra a causa  dell'esercito portoghese tecnologicamente più potente. Quando Malacca cadde in mano del Portogallo nel 1511, Tun Fatimah creò un'alleanza con i regni confinanti  puntando su coalizzazioni basate su matrimoni di giovani  della sua famiglia con fanciulle delle famiglie reali di Aceh, Minangkabau e Borneo.

Nessuno seppe quanto tempo abbia vissuto e neppure come, quando e dove morì. Tuttavia, alcuni storici malesi hanno suggerito che la sua lapide si trova a Kampar, Riau sull'isola indonesiana di Sumatra.

 

 

MALTA

1968  (385) 

Mitologia: Cerere.   Cerere (in lingua latina Ceres, in osco Kerri) è la divinità romana e italica del grano, identificata in seguito con la dea greca Demetra. Il suo nome deriva dalla radice indoeuropea *ker e significa "colei che ha in sé il principio della crescita". Si pensava che avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi e per questo veniva solitamente rappresentata come una matrona severa e maestosa, tuttavia bella e affabile, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di grano e di frutta nell'altra.

 

1997  (991/2)  Europa.  Storie e leggende. Le avventure di Gahan.  San Dimitri.

Gahan è l'anti-eroe predominante nella narrazione popolare maltese: è lo sciocco saggio, il  rappresentante della  sapienza maltese e dell’umorismo. E' il più popolare tra i personaggi della narrativa maltese. Il suo nome vuole dire stupido e spesso
passa per lo stupido del villaggio. Ma gli aneddoti lo presentano come un uomo arguto che aiuta a far conoscere la verità e la realtà alle persone con cui parla o agisce. E’ la voce del perdente che vuole esprimere le sue opinioni e fare le sue dichiarazioni. Questo personaggio è anche popolare nel Maghreb.

 

San Dimitri.   Racconta una leggenda che una donna di nome Zgugina viveva col figlio in una vecchia casa nel villaggio di Gharb a Gozo. La casa sorgeva vicino alla cappella di San Dimitri e Zgugina vi si recava  ogni giorno per pregare San Dimitri affinché proteggesse sempre suo figlio. Era, infatti, quello il periodo in cui i pirati spesso attaccavano le isole maltesi.  Un giorno, una nave piena di pirati sbarcò nei pressi di Gharb, saccheggiò il villaggio e catturò  il figlio di Sguaina per venderlo come schiavo sui mercati orientali.  Zgugina andò subito  in cappella per pregare  davanti al dipinto di San Dimitri e fece voto che se avesse salvato suo figlio gli avrebbe  acceso ogni giorno una lampada votiva.  La storia dice che a questo punto Zgugina vide il dipinto in movimento, e ne venne fuori San Dimitri sul suo bianco cavallo alato. Il Santo galoppò verso il mare a caccia della nave dei pirati.  Zgugina continuò a pregare finché San Dimitri non tornò con suo figlio tra le braccia. E, dopo averglielo consegnato, se ne tornò nel quadro. Da quel giorno Zgugina continuò ad accendere la lampada votiva ogni giorno della sua vita. Molti anni passarono finché un terremoto sconvolse la terra e la cappella cadde in mare dove rimase intatta sui  fondali marini.  La leggenda dice che i pescatori ancora oggi vedono la luce della candela di Zgugina splendere nel buio dell’abisso.

 

MAN

1997  (754/7)  e (758/9)  Moddey Dhoo. Finn Mac Cooll. The Buggane of St Trinians. Fynoderee.  Tramman Tree.  Il ponte fatato

Moddey Dhoo. E’ il nome dato ad un cane nero,  un essere che si trova  principalmente nel folclore delle isole britanniche. Il cane nero è essenzialmente un' apparizione  notturna, spesso associata alla figura del diavolo. Il suo aspetto è stato considerato come un presagio di morte. In generale si suppone che sia più grande di un normale cane, e spesso ha grandi occhi ardenti. E' sovente associato con i temporali  e anche con i crocevia e i  luoghi dove sono avvenuti delitti. Le origini del cane nero sono difficili da discernere.  E 'impossibile stabilire se la creatura sia nata nelle popolazioni celtiche e germaniche oppure nella cultura britannica. Nel mitologia europea, i cani neri sono stati associati con la morte e considerati come presenze malevole e alcuni sono detti essere direttamente dannosi.

 

Finn Mac Cooil. Era un mitico cacciatore-guerriero della mitologia irlandese, che si trova anche  nelle mitologie di Scozia e dell'Isola di Man. Le storie di Fionn e dei suoi seguaci. i Fianna, formano il ciclo Fenian (o Fiannaidheacht), e, si dice, furono raccolte dal  figlio di Fionn, il poeta Oisín. Fionn è in realtà un soprannome che significa "biondo","fiero","bianco", o"brillante".Il suo nome d'infanzia era Deimne   che significa "sicurezza" o "certezza", e diverse leggende raccontano come abbia guadagnato il soprannome quando i suoi capelli diventarono prematuramente bianchi. Il nome "Fionn" è legato al gallese nome "Gwyn", come nella figura mitologica Gwyn ap Nudd , e al celtico continentale "vindos", un epiteto del dio Belenus.

Nel 19° secolo una organizzazione rivoluzionaria irlandese conosciuta come la Fratellanza Fenian prese il nome da queste leggende. Il nome scozzese Fingal  proviene da una rivisitazione di queste leggende in forma epica dal 18 ° secolo, fatta dal  poeta James Macpherson.

Nel folklore  irlandese e  in quello dell’isola di Manx  Fionn mac Cumhail (noto come "Finn McCool" o "Finn MacCooill") è raffigurato come un magico gigante benevolo.  La storia più famosa narra di come un giorno, mentre si succhiava il pollice magico (che gli permetteva di vedere qualsiasi cosa si muovesse), Finn vide che il gigante Cuhullin (o, nella versione Manx, un buggane ) stava venendo a combattere contro di lui.  Finn chiese aiuto a sua moglie Oona.  Si tramutò in un bambino, e si nasconde in una culla. Oona da parte sua preparò dei plum-cakes, e in alcuni di essi nascose del ferro. Quando Cuhullin arrivò, Oona gli disse Finn era assente  ma che sarebbe rientrato presto. Durante l’attesa Cuhullin cercò  di intimidire Oona con il suo immenso potere, rompendo alcune rocce con il dito medio. Oona gli offrì i cakes e quando Cuhullin ne morse uno in cui era nascosto un pezzo di ferro. Alcuni denti del malcapitato si  frantumarono.  Oona lo derise per essere così debole, dicendo che il suo bambino  nella culla li addentvaa e li mangiava con facilità. E per prova ne offrì uno (scelto fra quelli che aveva impasto senza ferro) al bambino che lo masticò con evidente piacere. A questo punto Cuhullin pensò “Se un bimbo ha la forza di masticare i cakes col ferro, chissà quale sarà la forza del padre”. E  accompagnato da questo pensiero, trovata una scusa,  si allontanò per non tornare più.

 

The Buggane of St. Trinhians. Nella mitologia di Man, un Buggane era un enorme orco. Si diceva che avesse i capelli neri,  gli artigli, le zanne e una enorme bocca rosso-sangue.Nel folklore mannese un Buggane ha sempre avuto una casa particolare, come un vecchio rudere, una foresta o un antro in una cascata, dove può riposare indisturbato. I Bugganes, creature magiche, erano noti per essere in grado di attraversare l'acqua o stare in piedi su un terreno sacro. Venivano occasionalmente chiamati dalle fate per punire la gente che li avesse offesi.

La storia più famosa che coinvolge un Buggane si riferisce ad uno di tali esseri che più volte strappò via il tetto della chiesa di St. Trinian sul Isola di Man.  Un'altra storia racconta dello scampato pericolo di una donna dopo che un Buggane venne inviato dalle fate per punirla di aver cucinato dopo il tramonto.

Si racconta pure che i  Buggane erano spiriti dell'acqua, che risiedevano sotto le cascate e i ruscelli dell' Isola di Man.  Erano dei mutanti, il più delle volte visti sotto forma di un cavallo o una mucca, ma che potevano anche assumere l'aspetto di esseri umani. Tuttavia, un Buggane sotto mentite spoglie umane, poteva essere facilmente individuato, in quanto spesso aveva denti lunghi, unghie adunche e capelli neri. Nel folklore gallese, il termine "Bwgan" è usato per descrivere un fantasma o poltergeist. Si dice che alcuni possono ancora oggi camminare sulla terra, nascosti sotto forma umana.

 

Tramman Tree è una fiaba dell’isola di Man in cui si narra dell’esistenza di un piccolo popolo formato da folletti ed elfi vestiti di verde e con un cappello rosso. Di notte danzano nei prati e in particolar modo sotto l’albero Tramman. Danzano tenendo tazze di vino tra le mani e cantano. Gli uomini che hanno la fortuna di sentirli nel mese di maggio saranno felici per tutto l’anno; mentre per i pescatori sarà di buon auspicio per la pesca.

Il ponte fatato.  Il ‘Piccolo popolo’ dell’Isola di Man è formato da fate, gnomi, folletti, a volte allegri e birichini, a volte dispettosi. Abitano dappertutto, anche sotto il Ponte fatato ed  è sempre consigliabile  dar loro il buongiorno passando sotto l’arcata, se no son guai.  Su “Cronaca Filatelica” si legge: “Ne sa qualcosa il comandante della base aerea  sistemata sull’isola durante l’ultimo conflitto mondiale. Avendo condannato come sciocca superstizione questa pratica, l’aveva proibita, ma aveva poi dovuto revocare l’ordine notando come gli aerei della base cominciassero regolarmente a sparire”.

Fenodyree Può essere una creatura utile, paragonabile a quella scozzese del brownie  capace di eseguire compiti difficili, come ad esempio il trasporto di grandi blocchi di pietra bianca (marmo?) troppo pesanti da sollevare per gli uomini o tagliare  l'erba del prato con velocità straordinaria. Per il suo talento nella capacità quest'ultima, si è guadagnata il soprannome di yn foldyr gastey o "il rasaerba agile",  ed è cantato in una ballata Manx  che ha  tale titolo.

Il Fenodyree ha il corpo ricoperto da un folto pelame, in particolare intorno alle gambe, ed è simile ad un satiro e come  lui piccolo di statura. Non indossa abiti. Era parsomonioso e gli bastava poco cibo per vivere. Allevava animali, era dedito principalmente alla pastorizia ma non disdegnava i lavori campestri per cui la  mietitura e la  trebbiatura possono essere aggiunte alla lista dei lavori nei quali si esibiva.

C'è un aneddoto riguardante un prato circolare nella parrocchia di Marown. Una volta un peloso Fenodyree era addetto a tagliere con la falce l'erba di un prato. Un giorno il suo padrone,  agricoltore,  criticò il suo  lavoro dicendo che non tagliava  l'erba abbastanza vicino a terreno.  Il peloso, infuriato riprese a tagliare non solo l’erba raso terra ma tagliò anche le radici. E su quel prato l’erba non nacque più

Un altro racconto tratta di un ricco signore che, affascinato dal sibilo dei venti, voleva  costruire una grande casa in  cima ad una alta  montagna, il  Tholt-e-Will o Will Barn.  La cava di pietre per costruire la casa si trovava  nel fondo valle e gli enormi blocchi di marmo bianco necessari per la costruzione, si trovano sul fondo valle,  ma erano troppo pesanti per essere trrasportati in cima. Con grande sorpresa di tutti furono trasportati in una sola notte da un Fenodyree. Per ricompensa il ricco signore regalò al peloso folletto un cappello un cappotto e un paio di pantaloni. Nel vedere il dono il Fenodyree, per nulla soddisfatto,  disse: “Se indosso quel cappello povera la mia testa! Se indosso quel pesante cappotto, povera la mia schiena! Se indosso quelle brache povero il mio culetto! “ E riportò i massi a valle, concludendo il lavoro dicendo”Il vento lo può sentir fischiare anche in fondo alla valle!”

 

 

 

MARSHALL  Isole

1995  (604/7),  1996  (704/7),  1997 (828/31).   

Il cervo volante di Inedel.  Narra la storia di un bambino che rimase molto colpito dalla morte della madre. Poco dopo il padre si risposò e la vita del ragazzo da quel momento andò di male in peggio. Il padre e la matrigna lo maltrattavano e come cibo gli davano il peggior pesce pescato. Un giorno, durante la pesca, l’attenzione del ragazzo fu attirata da un uccello la cui voce gli ricordò quella della madre. Per tre giorni di seguito l’uccello apparve a Inedel implorandolo di seguirlo. Il terzo giorno anche il padre del ragazzo vide e udì l’uccello. Intuendo solo allora che la morte della madre aveva colpito profondamente il figlio e che questi era disperato, cercò di consolarlo. Il giorno appresso Inedel incontrò la madre sotto forma di uccello e volò via con lei su un magico cervo volante.

Jebro e la madre inventano la vela.  Molti anni fa fu organizzata tra dieci fratelli, orfani, una gara di canoe per decidere chi sarebbe diventato il futuro capo del villaggio. Poiché la vela non era ancora stata inventata, i ragazzi si avvalsero dei loro remi per dar forza e velocità alle loro imbarcazioni. Durante la gara la madre dei contendenti scese dalla sua dimora celeste per chieder ai suoi figli di farla salire sulla barca. Tumur, il più anziano, in  quel momento al comando della gara, respinse la richiesta della madre con la motivazione che il suo peso  avrebbe compromesso la velocità della sua barca. E come lui rifiutarono anche gli altri fratelli, tranne Jebro, il più giovane, il quale l’accolse sulla sua barca con piacere. Presto fu ricompensato perché con sua grande sorpresa la madre gli consegnò un involto contenente una vela. Insegnò velocemente a Jebro come usarla e il giovane vinse la gara.

La leggenda di Ljubake.  La leggenda serve a spiegare le isole che esistono tra gli atolli a nord della catena Ratak nelle Isola Marshall. La figlia di Lijebake, sposata ad un capo tribù, morì lasciando una figlia di nome Limaninpit. Il marito si risposò e la nuova moglie cominciò ad essere dura e crudele nei confronti della figliastra, trattandola come una serva. Quando la ragazza, involontariamente, lasciò che il materasso della matrigna si inzuppasse per la pioggia, venne cacciata via di casa. Non appena la madre defunta scoprì il triste destino della figlia si trasformò in una tartaruga gigante e al tempo stesso trasformò il marito in uccello per guidare  Limaninpit verso l’isola di Jemo, una zona che, ancora oggi, è sede di allevamento di tartarughe giganti e di ‘uccelli’ messaggeri’.

Limajnon vola verso la Luna  Questa deliziosa storia riguarda Limajnon, una giovane femmina di topo che si era innamorata della luna. Volendo sposare l’oggetto del suo affetto, ella chiese a suo padre di portare la luna sulla terra. La luna rifiutò dicendo che le nuvole erano capaci di nasconderla tanto essa non era meritevole. Limajnon allora chiese che una nuvola diventasse sua fidanzata. Anche la nuvola rifiutò dicendo che essa era così poco importante che anche un frangivento poteva impedire il suo movimento. Quando ella cercò allora il frangivento, esso disse che i topi avevano il potere di  romperlo, tanto egli era   non meritevole. Limajnon finalmente sposò un topo ma solo dopo capì che la luna era davvero il suo vero amore. Magicamente il suo grande dolore la trasformò in un essere umano e volò sulla luna. Così è la faccia di Limajnon che compare sulla luna.

Letao il mago.  Letao era un leggendario imbroglione delle isole Marshall e riguardo le sue attività sono sorte molte storie. Si dice che una volta salpò con suo fratello verso l’atollo Likiep nel nord est delle isole Marshall. Una volta sulla spiaggia Letao conobbe due ragazzi che tentavano di catturare del pesce. Grazie all’aiuto di Letao i ragazzi presto catturarono abbastanza pesce per un buon pasto. Letao capì che né i due ragazzi né gli abitanti di Likiep avevano alcuna conoscenza del fuoco o della cucina. Così egli diede loro il dono del fuoco e spiegò loro come usarlo nella preparazione del cibo. Uno dei ragazzi era così spaventato di perdere questo tesoro che portò via le braci da nascondere nella sua casa. Che prontamente bruciarono sul pavimento. Letao restaurò la casa e spiegò agli abitanti di Likiep che il fuoco sarebbe sempre stato loro se condiviso e usato propriamente.

Letao l’imbroglione.  Come narra la leggenda, i nativi delle isole Marshall ti diranno che le scogliere attorno alle isole si devono a Letao l’imbroglione. Molto tempo fa Letao decise che voleva una canoa da pesca. Sfortunatamente egli comprò la sua nuova canoa di ironwood, un legno pesante che non galleggia. Letao andò a trovare Koko,il migliore costruttore di barche sulle isole di Majuro, e gli espose le meravigliose proprietà della sua nuova canoa. Koko fu persuaso di scambiare la sua velocissima canoa da pesca con quella di Letao. Koko capì che era stato preso in giro e mandò tutte le barche dall’isola per dare la caccia a Letao. Usando i suoi magici poteri, Letao  sollevò una grande pila di rocce che formò una lunga barriera per tenere fuori i suoi inseguitori. Oggi queste formazioni possono ancora essere viste con la bassa marea.

Come nacque l’isolotto di Eneaitok

Quando gli abitanti delle isole Marshall parlano di Mennin Jobwodda richiamano una storia riguardante un antico esperimento sul volo. Come narra la leggenda, fu costruito un grosso uccello dal legno, coperto di piume e portato in vita da antichi magici poteri. Il creatore dell’uccello era un uomo che intendeva usarlo per volare sopra tutte le isole Marshall in cerca della sua sposa perduta. Finalmente la trovò al mare nella canoa da pesca  del suo rapitore e dei di lui complici, che rimasero impietriti dal terrore alla vista dell’uccello che si avvicinava. Liberata la sposa, mentre la coppia volava sopra Rongelap sulla via di casa, un gigante scagliò una roccia che colpì l’uccello di legno  che cadde sulle scogliere sottostanti. Si dice che sia diventata l’isoletta di Eneaitok e che oggi i viaggiatori spesso rivedono in essa la forma di un uccello. 

I tentacoli della piovra.  La leggenda delle isole Marshall narra che c’era una volta un enorme polipo, Kouj, che abitava nell’Oceano Pacifico di fianco all’atollo Ujae, che era parte di Ralik, catena delle isole Marshall. Un giorno Kouj notò una bella ragazza che pescava conchiglie e le si avvicinò abbastanza da sentirla esclamare: “Loppeipaat!, O che bassa marea che c’è”. Il polipo avvicinò la sua testa a filo d’acqua  e rispose: “E’ così, ma sono qui!”. Senza alcun timore, la ragazza rispose: “Sì, e io vorrei sapere che tipo di pietre e di  foglie useremo per cucinarti?”. Kouj andò su tutte le furie ma decise di strisciare a riva quella sera e mangiare la giovane ragazza. Allora la ragazza accompagnata dalla madre aspettarono nascoste e come videro il gigantesco polipo divincolarsi sulla spiaggia, gli tagliarono tentacoli. Dopo cucinarono un abbondante pasto e da quel giorno l’atollo di Ujae è famoso per i suoi deliziosi polipi.

Il grande  stagno di Mejit Molti anni fa gli unici abitanti dell’isola di Mejit erano un vecchio e sua moglie. Una notte il vecchio nel chiarore della luna piena, notò un’ombra che si rifletteva sull’acqua di un laghetto e, in seguito constatò che l’ombra si ripresentava  ogni sera. Ne parlò con la moglie e le disse che la notte seguente sarebbe rimasto sveglio per vedere quello che sarebbe accaduto. Con suo grande stupore scoprì che un mostro stava nottetempo cercando di ampliare sempre più il laghetto. La notte appresso, vedendo il mostro al lavoro, lanciò delle pietre nell’acqua per attirare la sua attenzione e fuggì verso casa. Quello, indispettito si adirò e inseguì il vecchio. L’uomo entrò in casa e si nascose dietro la porta. Quando il mostro si precipitò nella stanza dove si trovava la moglie, lo colpì e l’uccise. Oggi il laghetto di Mejit è ancora lì ed è la meta preferita per coloro che amano fare il bagno in acque tranquille.

La bella fanciulla delle Kwajalein.  Molto tempo fa prima che le isole dell’Atollo Kwajalein, l’atollo più grande del mondo, fossero sparse qua e là ed isolate l’una dall’altra, erano così vicine che le persone potevano spostarsi agevolmente dall’una all’altra. In quel tempo una donna bellissima apparve a Kwajalein e quando gli uomini la videro, desiderarono ognuno di possederla. Poiché le isole erano così vicine e le persone potevano muoversi facilmente, nessun indigeno potè dichiarare di possedere interamente quella donna. La gelosia e il loro desiderio li mise l’uno contro l’altro per cui decisero di spostare le loro isole in posti assai lontani l’uno dall’altro. Quando in seguito la donna riapparve non avrebbero dovuto competere per il suo possesso. Ecco perché oggi le isole sono sparse per l’Oceano, l’una molto lontana e invisibile dall’altra.

Il demone di Adria  Una vecchia, chiamata Likidudu, viveva sulla piccola isola di Ebadon con i suoi bambini. Aveva loro proibito di giocare vicino a dei cespugli dove spesso si nascondeva un demone, ma la curiosità fece varcare ai bimbi il confine proibito. Quando il demone comparve, i bambini cominciarono a beffeggiarlo, tanto che si adirò e ordinò alla vecchia di ricondurli in casa. La storia si ripetè più volte. Un giorno il demone, esasperato, li ingoiò in un unico boccone. Quando Likidudu apprese quanto era accaduto, schiacciò il demone con una conchiglia gigante di una vongola, uccidendolo e recuperando così i bambini che uscirono illesi dalla sua pancia. Likidudu tagliò il demone in pezzettini e gettò i resti nel mare. Questo è il motivo per cui oggi gli abitanti delle Marshall evitano le acque di Adria (la conchiglia di vongole).

Gli squali e la roccia di LuwakalleLuwakalle era un forte e grosso lottatore che viveva nell’atollo di Arno. Un giorno decise di lasciare la sua gente e di recarsi nell’isola deserta di Ljoen. Col passar degli anni Luwakalle venne quasi dimenticato. Ma accaddero nelle isole fatti strani.La gente cominciò a lamentarsi di uno straniero che rubava i loro beni e presto scoprirono che si trattava di Luwakalle. Il lottatore nuotava sino ad Arno, rubava nei villaggi di giorno e di notte, uccidendo chiunque tentasse di fermarlo. I capi villaggio si riunirono in assemblea e decisero di attirare Luwakalle in un tranello. Inviarono molte canoe nelle zone più pescose di Arno, tagliarono a pezzi tutti i pesci e li gettarono nell’acqua, attirando così numerosi squali. Quando Lowakalle nuotò tra gli squali, trovò la morte. Gli abitanti delle isole se ne rallegrarono e chiamarono lo specchio d’acqua dove il lottatore era morto, “La baia di Lowakalle”.

 

Anno 2015 (nov.) Leggende .  (Per il testo vedi anni precedenti)

 

MEXICO

1980   (897) Mitologia. Il dio Xipe.   Dio della primavera e della terra, giunto alla cultura azteca dalla civiltà pre-azteca dei toltechi, noto col nome «nostro signore lo scorticato», tanto che veniva rappresentato coi colori bianco e rosso e, durante la sua festa, veniva scuoiato vivo un prigioniero e la sua pelle, indossata da un sacerdote, simboleggiava il fatto che, al ritorno della primavera, la terra si ricopre di un nuovo manto.  In origine era una divinità lunare, come dimostra la mezzaluna d'oro che porta al collo e il fatto che lo scorticamento è simbolo della luna calante.

 

1980 (910)  Mitologia. Il dio Quetzacoatl.  Quetzalcóatl, dio dell’aria (che in lingua náhual significa «serpente piumato»), è una delle figure centrali fra gli dèi messicani. Nato fra i Toltechi, entrò ben presto nel culto azteco. Era concepito tra l’altro come organizzatore del cosmo e potenza benefica, antagonista del dio guerriero Tezcatlipoca, con il quale partecipava della stessa natura del dio supremo. Veniva anche identificato con il pianeta Venere e considerato protettore dei mercanti.

 

 

MICRONESIA

I modelli base della religione sono stati probabilmente simili per la maggior parte della Micronesia. I Micronesiani erano politeisti , credevano  in diverse divinità maggiori e in un gran numero di spiriti collegati a località specifiche o che svolgevano  funzioni specifiche, e una serie di antenati defunti e vicini di casa, che a volte potevano entrare in contatto con i loro discendenti.  Le pratiche associate a ciascuna di queste tre grandi categorie di esseri soprannaturali tendevano ad essere distinte e ad essere manovrate dagli specialisti diversi, anche se un essere specifico potrebbe gradualmente passare da una categoria all'altra.

I Micronesiani dividevani l’universo in tre livelli disposti verticalmente: mondo celeste, la terra e il mondo sotterraneo. Miti e leggende micronesiani raccontano l'origine delle isole o gruppi di isole attribuendola alla discesa sulla terra di esseri soprannaturali o alla leggendaria conquista da  parte di qualche  gruppo etnico. L'idea di una creazione soprannaturale di tutta la specie umana e del mondo intero è stata poco sottolineata nella mitologia della Micronesia.

Le cerimonie principali per gli dèi maggiori consistevano nelle offerte dei primi frutti, eseguite in privato da un sacerdote specializzato, con un paio di aiutanti. I sacerdoti erano parenti molto probabilmente dei capi tribù e probabilmente facevano cerimonie particolari alle divinità maggiori in tempi di crisi della comunità, come  guerre o cicloni. Il sacrificio umano sembra non essere stato praticato.

Alcuni spiriti, chiamati Lesser, venivano invocati dai maghi per scopi specifici, in particolare per la diagnosi e la guarigione di malattie, ma anche per scopi quali il successo nella pesca, il controllo del tempo, il successo in amore, l’abilità in gare di atletica, battaglia, costruzione di  canoe e altre attività. Spiriti ancestrali erano contattati spesso nei sogni e nelle trance dei medium, come lo erano gli dei alti e altri spiriti non umani.  Il loro interevento consisteva nel dare alle persone informazioni sulle cause delle malattie, morti, e altre disgrazie; talvolta prescrivevano farmaci nuovi o nuove varietà di magia. A volte, i medium potevano  anche ordinare ai presenti alla cerimonia di eseguire canti e balli per il divertimento degli spiriti, per vincere la loro buona volontà e garantire la prosperità della comunità.

 

1997 (452)  Le divinità marine del Pacifico.   Walutahanga.  Tien Hon.  Lorop.  Oto Home. Nomoi.  Le sorelle Jungkowa.

 

 

MOLDAVIA

1997 Racconti: Martisorului Cocostarcului.  Mesterul Manpole. 

Martisorului. Il mito è collegato a Traiano e Dokia  e rappresenta, anche se piuttosto paradossalmente, la nascita della nazione e la fusione di due popoli: i Romani e i Daci. Traiano l'imperatore romano, il conquistatore dei territori Daci, si è presumibilmente innamorato di Dokia, la figlia del re dei Daci di. Dopo la guerra tra Romani ne Daci, perduta da questi ultimi, il re si suicidò per non voler essere condotto a Roma in catene.  Tale fatto allontanò Dokia da Traiano perché non poteva amare chi gli aveva ucciso il Padre.   L'imperatore inseguì la giovane attraverso la foresta del Monte Ceahlau (attualmente sul territorio della Romania), dove finalmente la raggiunse. Dokia pregò la Santa Vergine di salvarla  e quando Traiano cercò di abbracciarla, la ragazza fu trasformata in una statua di pietra. L'elemento cristiano della leggenda è perfettamente giustificato perché la dottrina di Cristo era stata diffusa fra i Traci dall’apostolo Andrea.
Esiste pure un'altra versione del mito di Dokia. Nei primi giorni di primavera, una donna radunò  le sue pecore per portarle a pascolare. Siccome il sole brillava, si alleggerì dei suoi vestiti. Ma non appena il sole spariva se li doveva rimettere tutti addosso per non rimanere rigida come un sasso.

Una morale si ricava dal racconto  Nei primi giorni di marzo, quando la neve e il freddo sono mescolati con il sole e il calore,  non si sa mai cosa pensare del tempo né cosa indossare. Quel periodo è chiamasto: ”i giorni di Dokia”.

Una variante a questa seconda leggenda racconta che  una vecchia di nome Dochia era una cattiva suocera. Il  primo giorno di marzo mandò sua nuora in montagna, alla ricerca di fragole. Per la strada, la ragazza incontrò un vecchio che gliene diede un cestino.  Nel vedere i frutti, la vecchia Dochia credette che fosse arrivata la primavera. Indossò le sue nove pellicce (dodici in Moldavia e Bucovina), prese le sue pecore e andò sulla montagna. Il tempo tiepido le fece togliere le pellicce, una ad una. Ma il freddo e la pioggia arrivarono e la vecchia, insieme alle sue pecore, fu trasformata in ghiaccio, che divenne poi roccia. La leggenda dice che si è così formata la roccia chiamata Babele (la Vecchia) nelle montagne Bucegi. In altre versioni, la vecchia Dochia scalò la montagna con suo figlio, Dragobete. La tradizione dice che la vecchia Dochia, che scuote le sue pellicce piene di pioggia o neve, è responsabile del tempo pazzerello dell'inizio di marzo. Solo poche tradizioni presentano Dochia come una bella ragazza, figlia di un imperatore sconfitto, che conduce le sue pecore e si nasconde nelle montagne, travestita da vecchia che porta nove o dodici pellicce. Come la vecchia ha una fine tragica, e muore assiderata.

Una tradizione moldava ricorda che non si dovrebbe lavorare nei campi in questo giorno, perché la Vecchia Dochia si arrabbia e manda il maltempo. Il primo marzo, le ragazze si lavano con l'acqua ottenuta dalla neve sciolta, per avere un viso pulito e luminoso.

Mesterul Manole

La leggenda è simile a quella jugoslava delle Mura di Rozafa. Là si trattava di tre fratelli che dovevano  costruire le mura di una fortezza;  qui si tratta di  dieci muratori che devono costruire un monastero. Solo che per qualche sortilegio le mura crollavano sempre. Il sacerdote Bogumil disse ai muratori che per riuscire nel lavoro e rendere le mura solide e stabili avrebbero dovuto sacrificare la prima persona cara, moglie, sorella o figlia, che fosse venuta  a vedere la località scelta per la costruzione o  a portar loro del cibo, murandola viva entro le mura stesse. Voda,  il capo- mastro, che sovraintedeva alla costruzione, ordinò di attuare  quanto il sacerdote aveva profetizzato, pena la morte di tutti se la chiesa non fosse stata costruita.  I dieci decisero così di sacrificare la prima moglie o altra persona della famiglia che fosse venuta a portar loro da mangiare. Tutti giurarono di non svelare il patto alle rispettive mogli. Ma solo uno di loro, Manole, tenne fede al giuramento; e quando sua moglie Mira venne fu così sacrificata.

Quando il muratore, a costruzione completata, seppe che gli altri non avevano mantenuto il patto ormai il sacrificio era già avvenuto. Voda il sovrintendente fu molto soddisfatto del lavoro finito, e, dietro richiesta di Manole, gli permise di suonare per primo le campane della chiesa. Manole le suonò con tale violenza e rabbia che a causa delle vibrazioni le mura andarono in frantumi e Manole morì in mezzo ad esse. Il tema delle due leggende è analogo, ma quella jugoslava risulta più suggestiva per la soluzione trovata dalla donna: quella di morire lentamente, potendo, però, abbracciare, allattare e cullare il bimbo che da poco tempo aveva dato alla luce. (vedi le Mura di Rozafa, Jugoslavia)

   

2000 (300/2)  Fiabe:  Iliana Kosynzyana.   Fat Frumos.  Un cavaliere su cavallo volante.

Iliana Kosynzyana Personaggio  della mitologia moldava. E’una  principessa, che fu rapita da un serpente. E' l’incarnazione della bellezza e rappresenta la primavera. La sua lunga treccia è decorata con fiori, il suo vestito è cosparso di raggi  di sole. Il suo sguardo dà gioia alle persone.

Fat Frumos è un eroe-cavaliere del folclore moldavo presente in alcune fiabe.  Akin to Prince Charming , he possesses such essential attributes as courage, purity, justness, physical and spiritual strength, cleverness, passion, and unshakable love. Simile al Principe Azzurro, possiede attributi essenziali come il coraggio, la purezza, la giustizia, la forza fisica e spirituale, l'intelligenza, la passione e l'amore incrollabile. In alcuni racconti,  è descritto così precoce da essere in grado di piangere prima di nascere.

Di solito è ritentuto  come  il figlio più giovane di un re. Nei racconti popolari moldavi deve spesso passare attraverso prove e ostacoli che superano il potere dell’uomo comune. Combatte contro mostri demoniaci e personaggi malevoli, viaggia sia in questa terra, sia in altri mondi assieme al suo cavallo che è anche il suo consigliere.

Fat-Frumos è anche una figura comune nella cultura e la letteratura romena. Appare in racconti e poesie di scrittori famosi, come Mihai Eminescu , Tudor Arghezi, Nichita Stanescu.

 

 

 

MONACO

1944 (265/73),  1960/61 (P.A. 73, 75, 77, 78), 1987 (1594/5), 1991 (1797/8), 1997 (2110),  2003 (2424/7),  2004 (2432/36).     Santa Devota  

Santa Devota è la  patrona del Principato di Monaco. La sua leggenda iniziò in Corsica verso il 300, quando l’isola era ancora provincia romana. Durante la persecuzione dei cristiani, Devota, che aveva vissuto la sua vita al servizio di Dio, fu imprigionata, torturata e uccisa. Il suo corpo venne posto da pie mani su una nave diretta in Africa dove si sperava che avesse una sepoltura cristiana. Durante la navigazione scoppiò una tempesta e la nave stava per naufragare, quando dalla bocca di Devota uscì una colomba che guidò la nave fino alle coste di Monaco. La comunità cristiana monegasca la seppellì e costruì un piccolo oratorio sulla sua tomba, visitato in seguito da residenti e naviganti.  Accadde che un individuo rubò le reliquie con l’intenzione di portarle oltremare e di venderle. Fu fermato da un gruppo di pescatori, ricondotto a riva dove la sua barca fu bruciata.    Il culto di S. Devota è resistito ai secoli. Ancora oggi a Monaco, in occasione della sua festa, il 27 gennaio,  dalla Chiesa che porta il suo nome si snoda una processione  verso la spiaggia dove, simbolicamente, viene bruciata una barca cosparsa di rami di pino, di alloro e di olivo.

 

MONGOLIA

 

1971  (581/8)  

Fiabe popolari. Soggetti diversi

 

 

 

1983  (1216/24 + BF 89) 

Il puledro e la lepre.

 

 

1984  (1318/26+BF 103)

I quattro amici animali

 

 

 1999  (2279/84 +BF 259)  Fiabe: Un uomo getta gocce di latte con un mestolo per cacciare gli spiriti cattivi.   Alcuni personaggi giocano agli scacchi.  Un uomo con un leone che trasporta un  fascio di legna sul dorso.  Personaggio su un cavallo alato.  Un cacciatore e un uccello colpito da una freccia. Un cavallo e un uccello.

  

 

 

MONTSERRAT

 

1995        (891/906)  e 1999  (idem sovrastampate) Creature mitico-fantastiche. Folletto, Pegaso, Grifone,  Liocorno, sirena,  Cockatrice,  Fata, Fauno, Gigante, Elfo, Centauro Fenice, Erinni.

                

 

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